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Gli incubatori d’impresa in Italia. Lo studio di Bankitalia

L’indagine svolta da Bankitalia per la sezione “Questioni di economia e finanza” si è focalizzata sul ruolo che gli incubatori d’impresa hanno nel nostro Paese nell’attuale fase di bassa crescita economica – Le conclusioni mostrano che gli incubatori costituiscono uno strumento utile ma non fondamentale per il successo delle nuove iniziative imprenditoriali.

Gli incubatori d’impresa in Italia. Lo studio di Bankitalia

In una fase di bassa crescita economica come quella che sta attraversando il nostro paese, assume una certa importanza il tema delle start-up innovative e di tutti gli strumenti che ne possano favorire la nascita e lo sviluppo. In questo senso gli incubatori d’impresa costituiscono una delle soluzioni proposte dalla letteratura economica e realizzate concretamente in numerosi paesi per promuovere le nuove imporese ad alto tasso di innovazione. In termini molto generali, si può dire che si tratta di organismi che si pongono come obiettivo quello di stimolare e supportare l’imprenditorialità e che cercano di coniugare la tecnologia, il capitale, la professionalità e l’esperienza imprenditoriale.

Lo studio svolto da Banca d’Italia si avvale di un’indagine sul campo condotta su un ampio numero di incubatori italiani e su un campione di imprese che hanno intrapreso il processo di incubazione. In italia gli incubatori hanno dimensioni mediamente ristrette e dipendono ampiamente dai contributi politici. I servizi offerti alle imprese sono prevalentemente quelli di natura logistica e, con minore frequenza, quelli a più alto valore aggiunto di tutoring e mentorship e quelli di networking. Secondo le valutazioni delle imprese, gli incubatori sono uno strumento utile ma non fondamentale per il successo delle nuove iniziative imprenditoriali.

Un numero significativo di studi mostra che l’attività di incubazione determinerebbe effetti positivi su variabili macro (il tasso di sviluppo economico, la crescita dell’occupazione e la commercializzazione di nuove tecnologie; cfr. ad esempio i lavori di Al-Mubaraki e Busler del 2010 e 2011) o micro economiche (i tassi di sopravvivenza delle start-up, i tassi di crescita del fatturato delle imprese, la loro dimensione media). In altri lavori si evidenzia l’importanza dell’attività di networking svolta dall’incubatore o della disponibilità di attrezzature fisiche e di altre facility. Studdard (2006) rileva effetti positivi per la reputazione delle aziende.

Qualche informazione d’insieme relativa al complesso dei paesi europei, può essere tratta dal BIC Observatory 2012 sviluppato dall’EBN, il network europeo dei Business and Innovation Centers (BIC). In particolare, nel 2011 a ogni BIC sono state presentate in media 749 domande, che hanno portato alla definizione di 65 business plan e alla creazione di 42 start-up per BIC. In totale il numero di posti di lavoro creati nel 2011 dalle start-up appartenenti al network è stato pari a oltre 12 mila unità. Il tasso di sopravvivenza di queste start-up è piuttosto elevato, pari al 91 per cento per quelle in fase di incubazione e al 90 per cento nei tre anni successivi all’uscita dagli incubatori.

Gli ostacoli alla crescita delle imprese incubate sono da ricondurre soprattutto alla difficoltà di “fare impresa” in Italia, in particolare all’elevata tassazione e alla burocrazia. Si tratta di fattori sui quali la capacità di intervento degli incubatori è ovviamente limitata. I vincoli finanziari sono rilevanti per una quota di imprese significativa, ma inferiore al 50 per cento, a indicazione che questi vincoli non sembrano rappresentare l’elemento di maggiore criticità per la nascita e lo sviluppo delle start-up in Italia; nel finanziamento del capitale di rischio il ruolo svolto dagli intermediari specializzati (business angel, private equity e altri) è relativamente contenuto, ma non irrilevante. 

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