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Gucci: gli analisti bocciano l’uscita di Michele che potrebbe innescare un periodo di incertezza per Kering

Gli analisti nutrono dubbi per la ripresa del brand di Kering, già ora in sofferenza. Un successore del fantasioso stilista Michele non sembra all’orizzonte. Qualche brand da acquistare potrebbe aiutare, ma la situazione non pare facile

Gucci: gli analisti bocciano l’uscita di Michele che potrebbe innescare un periodo di incertezza per Kering

Potrebbe significare molto più che un’uscita di uno stilista da un brand. L’addio questa settimana di Alessandro Michele da Gucci, dove è stato direttore creativo dal 2015, solleva alcune riflessioni anche di tipo economico e finanziario sul proprietario Kering, che si ritrova per altro già a dover far fronte a un rallentamento della crescita dei ricavi.

Il presidente e amministratore delegato di Kering, François-Henri Pinault, deve ora non solo trovare rapidamente un successore di Michele, ma anche premere sull’acceleratore delle M&A, secondo gli esperti del settore.

L’uscita dello stravagante stilista, che recentemente ha lanciato i mocassini foderati di pelo, senza che sia stato indicato un suo successore, cade in un momento molto delicato per Kering: da una parte si trova a a dover rinvigorire il brand, dall’altra a far fronte allo shopping di Natale. E ciò sta destando qualche timore tra gli analisti.

La perdita di Michele in questo momento “solleva alcuni punti interrogativi a nostro avviso sull’esecuzione e l’evoluzione del marchio nei prossimi mesi, lasciando ulteriore incertezza sui tempi della ripresa del marchio”, dice Chiara Battistini, analista di JP Morgan in una nota.

In occasione dell’addio di Milchele, Pinault si è limitato a parlare della sua attività: “La strada che Gucci e Alessandro hanno percorso insieme negli ultimi anni è unica e rimarrà un momento eccezionale nella storia di questa Maison”, ha detto. Ma non ha fatto cenno alla sua successione.
D’altro canto il cinquantenne stilista, uno dei preferiti di Harry Styles e Lady Gaga, annunciando la sua partenza non ha fatto sapere dove ora andrà, limitandosi a far riferimento a “diverse prospettive che ognuno di noi può avere”. Gli analisti hanno affermato che l’uscita di Michele ha creato un vuoto che l’etichetta deve riempire velocemente.

Con Michele i ricavi di Gucci sono triplicati in 5 anni

Michele è stato un uomo-chiave nella fenomenale crescita delle vendite grazie al suo stile colorato e gender-fluid. I ricavi di Gucci sono quasi triplicati a 9,6 miliardi di euro tra il 2014 e il 2019. Tuttavia ultimamente, forse per la politica di voler attrarre i giovani acquirenti cinesi secondo gli esperti del settore, le vendite hanno faticato a riprendersi dopo la pandemia, come invece hanno fatto gli altri marchi di lusso. Nel 2021 Kering, che possiede anche marchi tra cui Bottega Veneta e Yves Saint Laurent, ha ricavato poco più della metà delle sue vendite e circa tre quarti del suo utile operativo da Gucci. E infatti il titolo Kering alla borsa di Parigi ne ha risentito.

Le azioni di Kering, del valore di oltre 66 miliardi di euro, sono rimaste indietro rispetto ai rivali negli ultimi anni. Quest’anno hanno perso un quarto del loro valore. Oggi quota 546,80 euro in calo dello 0,16%.

Cosa potrebbe significare l’uscita dello stilista

La partenza di Michele è “molto più che l’uscita di uno dei designer più iconici dell’ultimo decennio” dicono gli analisti di Jefferies, che hanno indicato un probabile “ripensamento più profondo” dell’etichetta di Kering e aggiungono che “il prossimo passo sarà necessariamente più complicato ora”.
Sebbene apportare un cambiamento così radicale sia positivo, “potrebbe volerci circa un anno per vedere i risultati di qualsiasi cambiamento estetico”, ha affermato UBS, citando i tempi di progettazione e produzione.
Ma, “vista la forza dell’estetica e dell’identità del marchio di Michele, un cambio di posizionamento potrebbe significare più una rivoluzione che un’evoluzione” dice ancora Battistini di JP Morgan. “Questo, a nostro avviso, potrebbe significare un periodo di relativa interruzione, sia operativa che finanziaria”.
Negli ultimi anni, la crescita è rallentata, mentre rivali come Dior e Louis Vuitton, di proprietà del gruppo di lusso concorrente LVMH, sono andati avanti.
Le vendite del terzo trimestre della divisione moda e pelletteria di LVMH sono aumentate del 22%, mentre Gucci è cresciuto del 9%, meno di quanto previsto dal mercato e alcuni analisti lo hanno attribuito al calo dell’interesse da parte dei compratori per lo stile stravagante del designer. Inoltre alcuni di essi hanno messo in dubbio l’obiettivo a medio termine di 15 miliardi di euro di fatturato annuo, che era stato fissato lo scorso giugno.

Potrebbe essere il momento per giocare la carta del M&A

La speranza di Pinault è di riuscire ad accelerare la sua ricerca di nuovi marchi per ridurre la sua dipendenza da Gucci, come riporta Reuters. Ma, mentre Bernard Arnault di LVMH ha speso miliardi di euro per acquistare il produttore di gioielli Tiffany e il brand dell’ospitalità Belmond, gruppo specializzato in alberghi e viaggi di altissima gamma, Kering è rimasto al palo per il momento: ha avuto colloqui con Richemont, è in contatto con Moncler, mentre recentemente si è lasciato scappare il marchio statunitense dell’ex designer di Gucci Tom Ford, che è andato al gruppo di cosmetici Estée Lauder .
Ma gli analisti si domandano che cosa ci sia sul mercato di adatto per Kering: i marchi di moda, o sono troppo piccoli per riuscire a smuovere la situazione, come Tod’s. Oppure chiusi in una roccaforte, come Prada.

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