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FORUM AMBROSETTI – Frenkel: “La Borsa della Cina non è lo specchio della sua economia”

FORUM AMBROSETTI – Secondo il presidente di JP Morgan, Jacob Frenkel, la crisi cinese è stata troppo drammatizzata: in realtà la Cina sta cambiando modello di sviluppo e la Borsa non è lo specchio della sua economia – Fra 3 o 4 anni la Cina darà ancora soddisfazioni mentre i produttori di commodity devono cambiare musica – Piccoli aumenti per i tassi Usa

FORUM AMBROSETTI – Frenkel: “La Borsa della Cina non è lo specchio della sua economia”

A Cernobbio è la crisi cinese il maggior timore tra gli imprenditori riuniti a porte chiuse nella prima giornata di workshop Ambrosetti. Il rallentamento del Dragone preoccupa infatti il 36,2% dei partecipanti interpellati in un sondaggio estemporaneo durante i lavori del Forum. Il 25,2% è più preoccupata della frenata di alcuni mercati emergenti. Se la crisi russo-Ucraina mette in allerta il 15,8%, l’Isis e il Fondamentalismo islamico, la crisi mediorientale e l’emergenza migranti si fermano ciascuno sotto il 10%.

Per Jacob A. Frenkel, presidente di JP Morgan Chase International, ed ex governatore della Banca d’Israele, la crisi cinese è una correzione dovuta a una scelta ben precisa del governo di Pechino e il crollo dei mercati non va drammatizzato, anzi in alcuni casi può essere desiderabile.

FIRSTonline – Mr Frenkel, cosa ne pensa della crisi cinese?
FRENKEL – Lo sviluppo in Cina ha creato molte sfide. La prima arriva dal rallentamento dell’economia reale; la seconda dal settore finanziario che ha subito una decisa caduta del mercato azionario e che è una sfida separata dalla prima anche se è collegata ad essa. La Cina è cresciuta per molti anni a un tasso spettacolare, ma il modello di crescita era sbilanciato, era export led, il motore era l’export, e ha causato in molti casi tensioni internazionali. Si trattava di un modello insostenibile perché si basava troppo sulla domanda estera e con molte vulnerabilità. Si doveva fare troppo affidamento sui Paesi produttori di commodity per comprare le materie prime necessarie per la produzione. La Cina ha deciso, perché si è trattato di una decisione, di cambiare il modello di crescita e di spostarlo verso la domanda domestica, di spostarlo dalla manifattura ai servizi. Una scelta che nel lungo periodo sarà positiva ma che nel breve termine causa tensione. Ora la Cina importa meno commodity dal resto del mondo e questo si trasmette negativamente sui mercati emergenti. Per questo abbiamo visto il calo dei prezzi delle commodity. Se uno pensa che nel lungo termine questo cambio è positivo, il costo della transizione deve essere interpretato come costo di aggiustamento e non come una crisi. Ma anche i Paesi produttori di commodity devono imparare ad avere una economia molto più diversificata. Ne sono consapevoli ma certo non ne sono felici. La direzione è chiara.

FIRSTonline – Si può quindi scommettere ancora sulla forza di Pechino?
FRENKEL – In 3-4 anni farà molto meglio la Cina che i produttori di commodity. La ragione per cui la Cina sarà comunque un gigante nel medio termine è la demografia e l’urbanizzazione di ancora moltissima popolazione che vive nelle campagne e che si sposterà verso le città. Questo è il motore della crescita. La taglia conta.

FIRSTonline – E il settore finanziario?
FRENKEL – La seconda sfida arriva dal settore finanziario che sta sperimentando una correzione massiccia che si è verificata in più fasi. All’inizio venivamo da un aumento esagerato nel mercato azionario, completamente non ragionevole, i p/e della Cina erano diventati troppo alti e non erano allineati con il resto del mondo. Aumentare gli utili era complicato, quindi a scendere sono stati i prezzi. Dal momento che l’economia ha iniziato una trasformazione verso i servizi, sono stati i settori dell’energia e del cemento a collassare. Molti dei titoli quotati erano di questi settori. Questo ha creato il panico e il Governo che ha tentato di contrastarlo ma non ha avuto successo. Quindi la prima fase della correzione ha riguardato un aggiustamento non completamente compreso.

FIRSTonline – E poi cosa è successo?
FRENKEL – La seconda fase, dopo l’aggiustamento non compreso, è appunto quella del panico. Che si è diffuso a livello internazionale. Personalmente credo che questo processo sia una correzione, chiaramente una mossa verso un nuovo territorio, ma che bisogna affrontare. Bisogna tenere però presente che il mercato azionario cinese non è lo specchio dell’economia cinese. L’economia cinese è molto più grande e diversificata del mercato finanziario. Dovremmo capire che le correzioni anche se dolorose in alcuni casi non sono non desiderabili. E i governi dovrebbero mitigarle ma non tentare di opporsi in modo massiccio.

FIRSTonline – Cosa si aspetta sul fronte dei tassi Fed?
FRENKEL – La stessa Fed ha annunciato che vuole normalizzare la situazione dei tassi e che lo farà in una sequenza di passi molto piccoli, misurati, per non scuotere il sistema. Inizierà quando sarà convinta che le condizioni normali sono in atto: la crescita, il mercato del lavoro e l’inflazione. Su tutti questi tre fronti la Fed è molto vicina alle condizioni normali.
E i dati pubblicati oggi (ieri Ndr.) non cambiano lo scenario. Non ritengo sia interessante sapere se sarà a setetmbre, ottobre o novembre. Fra due anni la normalizzazione sarà in atto. Non bisogna esagerare il dramma se si tratterà di settembre o ottobre. Ritengo che, dopo qualche giorno di confusione, la decisione della Fed sarà vista come positiva dal mercato perché significa che la Fed considera la crescita robusta.

FIRSTonline – C’è chi ritiene che le recenti mosse del governo cinese sullo yuan siano più collegate alla futura stretta della Fed che al tema della crescita.
FRENKEL – Nessun sta parlando di un aumento drammatico dei tassi, si parla di un massimo di 0,25 punti base per volta. Quindi questo non può aver giustificato la mossa sullo yuan, è una questione di ordini di grandezza, non c’è corrispondenza tra le due mosse. La decisione valutaria cinese è più collegata al tema della crescita e al settore finanziario. La Cina aspira a uno yuan importante a livello internazionale. Se vuoi che una moneta sia mondiale devi permettere sia guidata dalle forze di mercato. La Cina ha deciso di permettere una maggiore flessibilità ma ha dovuto aggiustare il tiro e ci sono stati stop and go che hanno aumentato l’incertezza. Ma non mi preoccupa, è parte della correzione.

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