Condividi

Francesco Starace, Enel: “Auto elettrica, è l’anno della svolta”

INTERVISTA DEL WEEKEND – L’Ad e direttore generale del gruppo spiega il cambio di passo sulla mobilità elettrica: 12.000 colonnine di ricarica entro il 2019, un piano nazionale calibrato su 360.000 veicoli in circolazione contro i 6 mila attuali. “Tutti i produttori hanno annunciato modelli a 500 km di autonomia nel 2018, non ci troveranno impreparati”. Il ritorno sull’Ebitda? “Può diventare importante tra 5 o 6 anni”. Gli sviluppi in Spagna e Sud America.

Francesco Starace, Enel: “Auto elettrica, è l’anno della svolta”

Auto e mobilità elettrica, il 2017 sarà davvero l’anno della rivoluzione nei trasporti? Francesco Starace, amministratore delegato e direttore generale di Enel che ha annunciato mercoledì un piano di investimenti da 300 milioni per lo sviluppo dell’infrastruttura di ricarica in Italia, risponde così: “La mobilità elettrica per realizzarsi richiede l’intervento di molteplici attori. Noi guardiamo le cose dal nostro punto di vista, quello di un gruppo che opera in tutti i Continenti per vendere e distribuire elettricità. Di sicuro per noi sarà l’anno di svolta: finora abbiamo agito su richiesta delle singole amministrazioni; ora invece abbiamo sviluppato un piano organico nazionale che proporremo noi alle istituzioni locali per le necessarie autorizzazioni”.
 
La svolta dunque c’è anche se i numeri possono sembrare piccoli – 300 milioni – per un gruppo che ha in programma di investire per la crescita 5,2 miliardi nelle rinnovabili e 5,8 miliardi nelle reti nel triennio 2017-19. La vera novità è che l’investimento è calibrato sull’attesa di un mercato da 360.000 auto elettriche a fine triennio. Un vero balzo in avanti considerato che oggi sono 6.000 e rappresentano appena lo 0,01% di quelle in circolazione. In questo caso, infatti, è la prospettiva quella che conta. “Il ritorno sull’Ebitda – ammette per primo Starace – è marginale nel breve ma potrebbe diventare molto importante nel giro dei prossimi 5 o 6 anni”. Da qui la decisione di prendere il toro per le corna e anticipare il business atteso per il 2018 quando le case automobilistiche rilasceranno i nuovi modelli elettrici già annunciati. Il piano per la mobilità green è dunque pronto, non riguarderà solo l’Italia e Francesco Starace ne spiega dettagli, tempi e obiettivi in questa intervista con FIRSTonline. 
 
Ingegner Starace, ad aprile partono gli investimenti. Su chi ricade il costo dell’operazione, come lo finanzierete, con quale articolazione geografica? 
 
“Si tratta di 300 milioni che finanzieremo in parte con fondi europei, in altra parte il costo sarà a carico dei rifornimenti che di volta in volta faranno i clienti. Non ricadrà dunque sulle bollette elettriche. Le circa 12.000 colonnine che installeremo in due-tre anni saranno sia a ricarica veloce che normale, e ci piacerebbe che fossero tutte abilitate per la tecnologia Vehicle to Grid (V2G), in grado cioè di prelevare ma anche di restituire, vendendola, energia alla rete secondo un brevetto che siamo gli unici ad avere realizzato e che stiamo già sperimentando con successo in Uk e Danimarca. Tale servizio non è al momento regolato in Italia, ma vorremmo poterlo sviluppare anche nel nostro Paese”. 
 
Autostrade o città: dove sistemerete i punti di ricarica? 
 
“Tutti gli 8 mila Comuni italiani avranno le colonnine di ricarica, nessuno escluso; tutte le autostrade ne saranno dotate in ragione di 1 impianto ogni “X” chilometri e così le strade statali e le città dove sottoscriveremo anche accordi con i distributori di carburanti, sul modello di quello fatto con Api. Questo per quanto riguarda la rete pubblica, progettata per rendere possibile un viaggio da Nord a Sud senza intoppi. A questa andranno poi aggiunti i punti di ricarica privati e quelli presso alberghi o centri commerciali, supermercati e così via”. 
  
Viene prima l’infrastruttura o i servizi? Nelle telecomunicazioni, l’assenza di una rete in banda ultra larga – che adesso anche voi state contribuendo a realizzare –  ha frenato l’avvio dei servizi più innovativi in Italia. Nella mobilità elettrica? 
 
“Non c’è dubbio che nella mobilità viene prima l’infrastruttura: nessuno compra un’auto elettrica se non è certo di poter fare il rifornimento. Il costo dell’infrastruttura, oltretutto, non è stratosferico perciò non è un problema iniziare. I numeri attuali sui veicoli elettrici in circolazione sono troppo piccoli per essere significativi ma vediamo che tutte le case automobilistiche, nessuna esclusa, hanno annunciato modelli con 500 km di autonomia in consegna nel 2018. Per questo vogliamo anticipare e realizzare la rete in tempo per recepire il nuovo afflusso di auto sul mercato”. 
 
Attualmente circolano in Italia 6.000 auto elettriche, lo 0,01% dei veicoli mentre in Norvegia sono il 25% e in Olanda il 10%. Siamo già in ritardo? 
 
“In quei Paesi hanno avuto un ruolo significativo gli incentivi concessi dai governi ma non direi che l’Italia sia in una posizione di svantaggio competitivo. Anzi, dal punto di vista tecnologico siamo tra i primi in Europa e possiamo candidarci ad una leadership nel settore. L’ultimo rapporto, presentato mercoledì scorso con Symbola, mostra che un incredibile numero di aziende piccole, medie e grandi si occupano di mobilità elettrica in Italia. C’è l’inizio di una potenziale filiera che può dare ottimi risultati”. 
 
L’interoperabilità tra i diversi tipi di colonnine e operatori è un sogno o è possibile? Il fatto di pagare la ricarica elettrica con un’unica carta ovunque uno la faccia, sarebbe un bel traguardo Ing. Starace, non crede? 
 
“Eppure è quel che succede oggi nel settore petrolifero. Ad esempio, nessuno usa la carta Agip anche dal distributore IP. Nel nostro caso, abbiamo un vantaggio: partendo da zero, l’interoperabilità non è difficile da realizzare; dal punto di vista tecnologico è già possibile e finiremo per pagare tutto tramite il telefonino. Piuttosto, è fondamentale che vi sia uno standard comune europeo sugli spinotti in modo di non andare in giro con le auto piene di adattatori. Su questo è già aperto un tavolo di coordinamento con i vari distributori nella Ue”. 
 
Il Vehicle to grid, diceva, sta funzionando all’estero. Vendere elettricità alla rete, oltretutto, riduce il costo dell’auto. Un’alternativa all’incentivo? 
 
“Non c’è dubbio che sia un facilitatore economico così come lo sono l’accesso ai centri urbani, il parcheggio gratuito, la possibilità di circolare nelle giornate di blocco del traffico o altre iniziative ancora. Inoltre l’incentivo una tantum funziona se si acquista l’auto ma nel settore elettrico la modalità del leasing è più adatta a seguire il velocissimo avanzamento tecnologico dei modelli. Abbiamo fatto dei test con i nostri dipendenti in Spagna e Italia con grande successo”. 
 
L’Italia – con Roma, Torino e Milano – è nel mirino della Ue per il troppo smog tanto che rischiamo, con Londra, Parigi e Berlino, una procedura infrazione se nei prossimi due mesi non si porrà rimedio. Le nostre città sono camere a gas ma l’auto elettrica risolve il problema o solo lo trasferisce verso i centri di produzione elettrica? E basta intervenire sui privati senza intaccare il nodo del trasporto pubblico? 
 
“La decarbonizzazione avviene a livello dei consumi di energia. L’efficienza end to end di un motore a combustione è del 17-19%, quella di un motore elettrico è del 36% circa. Quindi, a parità di mix di produzione elettrica – e il nostro modello è basato su un 40% di fonti rinnovabili oggi in Italia – tagliando i trasporti tradizionali si dimezza la Co2. Naturalmente, più cresce la quota di rinnovabili nella produzione elettrica, più vantaggiosa diventa la sostituzione dei motori a combustione  interna con motori elettrici. E, per quanto riguarda Enel, consideriamo realistico raggiungere un orizzonte 100% rinnovabile a livello globale nell’arco dei prossimi 30 anni. Finora abbiamo parlato del trasporto privato; ma la convenienza è ancora maggiore in quello pubblico: i bus elettrici sono una realtà già disponibile e sono competitivi. Il loro utilizzo passa dalle amministrazioni locali e dal loro grado di conoscenza sui vantaggi in termini di miglioramento atmosferico ma anche di rumore, benessere per la collettività. Per capirci: a Firenze ci sono più colonnine che nella media italiana, Roma non è messa male, Milano se la cava, ma manca una policy nazionale: tutto è lasciato alle sensibilità locali. E non sempre ci sono”. 
 
L’Italia farà dunque da apripista sulla mobilità elettrica nei programmi di Enel. La tappa successiva? 
 
“Enel opera in tutto il mondo e possiamo replicare altrove l’esperienza fatta qui in Italia. Il Sud America, e penso a città come Bogotà, Santiago, Rio dove siamo presenti, è molto avanti sul trasporto pubblico. In Spagna, invece, il tema del trasporto privato è più sentito. Nell’arco dei prossimi due mesi daremo il via ad una nuova business line globale che si occuperà di tutte le offerte ai clienti diverse da luce e gas: efficienza energetica, illuminazione, Internet of Things, domotica e mobilità elettrica, appunto. Il suo compito sarà proprio quello di realizzare l’innovazione e trasferire nei vari Paesi in cui operiamo le esperienze maturate di volta in volta”.

Commenta