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Ikea nell’e-commerce: insieme e non contro Amazon

Per sopravvivere il gigante svedese della grande distribuzione è costretto a cambiare passo e a raccogliere la sfida dell’ecommerce, ma non più contro gli avversari di Amazon e Alibaba ma con loro – Ecco che cosa ne pensa l’Economist

Prossima fermata: ecommerce

I giganti della grande distribuzione stanno affrontando una sfida che riguarda la loro stessa sopravvivenza. Questa sfida si chiama ecommerce. Forti del loro successo e della loro dimensione, questi giganti hanno troppo a lungo trascurato o sottovalutato l’ecommerce. Adesso sta bussando alla loro porta in modo piuttosto minaccioso.

Ma non si tratta solo dell’ecommerce. Si tratta soprattutto del cambio di gusti e di comportamenti dei consumatori; un cambiamento collegato anche a fenomeni demografici e sociologici. Lo ha spiegato molto bene un veterano della grande distribuzione come Leonard Riggio, il fondatore e boss della catena di librerie Barnes e Noble. La sua impresa ha già assaggiato l’amaro sapore del menu servito dalle giovani e aggressive gazzelle dell’ecommerce come Amazon e Alibaba che hanno intercettato e anche provocato il cambiamento delle preferenze dei consumatori.

Difficile competere o difendersi da quest’ultime, che sono piattaforme tecnologiche di nuovo tipo il cui fondamento sta nel software, nei big data e nell’automazione della catena logistica, oltre che nella potenza finanziaria che nessun’altra società di questo settore può mettere in campo, anche perché molte sono cadute in disgrazia presso gli investitori.

Il dilemma della vecchia economia

Il dilemma di fronte alle imprese tradizionali è semplice: ci si deve alleare con queste nuove piattaforme o si deve combatterle sul loro stesso terreno, cioè il software, i big data e l’innovazione visionaria a scapito dei profitti? Finora era questa seconda opzione a tenere il banco, ma adesso c’è una forte riconsiderazione di questa strategia. Si comincia a elaborare una differente idea non solo per la povertà dei risultati ottenuti con la loro andata online, ma soprattutto per la dimensione assunta da gruppi come Amazon e Alibaba.

Questa dimensione inizia ad essere pazzesca e neppure i legislatori e i governi, seppur sempre meno benigni verso i gruppi di Internet, hanno la più pallida idea di come regolare questi nuovi business senza tirarsi addosso le ire dei consumatori che sono gli stessi che si recano alle urne a scadenze fisse. Amazon occupa sempre i primi posti delle classifiche di gradimento dei consumatori e siccome le politiche antitrust negli ultimi decenni tengono sempre più conto della condizione dei consumatori, piuttosto che di quelle dell’industria di riferimento, succede che difficilmente ci saranno a breve delle politiche pubbliche di contenimento efficaci dell’espansione di questi gruppi.

Ora accade che uno delle più ammirate e fenomenali espressioni della grande distribuzione, l’IKEA, abbia deciso di affidarsi ai grandi gruppi dell’e-commerce per vendere il suo incredibile assortimento di prodotti, piuttosto che cercare di affrontare la sfida dell’ecommerce e del cambio di comportamento dei consumatori con le sue sole forze. Un bel ribaltamento di strategia, ma necessario.

Ma lasciamo raccontare questa storia all’Economist che ha dedicato un servizio a questo scelta coraggiosa del management dell’IKEA. Speriamo che questa esperienza possa fare scuola così da trasformare la rotta di collisione tra nuova e vecchia economia in un percorso sinergico che gioverebbe all’economia e al benessere collettivo. Buona lettura, ma non allarmatevi: si potrà sempre recarsi all’IKEA una domenica pomeriggio come una volta si andava al cinema.

Il luna park IKEA

È una domenica pomeriggio a Londra. Sull’autostrada M25, le auto si incolonnano all’uscita per qualcosa di rituale: la visita all’IKEA. Golosi della polpette svedesi e del salmone affumicato, i visitatori sciamano nei corridoi del mastodontico e labirintico megastore, i ragazzi giocano a nascondino e le coppie discutono animatamente sui vantaggi e gli svantaggi dei modelli di armadio esposti nelle sale. Qualche ora dopo si approssimano all’uscita spingendo dei carrelli colmi di mobili imballati, molti di più di quanti intendessero acquistarne. Adesso li attende il piacere di montarli.

Questa esperienza è cambiata assai poco da quanto alla fine degli anni cinquanta, l’IKEA, tutt’oggi una società non quotata in borsa, ha aperto il primo negozio nel sud della Svezia scoprendo che la gente era disposta a percorrere svariati chilometri per entrare in possesso di mobili componibili a basso prezzo. IKEA è così diventata il più grande rivenditore di mobili del mondo con circa 400 negozi sparsi ovunque (21 in Italia) e ricavi per circa 42 miliardi di dollari .

Un modello che scricchiola

Adesso c’è però la sensazione che i consumatori intendono fare shopping in modi nuovi. È questa la convinzione di Torbjörn Lööf, CEO di Inter IKEA, proprietario del brand, che ha descritto questo trend come il più grande cambiamento nella relazione con la clientela da quando IKEA è stata creata. Per questa ragione la multinazionale svedese sperimenterà l’ecommerce del proprio catalogo di mobili e complementi d’arredo attraverso piattaforme di terze parti. Lo sta già facendo sul proprio sito, ma c’è la convinzione che ciò non sia più sufficiente per affrontare la sfida dell’ecommerce.

Non si sa ancora con chi IKEA sceglierà di collaborare. Se sarà Amazon o Alibaba, i due più grossi nomi nel business dell’e-commerce. Il management di IKEA ha realizzato che il fai-da-te nel trasporto e montaggio dei mobili e dei componenti d’arredo non rende sempre felici i clienti dei propri acquisti. Ecco che già a settembre 2017 il gruppo IKEA, che gestisce la maggior parte dei punti vendita, ha annunciato l’acquisizione di Task Rabbit, un’applicazione che, tra le altre cose, mette in collegamento gli appassionati di bricolage e i clienti per i lavoretti di montaggio più complicati. Considerando anche alcuni cambiamenti introdotti nel corso di questi ultimi anni — come l’apertura punti di ritiro delle merci nel centro delle città, la consegna a domicilio e una nuova applicazione per smartphone che utilizza la realtà aumentata per mostrare ai clienti le possibili soluzioni d’arredo — è chiaro che IKEA sta cercando delle alternative ai suoi grandi centri di vendita collocati in aree suburbane, raggiungibili solo con i mezzi.

Rincorrendo una nuova strategia

Queste misure appaiono però tardive. Un’indagine in 29 paesi condotta da PwC, una società di consulenza strategica, mostra che il 30% degli intervistati preferisce comprare mobili e componenti d’arredo in Internet piuttosto che nei negozi. In effetti l’afflusso dei clienti nei singoli punti di vendita IKEA è stagnante a partire dal 2015, però il numero delle visite al suo sito sono aumentate di oltre il 25%. Sta di fatto che nel 2016 la quantità di vendite online valeva appena al 4% dei ricavi complessivi del gruppo. Senza dubbio IKEA ha preso nota che un suo concorrente americano, Ashley Furniture, sta vendendo con successo i suoi prodotti su Amazon e che anche Alibaba offre un buon assortimento di mobili e componenti d’arredo.

La nuova strategia di IKEA comporta i rischi tipici delle imprese tradizionali che vanno online. I consumatori non stanno tutti migrando verso l’ecommerce, nota Marc-André Kamel di Bain & Company (una società di consulenza), ma stanno acquistando in modo ibrido: lo fanno nei negozi e anche sulle piattaforme di ecommerce. A Lööf, perciò, restano poche soluzioni diverse da quella di offrire ai consumatori la doppia opzione di recarsi nei punti vendita IKEA o di acquistare online.

Rischi e vantaggi nel cedere il proprio catalogo ad Amazon

Questa soluzione, però, farà crescere i costi. IKEA sta ancora progettando un’espansione dei propri negozi sia nei mercati maturi come il Regno Unito, sia nei mercati emergenti come l’India (nel 2008), il Sud America e il sud est asiatico (nel prossimo futuro).

Il suo piano di sperimentare la vendita online attraverso terze parti, come Amazon, è sorprendente, rileva Kamel, perché comporta cedere una parte del controllo sul proprio brand. Stare su Amazon o Alibaba significa anche sottoporsi alla concorrenza di altri produttori di mobili e complementi d’arredo sul piano del prezzo, della qualità e del servizio.

Il gigante svedese sta scommettendo sul fatto che la sua offerta online tramite Amazon e Alibaba può raggiungere una clientela che non si reca nei suoi punti di vendita. Ma se succede che la vendita online andrà a sostituire quella effettuata nei megastore IKEA, la scommessa andrà perduta, perché IKEA dovrà cedere una parte del proprio margine a terze parti, anche se tale cessione di profitto può essere sostenibile dal momento che il margine di IKEA ha raggiunto il 40% nel periodo 2012–2016.

Un altro rischio viene dalla domanda di un nuovo tipo di consumatori. Il pubblico di IKEA è abituato a spendere il proprio tempo nel montaggio dei mobili a patto di pagarli poco, ma la domanda degli acquirenti dell’ecommerce vuole prezzo basso e consegna rapida. Soddisfare questo pubblico sarà un problema. Le recensioni del nuovo negozio online IKEA di Londra lamentano tempi lunghi di consegna e lentezza del servizio. Costruire un robusto nuovo modello di vendita potrebbe rivelarsi più difficoltoso di quanto IKEA pensi, come lo è, per molti, montare un armadio con il kit contenuto nell’imballo scaricato nel proprio soggiorno. Alla fine potrebbero restare le polpette svedesi con la marmellata di mirtilli, la senape dolciastra e la purea di patate la maggiore attrazione del luna park IKEA.

 

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