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Governo Conte e fuga di capitali: i dati di Banca d’Italia

Nel mese di maggio il saldo Target 2 della Banca d’Italia rivela una fuga di capitali dall’Italia ai lidi esteri di 38 miliardi di euro e l’innalzamento continuo dello spread testimonia i dubbi degli investitori sull’affidabilità del nostro Paese – Le fosche previsioni di Roubini sull’Italia e sull’euro

Governo Conte e fuga di capitali: i dati di Banca d’Italia

Tradizionalmente la formazione di un nuovo governo apre una fase caratterizzata dalla Luna di Miele con i mercati e gli elettori. Nel caso dell’esecutivo Lega-M5S questo non sembra essere avvenuto affatto con i mercati e solo marginalmente con gli elettori. Secondo gli ultimi sondaggi (Demopolis, Piepoli, Index) il governo Conte infatti ha oggi un gradimento che oscilla tra il 44 e il 51 per cento, una soglia considerata dagli esperti non esaltante per un premier all’inizio del mandato, per di più sostenuto da una maggioranza molto forte. Quanto agli investitori, dopo una breve pausa seguita alla costituzione dell’esecutivo, lo spread è ripartito ed è tornato a puntare quota 300.  

Lo scenario finanziario italiano infatti è considerato particolarmente preoccupante dagli operatori internazionali. Le parole pronunciate all’assemblea di Confcommercio dal vicepremier responsabile dei ministeri dello Sviluppo economico e del Lavoro, Luigi Di Maio, hanno suscitato allarme e sono la causa più immediata della nuova impennata dello spread e del calo della Borsa. Gli annunci del neoministro e capo politico pentastellato (no all’aumento dell’Iva, via lo spesometro, via il redditometro e via gli studi di settore senza indicare le coperture) del resto hanno raccolto l’applauso della platea ma hanno certificano agli occhi dei mercati che l’equilibrio di bilancio non sembra rappresentare un vincolo per il governo giallo verde.  

C’è poi il contesto generale nel quale si sono calate le parole del vicepremier a preoccupare, tanto che negli ambienti accademici e della ricerca vi è chi ritiene non impossibile una crisi finanziaria entro l’anno. Negli ultimi giorni i segnali negativi per un paese che deve collocare annualmente 400 miliardi di euro di titoli pubblici si sono infittiti. Una prima scossa allo spread è stata impressa dalle dichiarazioni del capo economista della Bce, Peter Praet, secondo il quale l’inflazione nell’area euro “si sta avvicinando al livello obiettivo del 2 per cento”, oltre il quale un aumento dei tassi d’interesse ufficiali sarebbe inevitabile. Il governatore della Bundesbank, Jens Weidmann, capofila dei rigoristi all’interno del Consiglio della Banca, ha aggiunto di considerare “plausibile” la fine del Quantitative easing entro dicembre.  Una decisione sul timing di uscita dal Qe potrebbe essere presa già giovedì prossimo nel direttivo della Bce. A tutto questo si aggiungono poi gli ultimi dati sul peggioramento per 38 miliardi di euro del saldo Target 2 della Banca d’Italia nel mese di maggio, specchio di una fuga di capitali dagli asset italiani verso porti più sicuri. Tutto questo disegna una quadro nel quale la prospettiva di una politica di bilancio espansiva si somma con un aumento prospettico dell’onere del debito e una caduta della fiducia degli operatori.  

Naturalmente il giudizio dei partner europei e di Bruxelles sul nuovo governo è ancora sospeso. E, soprattutto da parte tedesca, si mostra una prudenza nelle dichiarazioni direttamente proporzionale al grado di allarme per la situazione italiana. L’ex ministro delle Finanze, il temutissimo Wolfang Schaeuble, ha ammesso in una intervista al settimanale Wirtschafts Woche che “un’Unione monetaria presenta vantaggi per tutti, ma soprattutto per chi è più forte, cioè noi. Dobbiamo quindi essere pronti a pagare qualcosa per questi vantaggi e chi sta un po’ meglio deve essere più generoso”. Ma le aperture sono per ora solo verbali e gli esperti restano pessimisti.  

Secondo Carmen Reinhart, economista e consulente del Fondo monetario internazionale, il debito italiano è sottostimato, perché non prende in considerazione il saldo negativo Target 2 della Banca d’Italia, che una volta aggiunto porterebbe al 160 per cento il rapporto debito Pil. “L’attuale grave incertezza politica unita a una crescita cronicamente bassa e a un rapporto debito Pil del 160 per cento è sufficiente a scatenare una crisi finanziaria. In questo caso è difficile immaginare come possa essere evitata la ristrutturazione del debito italiano”, ha scritto la Reinhart sul sito di politica ed economia internazionale Project Syndicate. Sullo stesso website Nouriel Roubini ha detto di ritenere probabile una uscita dell’Italia dall’euro nel medio periodo, perché gli italiani, stretti tra la trappola dell’euro e la speranza di ricavare vantaggi dall’uscita “potrebbero decidere di chiudere gli occhi e tuffarsi”. Il governo giallo verde dovrebbe prestare più ascolto a questi avvertimenti.

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