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Francia, Bayrou accusa l’Italia di dumping fiscale. Palazzo Chigi: “Affermazioni infondate”. Il problema è nei paradisi fiscali

Il primo ministro francese, alle prese con manovra e tasse, ha incautamente deviato l’attenzione sull’Italia. La replica dell’Italia: non si tratta di dumping, tanto più che l’onere fiscale forfettario per le persone fisiche che trasferiscono la residenza in Italia è stato raddoppiato. Il tema dei paradisi fiscali

Francia, Bayrou accusa l’Italia di dumping fiscale. Palazzo Chigi: “Affermazioni infondate”. Il problema è nei paradisi fiscali

Continuano le scintille tra i due vicini di casa, Francia e Italia. Ieri sera il primo ministro francese Francois Bayrou, incalzato e innervosito dal tema del voto di fiducia che attende il suo governo il prossimo 8 settembre, con un’abile manovra distrattiva sposta l’argomento sull’Italia, accusandola di praticare una “politica di dumping fiscale“. La risposta di Giorgia Meloni non si è fatta aspettare: Palazzo Chigi ha respinto le affermazioni, definendole “totalmente infondate” sottolineando come semmai l’attrattività dell’economia italiana derivi dalla stabilità e credibilità dell’Italia e non da favori fiscali indebiti e anzi. Ma la premier ha anche rincarato la dose con un dettaglio fondamentale: l’onere fiscale forfettario per le persone fisiche che trasferiscono la residenza in Italia, in vigore dal 2016, è stato addirittura raddoppiato.

L’episodio tuttavia va oltre un semplice incidente diplomatico e tocca un nervo scoperto dell’intera Unione europea: la spietata concorrenza fiscale tra Stati membri. Meloni rispondendo a Bayrou ha ribaltato l’accusa, evidenziando come sia piuttosto l’Italia, ma anche la stessa Francia, a essere penalizzate da anni dai cosiddetti “paradisi fiscali europei“, che sottraggono ingenti risorse alle casse pubbliche. Anzi, proprio la Francia dovrebbe unirsi all’Italia nella battaglia in sede europea contro quegli Stati membri che, con la compiacenza di altri, praticano un sistematico dumping fiscale. A questa linea si sono accodati anche gli altri esponenti di governo, dal ministro Tajani alla Lega, che ha parlato di “grave e inaccettabile attacco all’Italia”.

Bayrou incalzato su manovra e tasse ai francesi

Si tratta di un brutto momento per Bayrou, il premier francese e leader centrista del Mouvement Démocrate (MoDem) che la scorsa settimana ha deciso di giocare d’anticipo: ha convocato un’Assemblée nationale straordinaria per l’8 settembre, qualche settimana prima della ripresa naturale dei lavori parlamentari, per presentare ai deputati il bilancio 2026 e chiedere subito la fiducia, invocando l’articolo 49.1 della Costituzione. A quel punto o il Parlamento approva il piano di risparmi da 44 miliardi, o il governo sarà costretto a dimettersi. Una mossa ad altissimo rischio, perché Bayrou non ha una maggioranza solida e la Francia potrebbe ritrovarsi ad affrontare un nuovo voto anticipato.

Durante l’intervista televisiva di ieri sera Bayrou è stato messo alle strette proprio sulla manovra e in particolare sulla proposta di aumentare le tasse ai cittadini più ricchi per sanare il bilancio dello Stato. Per giustificare la sua contrarietà, ha detto che i contribuenti più facoltosi lascerebbero la Francia a causa di una sorta di “nomadismo fiscale“. E’ lì che il premier ha cercato di uscire dalla finestra deviando il discorso sull’Italia accusandola di attuare una politica di “dumping fiscale“, ovvero di attrarre i cittadini francesi con un sistema di tassazione più vantaggioso, di fatto accusandola di concorrenza sleale e aprendo un nuovo fronte di tensione diplomatica tra Roma e Parigi.

La legge “Ronaldo” è da considerarsi “dumping fiscale”?

A che cosa ha voluto riferirsi il premier francese con le sue accuse all’Italia? Probabilmente ha erroneamente fatto riferimento alla cosiddetta “legge Ronaldo“. Vediamo di che cosa si tratta. Negli ultimi anni l’Italia e Milano in particolare è diventata una delle destinazioni preferite dai super ricchi di tutto il mondo. Le previsioni indicano che il nostro Paese potrebbe addirittura scalzare Montecarlo, la Svizzera o gli Emirati Arabi come nuova “culla dorata” della fiscalità. Il segreto sta in un trattamento tributario cucito su misura per i milionari: una flat tax annuale da versare a prescindere dall’ammontare dei redditi esteri.

Introdotta nel 2017 con l’art. 24-bis del Tuir, la norma è nota come “legge CR7”, varata dal governo Renzi, chiamata così perché permise a Cristiano Ronaldo di trasferirsi alla Juventus pagando una tassa “simbolica” e piatta su tutti i redditi provenienti dall’estero: una flat tax di 200 mila euro su tutti i redditi d’oltreconfine (erano 100mila fino all’anno scorso), su interessi di obbligazioni, dividendi da partecipazioni azionarie, plusvalenze da cessione di imprese con l’esenzione dall’imposta di successione sui beni non italiani. Possono beneficiarne i soggetti che non sono stati residenti fiscali in Italia per almeno 9 anni negli ultimi 10. È possibile estendere l’agevolazione anche ai familiari con una quota aggiuntiva di 25.000 euro a testa. La durata è di 15 anni e non comporta né patrimoniali né vincoli d’investimento produttivo.

Secondo i dati ufficiali, nel 2023 circa 1.500 persone (tra titolari e familiari) hanno aderito, generando entrate per 117,6 milioni di euro. Dal 2020 al 2023 i contribuenti coinvolti sono stati quasi 4.000, con un gettito complessivo di poco superiore ai 315 milioni. Il boom è legato anche al fatto che nel Regno Unito è stato abolito il regime “non dom” che favoriva i residenti non domiciliati. Così, dal 2025, altri 3.600 milionari sono attesi in Italia, attratti da un sistema fiscale che appare più conveniente.

Ma questa “legge Ronaldo” può essere considerata “dumping fiscale? Secondo gli esperti di diritto, no. L’abuso, disciplinato dall’articolo 10-bis dello Statuto dei diritti del contribuente, si verifica quando si creano costruzioni artificiali, come una società in un paradiso fiscale, senza che abbia una reale attività economica, con il solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale indebito, dicono gli esperti.

Si tratta invece di legittimo risparmio d’imposta quando rappresenta la libertà del contribuente di scegliere, tra diverse opzioni offerte dalla legge, quella fiscalmente meno onerosa. La giurisprudenza ha più volte confermato che se un ordinamento prevedere un’alternativa vantaggiosa, come un regime fiscale di favore per attrarre residenti o il trasferimento di sede in una provincia a fiscalità agevolata, non si può parlare di abuso. Le politiche italiane di attrazione rientrano in questa seconda categoria, essendo regimi opzionali e trasparenti, ben lontani da costruzioni artificiali e prive di sostanza economica, dicono gli esperti di diritto.

Il nervo scoperto della normativa europea: i veri paradisi fiscali impuniti

Invece alcuni Stati membri dell’Ue hanno costruito la loro intera economia su una concorrenza fiscale aggressiva, offrendo aliquote societarie irrisorie e accordi fiscali segreti (i cosiddetti tax ruling) a grandi multinazionali. Sono queste pratiche semmai a erodere le basi imponibili di altri paesi, come l’Italia e, per ironia della sorte, la stessa Francia, spostando miliardi di euro di profitti verso giurisdizioni a tassazione quasi nulla. L’attacco di Bayrou non solo quindi appare infondato verso l’Italia, ma anche fuori tema rispetto a una battaglia europea ben più ampia, dove la Francia stessa avrebbe tutto l’interesse a collaborare con l’Italia per un fisco più equo e coordinato.

Le istituzioni si stanno già muovendo. L’Ocse ha anche lanciato il progetto Beps (Base erosion and profit shifting) proprio per contrastare questo fenomeno, mentre la Global minimum tax, una direttiva europea, recepisce un accordo globale per introdurre un’imposizione minima del 15% sui profitti delle grandi imprese.

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