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Fmi all’Italia: allarme debito e rischio contagio per Eurozona

Il Fondo peggiora le previsioni sull’andamento del rapporto debito-Pil italiano e avverte: “Serve un consolidamento credibile e notevole nel medio termine” – L’espansione economica globale “non durerà” e la prossima crisi potrebbe essere innescata dall’inflazione Usa o da una Hard Brexit

Fmi all’Italia: allarme debito e rischio contagio per Eurozona

I conti dell’Italia sono destinati a peggiorare e la speculazione sul debito pubblico del nostro Paese rischia di contagiare anche il mercato degli altri bond sovrani europei. È un quadro a tinte fosche quello dipinto dal Fondo Monetario Internazionale, che nel suo ultimo “Rapporto sulla stabilità finanziaria globale”, pubblicato oggi in occasione degli incontri annuali in corso a Bali, torna a parlare di “rischio Italia”.

Secondo l’Fmi, “l’incertezza sulle politiche di bilancio ha riportato l’attenzione sulla connessione tra banche e rischio sovrano, un importante canale di trasmissione del rischio”.

Se le preoccupazioni del mercato sulle politiche di bilancio dovessero riemergere, “c’è un rischio di riaccensione in Italia del legame titoli di Stato-banche per effetto dei titoli di Stato in portafoglio delle banche italiane e per effetto della loro esposizione all’economia domestica – si legge ancora nel Rapporto – In tale scenario, le tensioni del mercato possono allargarsi ad altri mercati dei titoli sovrani in Europa, come accaduto durante la crisi del debito sovrano”.

DEBITO/PIL ITALIA: LE STIME PEGGIORANO, DIETRO SOLO A GIAPPONE E GRECIA

Il Fondo ha peggiorato le sue previsioni sul rapporto tra il debito e il Pil in Italia tra il 2018 e il 2023. Dopo aver chiuso il 2017 al 131,8%, il dato dovrebbe scendere al 130,3% nel 2018 e non più al 129,7%, come stimato in precedenza. Nel 2019, invece, è atteso un calo al 128,7% e non più al 127,5%. L’istituto guidato da Christine Lagarde stima per il 2020 un dato al 127,6% (più alto rispetto al 124,9% previsto la scorsa primavera); per il 2021 al 126,7% (la stima era al 122,1%) e per il 2022 al 125,8% (dal 119,3%). Infine, per il 2023 (l’anno a cui si fermano i calcoli del Fondo) la previsione è pari a un 125,1% e non più al 116,6% calcolato in primavera.

Nel 2017 gli unici paesi al mondo ad aver fatto peggio dell’Italia sono stati il Giappone, con un debito/Pil al 237,6%, e la Grecia, al 181,8%. Meglio dell’Italia il Portogallo (125,7%).

ALL’ITALIA SERVE CONSOLIDAMENTO “CREDIBILE E NOTEVOLE”

Sul piano della politica fiscale, il Fondo ritiene che all’Italia serva un “consolidamento credibile e notevole nel medio termine, necessario per salvaguardare i conti pubblici e mettere il ratio debito/Pil saldamente su una strada in discesa”. Lo ha detto Vitor Gaspar, il direttore del dipartimento degli Affari fiscali del Fondo monetario internazionale.

L’ESPANSIONE ECONOMICA NON DURERÀ, RISCHI PIÙ VICINI: PREPARARSI

I rischi, peraltro, non riguardano solo l’Italia. L’espansione attuale dell’economia “non durerà per sempre – ha continuato Gaspar – I rischi si avvicinano e alcuni si sono già materializzati: è ora di usare l’espansione ciclica per creare lo spazio fiscale per potere meglio affrontare la prossima crisi”.

PROSSIMA CRISI POTREBBE ESSERE INNESCATA DA BALZO INFLAZIONE USA E BREXIT

E da cosa potrebbe essere innescata questa prossima crisi? Secondo l’Fmi, le cause più probabili sono due: una hard Brexit o un balzo inatteso dell’inflazione in Usa che costringerebbe la Federal Reserve ad alzare i tassi più rapidamente del previsto. È stato Tobias Adrian, direttore del dipartimento Monetario e dei mercati dei capitali del Fondo monetario internazionale, a dirlo.

Nel dettaglio, l’esperto ha elencato le tre vulnerabilità. La prima è data dal livello del debito nel settore non finanziario, arrivato intorno “al 250% del Pil”. La seconda è legata a un “deterioramento” degli standard di sottoscrizione di prestiti e mutui anche se le banche “sono più sicure” rispetto a 10 anni fa, quando esplose la peggiore crisi finanziaria dalla Grande Depressione degli anni ’30 del secolo scorso. La terza vulnerabilità, ha continuato Adrian, è legata alla Cina dove “la corsa del debito è stata particolarmente veloce” e dove c’è il problema dello shadow banking. Le autorità di Pechino “sanno che rappresentano un rischio e hanno agito con misure che supportiamo”.

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