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I Btp Italia proteggono gli investimenti dall’inflazione, ma attenzione: la copertura non è mai completa

Secondo l’Osservatorio sui Conti Pubblici (Cpi), l’investimento in Btp Italia garantisce rendimenti positivi al contrario di quello in Btp non indicizzati, ma l’inflazione erode comunque le cedole

I Btp Italia proteggono gli investimenti dall’inflazione, ma attenzione: la copertura non è mai completa

L’investimento in Btp Italia, oltre a essere sicuro come qualsiasi investimento in titoli di Stato del nostro Paese, permette anche di proteggere i risparmi dall’inflazione. Lo rileva un nuovo studio dell’Osservatorio Conti Pubblici italiani a cura di Salvatore Liaci, secondo cui, essendo titoli indicizzati all’inflazione (in quanto prevedono la rivalutazione all’inflazione delle cedole e del capitale ogni sei mesi), i Btp Italia limitano l’erosione del valore reale dell’investimento causata dall’aumento dei prezzi.

Btp Italia: rendimento positivo in caso di inflazione stabile

L’analisi fa poi un esempio partendo da uno scenario ipotetico. Se l’inflazione rimanesse stabile ai livelli attuali fino al prossimo mese di maggio, il Btp Italia in scadenza nel 2025 (emesso nel 2020) garantirebbe “nei primi due anni – si legge ancora nello studio – un rendimento annuo in termini reali dell’1,05 per cento”.

Per i Btp non indicizzati, invece, il rendimento è negativo

Il risultato è nettamente migliore di quello ottenuto con un Btp di pari scadenza ma non indicizzato all’inflazione, che nello stesso periodo e a parità di condizioni “realizzerebbe un rendimento reale fortemente negativo (-2,40 per cento, come media di -0,16 per cento nel primo anno e del -4,61 per cento nel secondo anno)”.

Ma la protezione dall’inflazione non è mai completa

Tutto questo, però, non significa che gli investimenti in Btp Italia garantiscano una protezione completa dall’aumento dei prezzi: “L’indicizzazione all’inflazione è ritardata – prosegue lo studio – sicché la copertura dall’inflazione è imperfetta”.

Un altro esempio. Se un titolo paga la cedola il 10 aprile, a questa data l’Istat non ha ancora pubblicato l’indice Foi del mese (ossia l’indice nazionale dei prezzi al consumo per famiglie di operai ed impiegati, con l’esclusione dei tabacchi, lo strumento usato per la rivalutazione dei Btp Italia), né l’indice ufficiale dell’inflazione di marzo (che viene diffuso nella seconda metà di aprile).

Di conseguenza, “per calcolare l’indice al 10 aprile, si considera l’indice dei prezzi, approssimato, al 10 febbraio – conclude l’Osservatorio – Questo significa che l’indicizzazione avviene con un ritardo di due mesi. In presenza di un’inflazione crescente, questo riduce il rendimento reale rispetto a un’indicizzazione senza ritardi. Infatti, in assenza di ritardi, il rendimento reale medio nei primi due anni del BTP Italia sopra considerato sarebbe stato dell’1,40 per cento – ossia il rendimento che si avrebbe in assenza di inflazione – contro l’1,05 per cento del BTP Italia realmente in circolazione”.

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