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Giro d’Italia: Nibali trionfa sulle Tre Cime, è il sigillo del padrone

Con una accelerazione impressionante la maglia rosa stacca tutti tra il nevischio e il gelo delle Dolomiti – Uran scavalca Evans al secondo posto ma l’australiano pur in difficoltà difende il podio da Scarponi.

Giro d’Italia: Nibali trionfa sulle Tre Cime, è il sigillo del padrone

Stretto dall’attesissima finale di Champions League a Wembley di stasera e la mondanità miliardaria del Gran Premio di Monaco di domani, il Giro azzoppato e scosso per il maltempo e il doping di Di Luca rischiava una fine in sordina che il suo vincitore Vincenzo Nibali non meritava affatto. A salvarlo, scrivendo una delle pagine più belle del ciclismo di questi anni tormentati, è stato proprio lui, Nibali. Quasi sentisse l’obbligo di fare un’altra impresa, più intensa ed emozionante della pur spettacolare cronoscalata di Polsa, ha conquistato le Tre Cime di Lavaredo con un’azione che a meno di tre chilometri dal traguardo ha fatto il vuoto, vincendo per distacco mentre i fiocchi di neve si infittivano in un paesaggio da profondo inverno.

Luogo di memoria del grande ciclismo, le Tre Cime di Lavaredo diedero il via alla leggenda di Merckx, che in maglia iridata vinceva nel ’68 il primo dei suoi cinque Giri. Nel ’74 e nell’89 qui vinsero scalatori di razza come lo spagnolo Fuentes – staccando lo stesso Merckx che pur vinse il Giro per una manciata di secondi su Baronchelli – e Lucho Herrera, il capostipite dei corridori colombiani che anche oggi in tre con Duarte, Uran e Betancur sono arrivati alle spalle del trionfatore. Nessuno aveva però mai vinto in maglia rosa: Nibali si è tolto anche questa soddisfazione, un capolavoro che mette il sigillo più prestigioso a un Giro che l’ha visto sempre padrone.

Una vittoria talmente prepotente da far dimenticare tutti i tagli che il maltempo ha imposto agli organizzatori: è saltato il Sestrière nella tappa del Galibier, a sua volta accorciato di circa 4 km; addirittura annullata è stata ieri la frazione della Val Martello che prevedeva Stelvio e Gavia; oggi il percorso è stato ridisegnato salvando solo l’arrivo alle Tre Cime di Lavaredo e il Cento Croci ma evitando passi storici come il Costalunga, il San Pellegrino e il micidiale Giau. Praticamente il dislivello da scalare è stato fortemente ridimensionato, ma di fronte al Nibali visto in questo Giro c’era poco da fare. Anzi probabilmente avrebbe staccato ancora di più i suoi rivali, tenaci e coraggiosi, ma mai in grado di metterlo in difficoltà in tutto il Giro. Con una maglia padrona della corsa, era inevitabile che l’ultima (e anche l’unica) tappa dolomitica, sia pure addolcita nel percorso, servisse a definire gli obiettivi minori degli altri. A partire dalla lotta per il podio dietro Nibali che ha visto il colombiano Uran Uran, terzo al traguardo a 18”, scavalcare Cadel Evans, che pur resistendo al limite delle sue forze, cedeva nella parte finale. L’australiano, generoso come sempre, perdeva il secondo posto ma riusciva a difendere il podio anche perché Michele Scarponi, pur precedendolo, non era più tanto brillante nell’affrontare gli ultimi tornanti al 18% di pendenza.

Un altro colombiano, Carlos Betancur, quarto all’arrivo a 21” dopo aver rischiato grosso per una foratura nella discesa verso Cortina, si è ripreso la maglia bianca strappandola al polacco Maika, che si è battuto con grinta, ma alla fine accusava un ritardo di 1’04”. In una tappa come quella di oggi, con l’arrivo così in alto, non ci dovrebbe essere nelle cronache spazio per un velocista come Mark Cavendish: ma per difendere la sua maglia rossa di leader della classifica a punti, anche Cannonball si è impegnato allo spasimo per racimolare punti ai traguardi volanti di Dobbiaco e Cortina. Non gli è bastato per difendere il simbolo del primato passato, anche quello, a Nibali grazie ai 25 punti incamerati per la vittoria. Ma Cavendish ha giusto il tempo per riconquistare la maglia rossa domani nella tappa di Brescia, passerella finale del Giro che di solito si chiude con una volatona generale.

Per onorare fino all’ultimo la maglia azzurra di miglior scalatore anche Pirazzi, pur avendo ormai la certezza che nessuno l’avrebbe potuto raggiungere, è scattato in vista del Passo di Tre Croci finché le forze lo hanno sorretto. Poi si è lasciato risucchiare nelle retrovie. Stessa fine anche per Ermeti dell’Androni Giocattoli, che però con l’entrata nella fuga iniziale insieme a Hansen, Popovych e Brutt, ha permesso alla sua squadra di battere con 1500 km il curioso record dei chilometri accumulati complessivamente da corridori dello stessa equipe. Briciole, spesso note più di colore che altro, nella giornata che sarà ricordata nel segno di Nibali che domani a Brescia metterà il suo nome per la prima volta tra i vincitori del Giro. Dopo aver conquistato la Vuelta nel 2010, allo Squalo manca solo il Tour, dove l’anno scorso è già salito sul podio come terzo dopo l’accoppiata inglese Wiggins-Froome.

Tutti lo spingono alla grande impresa, a una possibile doppietta che lo lancerebbe nell’empireo dei grandissimi. Lui non dice ancora sì, ma non chiude la porta a un sogno, che visto il momento magico, potrebbe anche realizzarsi. Malgrado in Francia l’attendano tipi come Contador e Froome, e anche quel Wiggins che alla vigilia doveva fare sfracelli in questo Giro.

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