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Goldman Sachs, petrolio: taglio possibile, ma rischia di non servire

La banca d’investimento ha pubblicato un report secondo il quale le dichiarazioni di Russia e Arabia Saudita sembrano preludere ad un accordo per il taglio della produzione di petrolio, che potrebbe essere ufficializzato il prossimo trenta novembre a Vienna – Il rischio, però, è che una serie di fattori possano rendere inefficace l’intesa. La stima Aie

Goldman Sachs, petrolio: taglio possibile, ma rischia di non servire

Un taglio alla produzione di petrolio sembra più probabile, ma i suoi effetti sul mercato rischiano di essere ridotti. A dirlo è il rapporto mensile sul petrolio di Goldman Sachs, secondo cui le dichiarazioni di Arabia Saudita e Russia, infatti, sembrano portare in questa direzione, nonostante la produzione in crescita di Libia, Nigeria ed Iraq sembra ridurre le possibilità di successo di un accordo del genere, guidando ad un ribilanciamento del mercato del petrolio nel 2017. 

Il rally del prezzo del petrolio seguito alla riunione straordinaria dell’Opec del 28 settembre ad Algeri è continuato, alimentato dai commenti russi e sauditi su un possibile accordo per tagliare la produzione tra i 32,5 e i 33 milioni di barili al giorno, come deciso nel corso del meeting algerino.

Un accordo che l’Arabia Saudita sembra avere l’autorità per portare a termine nell’incontro previsto per il prossimo 30 novembre a Vienna. Ma, come al solito, i rischi di un disaccordo non sono da sottovalutare, con l’Iraq che rappresenta al momento l’oppositore più esplicito, con il suo obiettivo dichiarato di aumentare la produzione il prossimo anno.

Nella visione di Goldman Sachs, un fallimento nell’accordo spingerebbe i prezzi molto più in basso, in zona 43 dollari al barile, anche alla luce del surplus del mercato del petrolio prevista per il quarto trimestre. Anche qualora si raggiungesse un accordo per il taglio della produzione, le possibilità di impattare il mercato e le scorte di petrolio in maniera significativa sembrano basse, alla luce soprattutto del fatto che i Paesi che sarebbero esentati dall’intesa al momento stanno producendo 500mila barili in più del previsto.

In più, c’è il rischio concreto che i sauditi trovino poca compiacenza da parte delle forze minori interne all’Opec, oltre a doversi guardare da una crescente produzione esterna all’organizzazione. Il taglio richiesto alla produzione saudita, dunque, rischia seriamente di essere troppo forte per migliorare le condizioni del mercato.

Se l’accordo venisse raggiunto e implementato rigidamente, è comunque possibile che le risposte del mercato lo portino fuori dai binari, vista anche la stabilizzazione della produzione dello shale statunitense, e la possibilità che la crescita della domanda rimanga resiliente. Anche assumendo che un taglio alla produzione avvenga e sia effettivamente implementato con successo, secondo Goldman un recupero iniziale nei prezzi potrebbe progressivamente svanire.

Una visione, quella di Goldman Sachs, a cui fa eco anche l’Aie (Agenzia internazionale per l’energia), secondo cui “Nonostante timidi segnali che le scorte cominciano a diminuire, la nostra previsione della domanda e dell’offerta dimostra che il mercato rimarrebbe in surplus durante la prima meta’ del prossimo anno” sottolinea Aie nel rapporto mensile sul petrolio”.

L’Aie, però, è più positiva sui possibili effetti del taglio alla produzione dell’Opec: “Se si concretizzerà, il riequilibrio del mercato potrebbe intervenire più rapidamente”. Nel mese di settembre, il cartello dei 14 Paesi ha pompato un record di 33,64 milioni di barili, 160 mila barili al giorno in più rispetto al agosto, e in surplus di 910mila barili al giorno in un anno.

All’interno dell’Organizzazione degli esportatori, la produzione di Iraq ha raggiunto il top con 4,46 milioni di barili al giorno, mentre quella iraniana si e’ attestata a 3,67 milioni di barili “leggermente al di sopra del livello medio del 2011, prima dell’avvio delle sanzioni internazionali”. Al di fuori dell’Opec, invece, la Russia ha aperto completamente i rubinetti a settembre e ha aumentato di quasi 0,5 milioni di barili al giorno portando la produzione dei Paesi non appartenenti al cartello a 56,6 milioni di barili al giorno.

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