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Gas, la crisi è seria ma non siamo l’Ucraina. Ci vorrebbe però una maggior diversificazione

Non regge il confronto tra la crisi italiana e quella dell’Ucraina ma il problema della diversificazione delle fonti di gas resta più che mai attuale, anche se il progetto Nabucco non è mai decollato

La recente diminuzione della fornitura di gas russo è stata affrontata in Italia attraverso i meccanismi che vengono di solito attivati in situazione di crisi quali la sospensione della fornitura dei clienti interrompibili (ovvero quei soggetti che accettano il rischio d’interruzione in cambio di bollette più leggere) ed attivazione delle centrali elettriche ad olio combustibile che consentono di diminuire i consumi di gas per la generazione di elettricità.

Ovviamente, risulta facile fare un parallelismo con la crisi russo – ucraina del 2006 e del 2009, quando una grave disputa sorta tra i due Stati portò ad una riduzione considerevole del gas disponibile in numerosi paesi europei e soprattutto mostrò la grande dipendenza dall’importazione russe. Tuttavia sarebbe ingiusto non notare come la situazione nel corso degli anni sia migliorata, anche se evidentemente non abbastanza.

In primo luogo, l’Italia è diventata non solo meno dipendente dalla Russia ma anche saputo costruire un portfolio di fornitori più variegato. Infatti, non solo la quota dell’importazione di gas russo sul totale italiano è scesa dal 32% al 29,9% tra il 2005 ed il 2009 (dati AEEG) ma anche, usando un indice di concentrazione del mercato (Herfindahl-Hirschman), si nota una progressiva diminuzione della concentrazione del peso dei singoli paesi produttori sul totale delle importazioni italiane.

In secondo luogo, la crisi ha avuto un impatto minore a livello europeo grazie ad alcuni cambiamenti imposti da Bruxelles. Innanzitutto sono stati installati dei meccanismi di “reverse flow” che permettono, in caso di una diminuzione della fornitura russa, d’invertire il flusso e quindi di far affluire gas da ovest verso est verso quei paesi che sono più vulnerabili alle decisioni di Gazprom.

Inoltre, un importante fattore di novità è l’entrata in vigore del regolamento Europeo No 994/2010 che impone agli Stati Membri di assicurare una fornitura di gas ai “clienti protetti” per almeno trenta giorni in caso “… di domanda di gas eccezionalmente elevata, nonché in caso di guasto della principale infrastruttura del gas in condizioni invernali medie”.

Rimane evidente come queste misure europee però non risolvono alla radice il problema della dipendenza da un unico produttore e devono essere complementari ad una strategia di diversificazione delle fonti. La strategia di Bruxelles vede come uno dei suoi punti chiave la creazione del South Corridor, cioè un percorso che porti il gas naturale del mar Caspio in Europa. Perché questo progetto riesca davvero a scombinare le carte delle importazioni europee, come sottolineano gli analisti di Wood MacKenzie, è necessario però che l’afflusso di gas sia di dimensioni sufficientemente grande. Da questo punto di vista, il Nabucco con la sua capacità di trasporto pari a 31 bcm all’anno ha sempre avuto un forte supporto da parte della Comunità Europea.

Tuttavia il progetto non è mai riuscito a decollare ed in particolare due recenti eventi suggeriscono la possibilità di un suo forte ridimensionamento. In primo luogo, lo scorso 26 Dicembre è stato firmato tra la Turchia e l’Azerbaijan un Memorandum d’intesa per la realizzazione del Trans-Anatolian pipeline. Questo accordo prevede la costruzione di un gasdotto che si approvvigionerà presso il giacimento di gas di Shah Deniz, lo stesso giacimento cui punta il progetto del Nabucco, portando molti analisti a dubitare che vi sia gas a sufficienza per rendere la costruzione del Nabucco fattibile. Infatti, il progetto del Nabucco sembrerebbe essere sovradimensionato anche se fosse l’unico gasdotto a collegare l’Azerbaijan all’Europa, considerando che il giacimento di Shah Deniz produrrà nel 2017 circa 10-16 bcm all’anno a fronte di una capacità ipotetica di trasporto pari a 31 bcm/y.

Un secondo colpo per il Nabucco è arrivato sempre alla fine del 2011 quanto la Turchia ha dato il via libera alla realizzazione sul suo territorio del South Stream, un progetto concorrente del Nabucco. Questo gasdotto permetterebbe a Gazprom di rifornire direttamente le regioni meridionali ed orientali dell’Europa evitando il rischio di transito (e.g. nuove dispute con l’Ucraina) ma sicuramente non risolverebbe il problema europeo della diversificazione dei paesi di origine del gas.

Secondo diversi analisti il progetto del Nabucco è fortemente minacciato da queste recenti evoluzioni. Sebbene l’archiviazione del progetto costringerebbe a rivedere la politica di diversificazione delle fonti europee, essa potrebbe rappresentare un’opportunità per l’Italia. Infatti, l’incertezza legata alla realizzazione del Nabucco apre le porte a due progetti d’interconnessione, quali il Turchia-Grecia-Italia (consorzio di cui fa parte Edison) ed il Gasdotto Trans-Adriatico, per portare il gas Azero direttamente dalla Turchia all’Italia. La possibilità per l’Italia di poter funzionare da hub europeo per il gas armeno ed, in caso di una futura crisi di fornitura imputabile alla Russia, di poter contare su un’altra fonte di approvvigionamento porterebbe evidenti benefici.

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