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Fiori, produrre energia riciclando quelli appassiti

DA ENIDAY- Verso la fine degli anni Ottanta un cantante franco-canadese, Michel Pascal, cantava una canzone di successo, che riempiva le radio di automobili, negozi, bar e cucine domestiche. Il titolo era Les fleurs fanées, i fiori appassiti, che l’autrice del testo, Eve Allon, vedeva disseminati ovunque nel racconto, tra il melodico e lo strappa lacrime, della fine di un grande amore. I fiori appassiti, in effetti, sembrano sinonimo di tristezza…

Fiori, produrre energia riciclando quelli appassiti

Forse perché sono la fine di qualche cosa, sono quel che rimane in ricordo della vita che è stata, dei colori smaglianti, del velluto dei petali. Ora, fuor di metafora, proviamo a immaginare che cosa può accadere se i fiori appassiti non sono qualche bel mazzo disposto in casa, ma qualche decina di tonnellate, stesi religiosamente sulla superficie di un lentissimo fiume che scorre innanzi ad un tempio. Proviamo a immaginare, giusto per fare un esempio tanto reale quanto concreto, che cosa accade ogni anno, dal 6 al 14 aprile, in occasione del Chaitra Navratri, a Ujjain, nello stato indiano del Madhya Pradesh, quando il fiume Shirpa viene letteralmente coperto da molti milioni di fiori votivi lasciati a galleggiare innanzi al tempio di Mahakaleshwar.

Anzi, proviamo a immaginare che cosa succede finite le cerimonie. I fiori si decompongono, ovviamente. E, una volta rilasciati sulla superficie del fiume, costituiscono una seria minaccia ambientale, vuoi per il loro sia pur limitato carico di fitofarmaci, vuoi per le materie organiche che risultano dalla loro decomposizione, che contribuisce alla proliferazione delle alghe che, a loro volta, provocano una riduzione dell’ossigeno disciolto nelle acque, mettendo così in pericolo la fauna acquatica.

Petali di denaro

I fiori putrefatti sono un serio problema per molti dei grandi fiumi che solcano l’India. Sono dei nidi di microbi e di effluvi nauseabondi e contribuiscono alla propagazione di numerose malattie infettive. Eppure, questi fiori rappresenterebbero anche un formidabile potenziale economico. Gli oli essenziali di fiori come la rosa, la champaca o il gelsomino sono infatti molto ricercati per la produzione di profumi, cosmetici o bastoncini di incenso. Non solo: con i fiori appassiti si possono realizzare pigmenti e tinture, sciroppi e acidi organici, biogas e biocarburanti.

Si possono realizzare composti di eccellente qualità adatti alla fertilizzazione di colture ad elevato valore aggiunto ovvero per concimare i giardini degli stessi templi. Sfruttando i fenomeni di decomposizione si può produrre combustibile con il quale generare elettricità nelle zone più isolate del paese. Insomma: le idee per recuperare le risorse nascose in un fiume di fiori appassiti sono numerosissime. E ora qualche cosa si sta muovendo in questa direzione: in alcune regioni del paese sono state avviate attività per riciclare in vario modo queste risorse.

Templi sostenibili

Alcuni templi sono ormai all’avanguardia in questo senso. Ad esempio, al tempio Siddhivinayak Ganapati hanno iniziato a raccogliere i garofani utilizzati durante le cerimonie per estrarne i pigmenti utili per colorare i ladoos, i dolcetti di farina e sciroppo di zucchero, e per produrre le polveri colorate che si adoperano per disegnare il bindi e il sandoor, il classico disco tra gli occhi e la riga all’attaccatura dei capelli che le donne sono solite portare.

I fiori che quotidianamente i fedeli depongono ad Ajmer Sharif, nel Rajastan, uno dei luoghi di culto più famosi dell’India, vengono raccolti ed utilizzati per produrre compost: due macchinari, offerti dalla società mineraria Hindustan Zinc, che opera nella regione, permettono di produrre 25 chilogrammi di compost di elevata qualità per ogni quintale di fiori appassiti.

Analogamente, la Coal India LTD ha avviato due impianti presso i templi di Dakshineswar Kali e di Babadham a Deogar, nel Jhrkhand, per la produzione di fertilizzanti biologici. A Delhi, otto luoghi di culto si sono dotati di macchine che permettono di riciclare le offerte di fiori per produrre compost, mentre, per combattere l’inquinamento del Gange, la società HelpUsGreen ha convinto numerosi templi di Kanpur e delle regioni limitrofe a raccogliere i fiori appassiti e a conferirli ad una nuova piccola impresa che produce bastoncini d’incenso.

Per il momento si tratta di casi esemplari, ma diverse associazioni non governative ed alcune imprese si stanno ormai muovendo in questa direzione e contano di coinvolgere le autorità regionali con l’obiettivo di arrivare ad un più diffuso riutilizzo dei fiori. Anche il ministero indiano dell’Ambiente si sta muovendo in questa direzione con la definizione di linee guida, affinché le diverse amministrazioni regionali sviluppino campagne di informazione sul riciclaggio di questo fiume floreale.

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