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Gnosticismo politico in Philip K. Dick

Gnosticismo politico in Philip K. Dick

di Raffaele Alberto Ventura

Dal magazine “Sentieri Selvaggi” — n. 5 (dicembre 2019-febbraio 2020), che ringraziamo per la disponibilità — riproduciamo questo interessante contributo di Raffaele Alberto Ventura autore del libroLa guerra di tutti. Populismo, terrore e crisi della società liberale (Ed. minimum fax).

L’intera opera dello scrittore americano, Philip K. Dick. è percorsa da una “diffidenza” nei confronti del reale e racconta di personaggi che vivono dentro un mondo illusorio. Si va dalla sovrainterpretazione paranoica alla conseguente negazione della realtà materiale. In qualche modo Dick anticipò Matrix e il cospirazionismo radicale dei tempi che viviamo.

Un giorno di novembre 2015

Un giorno di novembre 2015, i passeggeri della metropolitana di New York sono stati scaraventati in un universo parallelo. Nel torpore mattutino, hanno trovato i loro vagoni decorati con i simboli del Terzo Reich.

Hanno scoperto con stupore che, contrariamente a ciò che raccontano i libri di storia da oltre mezzo secolo, gli Stati Uniti d’America non hanno mai vinto la Seconda Guerra Mondiale; a dire il vero questa illuminazione è durata per qualche decimo di secondo, giusto il tempo che il loro cervello finisse di assimilare le proteine della colazione: a quel punto i passeggeri hanno realizzato che si trattava semplicemente di una campagna pubblicitaria.

Un lancio in grande stile per la serie Amazon The Man in the High Castle, che racconta cosa sarebbe successo se le forze dell’Asse avessero vinto la guerra.

Fantapolitica? Certo, a meno che le proteine sopra evocate non fossero invece dei potenti allucinogeni, e quella brevissima visione sotterranea di un’America nazificata uno squarcio nello spazio-tempo. Già, la “campagna pubblicitaria”, la “serie” e il “romanzo” di Dick potrebbero essere i frammenti di una realtà rimossa: l’America è stata davvero sconfitta, ma noi non lo sappiamo.

Il genere delle paranoie metafisiche

Ecco dunque la verità che riemerge in forma ipnagogica. D’altronde da anni l’industria culturale ci manda degli evidenti segnali con film come MatrixV per VendettaHunger GamesDivergent e non ultimo Capitan America: Winter Soldier, che denuncia appunto un’infiltrazione nazista al cuore del sistema americano.

La monocultura della paranoia, primo settore economico di un mondo in crisi d’identità. Ormai qualsiasi kolossal d’azione americano, dalla serie Mission: Impossible a quella dedicata a Jason Bourne, presenta un conflitto tra l’individuo e una gerarchia corrotta che spesso coincide con qualche organo dello Stato, in primis la CIA.

Ecco, questo è proprio il genere di paranoie metafisiche che si trovano nei romanzi di Philip K. Dick. The Man in the High Castlenon fa eccezione: al cuore dell’intreccio ambientato in un mondo in cui hanno vinto i nazisti si trova un misterioso «romanzo nel romanzo» (nella Serie TV si tratta di una pellicola) che racconta la vittoria degli Stati Uniti in maniera simile, sebbene non sempre identica, a come sono andate le cose nel nostro mondo.

La finzione dell’esperienza

Ma questa storia alternativa che nel romanzo dovrebbe essere finzionale invece non lo è: a essere finzionale è l’esperienza vissuta dai personaggi, la loro vita quotidiana, la loro realtà, la loro “storia ufficiale”. Il romanzo nel romanzo indica loro una verità segreta — i nazisti non hanno davvero vinto la guerra — e diventa un simbolo della Resistenza. A questo punto i lettori di Dick non possono fare a meno di chiedersi se non valga per loro, in maniera speculare, ciò che vale per i personaggi del romanzo: forse è la nostra “storia ufficiale” a essere falsa…

La “matrice” degli gnostici

L’intera opera di Dick, perlomeno da Tempo fuor di sesto del 1959 fino alla trilogia di Valis terminata nel 1982, è percorsa da una “diffidenza” nei confronti della realtà. La matrice di questa visione del mondo, come renderà esplicito lo stesso scrittore americano nella sua Esegesi, è l’antica teologia gnostica: ovvero un corpus di dottrine apocalittiche coeve del cristianesimo primitivo e fortemente influenzate dal platonismo.

Secondo gli gnostici il mondo materiale non è altro che un’illusione forgiata da una divinità malvagia, detta il Demiurgo, che nasconde il mondo reale. Una vera e propria prigione dalla quale è possibile fuggire soltanto per mezzo d’uno sforzo intellettuale e spirituale: la gnosi.

Gli uomini sono quindi divisi in tre categorie: gli “pneumatici” che conoscono la verità, gli “psichici» che la intuiscono e gli “ilici” completamente legati alla materia.

Lo gnosticismo aveva vissuto un vero e proprio revival a cavallo tra Otto e Novecento, testimoniato ad esempio dall’interesse di Carl Gustav Jung (importante influenza di Dick) e riacceso nel 1945 con il ritrovamento dei Codici di Nag Hammadi in Egitto: lettere, trattati, vangeli apocrifi e apocalissi come se piovesse.

Lo gnosticismo, una chiave di lettura del presente

Negli ultimi anni, forse proprio dai tempi di Essi vivono di Carpenter, lo gnosticismo ha invaso il nostro immaginario cinematografico, e proprio per questo sembra essere il paradigma adeguato per comprendere certe forme recenti di radicalismo politico.

Fu il filosofo tedesco Eric Voegelin il primo a individuare nello gnosticismo una chiave di lettura per capire il presente, e a partire dagli Anni Cinquanta s’impegnò a scovare echi gnostici in tutte le forme di pensiero totalitario, il che dal suo punto di vista includeva un’area che andava dal marxismo al fascismo.

L’operazione appare talvolta un po’ rozza ma è comunque ricca di spunti. Negli anni della Guerra Fredda in cui gli intellettuali liberali sfuggiti dalla vecchia Europa — da Hayek alla Arendt — costruivano in laboratorio il concetto di totalitarismo, il contribuito di Voegelin fu di accorpare tra loro tutte le utopie politiche che propugnavano secondo lui la cosiddetta “immanentizzazionedell’eschaton”: i nuovi gnostici sarebbero tutti coloro che vogliono redimere l’umanità e imporre con la forza la realizzazione dei loro progetti di salvezza.

Rendere immanente, storico, ciò che invece dovrebbe restare trascendente o perlomeno privato: i fini ultimi, l’eschaton.

A Voegelin piaceva vincere facile e pur di mettere nello stesso sacco tradizioni diverse come fascismo e comunismo si era costruito un’idea di gnosticismo abbastanza vaga. Invece leggendo l’opera di Dick saltano all’occhio almeno due caratteristiche che non possono mancare per definire il moderno gnosticismo come si è evoluto dopo gli Anni Sessanta e Settanta: la sovrainterpretazione paranoica e la negazione della realtà materiale.

Portando Voegelin all’estremo, queste due caratteristiche sembrano adatte a definire le ideologie postmoderne che del fascismo e del comunismo hanno preso il posto dopo la caduta del muro di Berlino, e delle quali Dick è stato il profeta involontario.

La sovrainterpretazione paranoica

La prima caratteristica dello gnosticismo dickiano è la sovrainterpretazione paranoica. Ogni cosa di cui abbiamo esperienza potrebbe essere un segno di una verità superiore o un indizio del complotto metafisico dentro al quale viviamo.

I suoi romanzi sono pieni di questi indizi e nell’Esegesi l’autore formula l’ipotesi di essere riuscito a “intercettare” delle informazioni dal futuro trasmesse a ritroso per mezzo di tachioni, particelle più veloci della luce.

In questo modo Dick ha potuto descrivere in anticipo, come lui stesso rileva, certe trasformazioni della società e della vita politica — in maniera simile all’“Uomo nell’alto castello” che per scrivere il suo romanzo nel romanzo si è lasciato guidare dagli oracoli dell’I-Ching.

Aiutato senza dubbio dal suo consumo di stupefacenti, l’autore ha dato un contributo importante all’immaginario paranoico descritto da Richard Hofstadter nel 1963, che ritroviamo sotto una nuova forma negli Anni Novanta nella serie X-Files o nel film Ipotesi di complotto di Richard Donner.

Il substrato teologico

Dick era vicino alla Chiesa episcopale e questo spiega la presenza nella sua opera di certi temi “apocalittici” tratti di peso dalla pubblicistica antipapista. La trilogia di Valis rende esplicito il sottotesto teologico già presente nelle opere precedenti.

Le forze del male vengono fatte coincidere con un’entità chiamata Impero, sopravvivenza dell’antico Impero Romano che perseguitava i cristiani e poi, quando diventò esso stesso cristiano facendo di Roma la città papale, perseguitò gli gnostici, gli eretici e i protestanti:

Roma era dappertutto, in ogni epoca, un gigante smisurato che si estendeva in un immenso arco cronologico […] realtà latente del nostro mondo attuale. (Philip K. Dick, Radio Libera Albemuth, Fanucci, Roma 1996).

Il discorso cospirazionista

Questo Impero coincide, nel discorso cospirazionistacontemporaneo, con un governo-ombra mondiale il cui potere si estende in maniera tentacolare e del quale è arduo individuare un esterno. Perché, come annota Dick all’apice della paranoia:

Combattere l’Impero significa essere contagiati dalla sua follia. Questo è un paradosso, chiunque sconfigge un segmento dell’Impero diventa l’Impero; esso prolifera come un virus, imponendo la sua forma ai suoi nemici. (Philip K. Dick, La trilogia di Valis, Fanucci, Roma 2006).

Richard Hofstadter denunciava l’ossessione della destra americana — all’epoca incarnata dal senatore McCarthy — per le cospirazioni, ossessione della quale individua l’origine nella reazione del clero americano all’illuminismo.

Proprio da quell’antica polemica di fine Settecento, e precisamente dal libello Proofs of a Conspiracy Against All the Religions and Governments of Europe Carried on in the Secret Meetings of Freemasons, Illuminati, and Reading Societies, ereditiamo la leggenda nera degli “Illuminati di Baviera” che ancora oggi va di moda.

Lo stile paranoico

E non solo a destra, come abbiamo visto: in effetti “lo stile paranoico” sembra essersi esteso nel frattempo a più ampie fasce di popolazione, in America e in tutto il mondo.

L’esito è inquietante ma perfettamente dickiano: volendo rifiutare una realtà “mediatica” che appare loro come totalmente illusoria, molti si richiudono in un sistema di credenze ancora più assurde e contraddittorie. Questo porta nella migliore delle ipotesi all’isolazionismo e all’incapacità di agire politicamente.

Nella peggiore, all’adesione a ideologie pseudoradicali che costituiscono una minaccia alla pace civile e quindi un pretesto per rafforzare il controllo burocratico e poliziesco sulle vite dei cittadini.

La negazione della realtà materiale

Dalla paranoia discende una seconda caratteristica del moderno gnosticismo, ovvero la negazione della realtà materiale. Nella Svastica sul sole, la Resistenza contro il nazismo prende sostanzialmente la forma di una confutazione della stessa esistenza di quel regime.

I romanzi di Dick narrano spesso di personaggi che vivono dentro un mondo illusorio: che si tratti di una messa in scena (Tempo fuor di sesto), di un sistema totalitario (Il mondo che Jones creò), di una nazione sotterranea (La penultima verità), di un’alterazione della percezione per mezzo di tecnologie avanzate (Memoria totale) o di droghe futuristiche (Un oscuro scrutare), se non addirittura di un velo metafisico come nella trilogia di Valis. Nell’Esegesi, Dick rileva:

“Adesso queste anomalie stanno accadendo a me”.
(Philip K. Dick, L’Esegesi, Fanucci, Roma 2015).

Uno schema diventato popolare

Con il successo del film Matrix nel 1999, che descrive il nostro mondo come una realtà virtuale nella quale gli esseri umani vivono per volontà dei loro dominatori alieni, questo schema narrativo è diventato un patrimonio condiviso della cultura popolare e forse ancora qualcosa di più: una metafora politica.

Vi ricorrono ad esempio Beppe Grillo e i suoi adepti per denunciare la propaganda della “casta” politica al potere e vi ricorre David Icke(in Figli di Matrix) quando afferma che:

Da migliaia di anni una razza proveniente da un’altra dimensione [i famosi rettiliani] tiene soggiogata l’umanità.

Lo gnosticismo marginale di Philip K. Dick, con qualche considerevole variazione, è diventato nel giro di qualche decennio una visione del mondo che seduce le masse. Basta indossare degli occhiali magici, come in Essi vivono, per guardare la verità dietro le cose…

Lo gnosticismo come ideologia politica

Paradossalmente lo gnosticismo non è più come in Voegelinun’espressione del totalitarismo ma un’ideologia politica che si nutre della narrativa popolare sul totalitarismo: lo gnostico contemporaneo è colui che vede ovunque indizi che viviamo in una società totalitaria, da combattere con ogni mezzo.

Il protagonista di Radio Libera Albemuth, prima stesura di Valis, lo esprimeva così:

Mi trovavo coinvolto in una guerra antica, una guerra che veniva combattuta senza sosta da duemila anni. I nomi erano cambiati, così come lo erano i volti, ma gli avversari rimanevano una costante permanente. L’impero degli schiavi contro coloro che lottavano per la giustizia e la verità.

Questo dualismo radicale ha delle conseguenze che in Matrix sono evidenti. Se la realtà che ci circonda è interamente falsa, allora non resta più nessun appiglio per negoziare: diventa legittimo scatenare una guerra totale.

Matrix a sistema

Così Neo, il protagonista del film, convinto di vivere dentro una specie di videogioco popolato da esseri virtuali, fa centinaia di vittime innocenti senza battere ciglio. Il suo maestro Morpheus lo aveva indottrinato per bene, denunciando la complicità (e la sacrificabilità) degli ilici servi del sistema:

Matrix è un sistema, Neo. E quel sistema è nostro nemico. Ma quando ci sei dentro ti guardi intorno e cosa vedi? Uomini d’affari, insegnanti, avvocati, falegnami…
le proiezioni mentali della gente che vogliamo salvare. Ma finché non le avremo salvate, queste persone faranno parte di quel sistema, e questo le rende nostre nemiche. Devi capire che la maggior parte di loro non è pronta per essere scollegata. Tanti di loro sono così assuefatti, così disperatamente dipendenti dal sistema, che combatterebbero per difenderlo.

L’influenza di Matrix può spiegare l’apparizione di un nuovo cospirazionismo radicale che consiste nel dubitare assolutamente di ogni cosa, o perlomeno di tutto quello che viene raccontato dai media. Se un tempo la dietrologia si limitava a dubitare della “versione ufficiale” dei fatti (talvolta a ragione, si pensi alla storia non ancora chiarita della strategia della tensione) oggi alcuni neognostici radicali si sono convinti che le grandi stragi non siano altro che delle messe in scena cinematografiche.

neognostici

Il più celebre è Alex Jones. Dal massacro alla Sandy Hook Elementary School nel 2012, in Connecticut, agli attentati di Parigi e Bruxelles, capita di leggere articoli in rete (o più spesso vedere dei video) che spiegano che una certa persona che piange la morte del proprio figlio è un’attrice già vista in qualche serie televisiva, o che ogni errore o bufala trasmesso da giornalisti sempre meno competenti (e solitamente smentito in tempo brevissimo) sia in realtà un tentativo di manipolare l’informazione e le coscienze.

La manipolazione dell’opinione pubblica, beninteso, è un fenomeno reale, come sono reali i lobbisti, gli influencer, i pubblicitari, i corruttori e i corrotti; appare tuttavia evidente come le derive paranoiche non portino a nessuna reazione efficace.

In fondo Neo non è altro che un terrorista che ha subito un lavaggio del cervello, simile agli attentatori che colpiranno New York due anni dopo.

Anche per i seguaci di Bin Laden il mondo materiale, rappresentato dal capitalismo americano, è soltanto un’immagine rovesciata della verità. Infedeli (e ugualmente spendibili) sono tutti coloro che brancolano nel buio.

Nella mente dei jidaisti

Tutto torna: secondo Laurent Murawiec, autore di The Mind of Jihad, i terroristi islamici sarebbero proprio degli eredi dello gnosticismo; e tanto più dickiani, se è vero che assumono Captagon, uno stimolante che aumenta la sensazione di potenza e li trasforma in soldati perfetti.

Che cos’è d’altronde il loro “Stato Islamico” se non uno Stato che non esiste in quanto Stato, una visione apocalittica da realizzare anche a costo di distruggere il mondo come lo conosciamo?

E che dire poi di tutti gli informatori sfuggiti al controllo dei servizi d’informazione, di tutte le radicalizzazioni improvvise, del caos dei comunicati pseudoufficiali?

Esiste un intero filone di studi che tenta di applicare i modelli voegeliniani al jihadismo, ma ancora nessuno che mostra la quantità di analogie tra Dick e Daesh.

Chiariamo che Dick non può essere ritenuto del tutto responsabile per Matrix, David Icke e gli eredi di Bin Laden, anche perché queste forme diverse dello gnosticismo contemporaneo sono fondate su una rigida gerarchia dei livelli di realtà — mondo vero e mondo falso — che nell’opera dello scrittore americano semplicemente non c’è.

La singolarità di Dick

In fin dei conti il problema dei personaggi di Dick, spesso tossici o paranoici, è proprio che falliscono nel distinguere il vero dal falso. Proprio come nella Svastica sul sole i collezionisti di reperti della tradizione americana, ingannati dai falsari.

Contrariamente ai terroristi che sparano sulla folla perché tenacemente convinti di vivere dentro un’illusione, questi personaggi vivono il disagio di non potere fare nessuna scelta definitiva.

In questo senso è più dickiano un film stratificato come eXistenZrispetto a Matrix, con il suo dualismo rassicurante. Le teorie cospirazioniste e i millenarismi politici devono la loro fortuna proprio alla capacità di fornire (in piena tradizione gnostica) una via d’uscita dalla confusione.

L’autore di Valis, in ciò degno erede di Kafka, è stato il testimone dell’avvento di un mondo nuovo in cui la realtà politico-economica è diventata troppo complessa e stratificata per risultare comprensibile all’individuo.

Oltre Kafka

Una società burocratizzata che negli stessi anni Guy Debord aveva definito “Società Dello Spettacolo”, ricorrendo anche lui a una metafora cripto-gnostica. Una società nella quale tutto sembra accadere altrove, dietro, lontanissimo dalle sue interfacce…

Nei secoli la scienza era riuscita a rendere conoscibile la natura, liberandola dalle narrazioni teologiche — e nel frattempo, sono lo Stato e il Mercato a essersi sviluppati al punto di diventare inconoscibili. La natura era stata addomesticata, la civiltà è diventata indomabile.

A Kafka bastava ancora ricorrere alla teologia ebraica per rappresentare l’inconoscibilità delle istituzioni attraverso l’immagine di un Dio nascosto.

Ma il mondo era cambiato ancora con l’inizio della Guerra Fredda, disarticolandosi in un sistema di governance mondiale fondato su nuovi equilibri esoterici: non soltanto Dio è nascosto, ma per giunta l’amministrazione del nostro mondo è stata abbandonata a oscure forze.

Philip K. Dick fu tra i primi a capire che c’era bisogno di un linguaggio radicalmente nuovo per parlare di quella machina machinarum: e quel linguaggio doveva venire dalle antiche cosmologie, dalle quali il sistema produttivo era alfine diventato indistinguibile.

Raffaele Alberto Ventura vive a Parigi dove collabora con il Groupe d’études géopolitiques e la rivista Esprit. Oltre alla sua pagina Eschaton cura una rubrica per Wired. Il suo primo libro, Teoria della classe disagiata (minimum fax 2017), è stato uno degli esordi più acclamati degli ultimi anni.

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