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Fca reagisce al Dieselgate: “Non siamo come Volkswagen”

Dura replica di Marchionne al fulmine a ciel sereno delle accuse delle autorità americane (di nomina obamiana) sulla manipolazione dei dati sulle emissioni di 104 mila veicoli e a Wall Street Fca recupera in parte su Piazza Affari – Ubi e Unicredit sotto i riflettori – Arretra Mediaset – Mediobanca promuove Hera

“Chi fa paragoni tra noi e la Volkswagen ha fumato qualcosa di illegale”. Non è arretrato di un passo Sergio Marchionne dopo lo scoppio della crisi probabilmente più grave nel suo governo pluridecennale di Fiat, esplosa proprio mentre il titolo stava toccando la quotazione record da 18 mesi e riprendeva quota l’ipotesi di un’alleanza con Gm o un altro Big, sotto l’occhio benevolo di Donald Trump.

Invece, è arrivato il brusco risveglio sotto forma di una nota di agenzia dell’Associated Press che riferiva l’accusa delle Authority Usa alla casa italo-americana di aver violato il Clear Air Act, truccando le emissioni di circa 104mila veicoli. L’Epa, l’ente per la protezione ambientale americana, ha sottolineato che Fca potrebbe incorrere in pesanti sanzioni civili: la multa potrebbe ammontare fino a 44.539 dollari per ciascuna delle Jeep Grand Cherokee e dei Dodge Ram con i motori diesel 3.0 degli anni 2014, 2015 e 2016 incriminati per un totale di 4,63 miliardi di dollari circa.

A WALL STREET IL TITOLO CROLLA (-10,3%) MA RECUPERA RISPETTO A MILANO (-16%)

 Un colpo che ha messo ko sia Fiat Chrysler, finita al tappeto a Milano con una perdita del 16% a 8,78 euro, che la controllante Exor (-9,4%). A Wall Street il titolo ha recuperato qualche posizione, chiudendo in serata a 9,90 dollari (-10,3%) da un minimo di 9,2 dollari. Il prezzo corrisponde a circa 9,30 euro. Conseguenze negative anche per Ferrari (-2,22%) e Cnh Industrial (-1,36%).

E adesso? “I target di Fca al 2018 sono confermati”, ha dichiarato Sergio Marchionne nel corso di una conference call, aggiungendo, a proposito di eventuali accantonamenti, che la società spera “proprio di non farne”. Ma è evidente che l’inatteso Dieselgate, contro cui il gruppo si batterà con la massima determinazione, rischia di rimettere in discussione tutte le strategie (e i conti) del gruppo.

OGGI AL VIA LE TRIMESTRALI DELLE BANCHE USA

Il caso Fca è l’ultima pillola avvelenata in arrivo dai ranghi dell’amministrazione uscente. I vertici dell’Epa, nominati da Obama sulla base di un programma ambientale che il neopresidente vede come il fumo negli occhi, hanno chiuso l’inchiesta prima che la Casa Bianca cambi le regole. Un’altra sfida per il Trump, mentre si fa strada, dopo la conferenza stampa (deludente) del presidente di mercoledì, la sensazione che la spinta al rialzo di dollaro e Wall Street per la nomina di Trump si sia già attenuata ancor prima del suo insediamento.

Carl Icahn, il finanziere più vicino al presidente, ha infatti venduto una buona parte delle azioni comprate subito dopo il voto per sfruttare l’effetto vittoria. Ma non è affatto escluso, al contrario, che la corsa al rialzo possa riprendere già oggi, dopo la pubblicazione dei conti di Bank of America e JP Morgan. Sono state le banche a dare il via al rally post-elettorale. Ora, favorite dalla discesa dei debiti accumulate dai produttori di shale oil, i colossi del credito possono fare di nuovo da traino al Toro.

CINA: FRENA L’ATTIVO COMMERCIALE, MA NON VERSO GLI USA

Meteo Borsa prevede una chiusura di settimana contrastata. Listini asiatici condizionati dalla discesa dollaro (stamane l’euro tratta a 1,0630 sulla valuta Usa +0,8% in settimana). Avanza la Borsa di Tokyo (+0,5%), Hong Kong +0,4%. Sulla parità Shanghai. Seul -0,5%, Sidney -0,7%.

La bilancia commerciale cinese segnala un calo delle esportazioni del 6,1% per il 2016, peggiore del previsto. Arretra anche l’import (-3,3%). L’attivo commerciale si è così ridotto a 40,82 miliardi di dollari. Ma salgono gli scambi con gli Usa (+5,5%) e con la Corea, mentre frenano quelli con l’Unione europea (-4,7%) e con il Giappone (-5,5%).

Chiusura in rosso per le Borse americane, prudenti alla vigilia dell’avvio della stagione delle trimestrali; l’indice Dow Jones (-0,32%) ha rinviato ancora una volta la scalata a quota 20.000 (chiusura a 19.891). In ribasso anche l’S&P 500  (-0,21%) e il Nasdaq (-0,29%) dopo sette sedute al rialzo. Peggiore blue chip Disney, con un ribasso dell’1,8%.

Il presidente della Fed di Saint Louis, James Bullard ha affermato in un’intervista ieri alla televisione Cnbc che per i repubblicani è arrivato il momento di passare dai proclami elettorali all’azione. Bullard ritiene che non ci siano in questo momento delle ragioni forti per intervenire sul costo del denaro. 

Risale il petrolio per effetto dei tagli alla produzione di Arabia Saudita e Russia e dell’aumento della domanda cinese. Il Brent tratta poco sopra i 56 dollari (+1,7%), Wti a 53,01 dollari. In ribasso i titoli del settore a Piazza Affari: Eni -0,5%, Tenaris -1,2%, Saipem-2,8%. Banca Akros ha alzato il target price sull’azione da 0,43 a 0,49 euro.

SU MILANO, MAGLIA NERA, PESA LA SCUDERIA AGNELLI

Il caso Fiat Chrysler ha pesantemente condizionato Piazza Affari, annullando l’effetto positivo del miglioramento della produzione industriale. I mercati attendono oggi il verdetto dell’agenzia di rating Dbrs sul debito italiano. Tocca a Milano la maglia nera di giornata. L’indice Ftse Mib ha chiuso a -1,69% a 19.156 punti accelerando al ribasso nell’ultima parte della seduta.

Più modesto ma sensibile anche il calo di Francoforte (-1,01%). Parigi -0,61%, invariata Madrid. Un modestissimo rialzo dello 0,03% ha consentito a Londra di aggiungere un’altra seduta positiva alla sua striscia record (13 rialzi di fila).

L’andamento decisamente migliore delle attese registrato dalla produzione industriale italiana nel mese di novembre offre supporto al Pil nell’ultimo trimestre del 2016, anno in cui l’economia italiana potrebbe aver sfiorato una crescita dell’1%. La produzione ha segnato un aumento di 0,7% su mese dopo il +0,1% di ottobre, dato rivisto al rialzo dalla variazione nulla indicata inizialmente. La mediana delle attese degli analisti prospettava per novembre una crescita di 0,3% su base mensile.

DBRS, OGGI LA PAGELLA SUL DEBITO ITALIANO. ALLO STUDIO UN BTP 15

Sul fronte del mercato del debito la prospettiva di una prossima emissione di un Btp a 15 anni ha condizionato la seduta. Le voci sul nuovo titolo che potrebbe essere emesso già la prossima settimana hanno spinto lo spread Btp/Bund fino a un massimo di seduta di 167 punti base. Il tasso del decennale è salito fino a quota 1,91%.

Il lancio del nuovo 15 anni è comunque soggetto all’esito della revisione da parte di Dbrs del rating sovrano A(low) dell’Italia, per un possibile taglio. Una revisione al ribasso da parte di Dbrs avrebbe la conseguenza di estromettere l’Italia dalla categoria di rating massima nei rapporti con la Bce, comportando un peggioramento delle condizioni applicate da Francoforte sui titoli di Stato italiani utilizzati come collaterale.

Il Tesoro ha collocato ieri l’importo massimo in asta di Btp a 3,7 e 20 anni. I rendimenti sono scesi per il 3 e il 7 anni, mentre è risultato in rialzo sul ventennale.

VOLA UBI GRAZIE ALLE GOOD BANKS, VIA LIBERA ALL’AUMENTO UNICREDIT

Giornata campale per il settore bancario: l’indice di settore ha ceduto l’1,2%. In forte ribasso sia Intesa (-1,4%) che Mediobanca (-2,4%).

La spinta positiva è arrivata da Ubi, in rialzo del 9% e ai massimi da giugno. La Banca ha comunicato di aver offerto un euro per le tre banche salvate a fine 2015, Nuova Banca Marche, Nuova Banca Etruria e Nuova Carichieti. L’offerta è vincolata alle seguenti condizioni: le tre banche devono liberarsi di 2,2 miliardi di euro di crediti deteriorati e devono portare a termine un aumento di capitale da 450 milioni di euro a carico del fondo di risoluzione. Ubi procederà a una ricapitalizzazione per 400 milioni per mantenere il Cet sopra l’11%. Non ci sono differenze rispetto alla prima offerta, segno che la Bce non ha chiesto altro.

L’assemblea dei soci di UniCredit (-1,7%) ha approvato l’aumento di capitale da 13 miliardi con una maggioranza bulgara: il l 99,6% del capitale presente ha detto sì al piano dell’ad Jean Pierre Mustier, che si è detto “estremamente fiducioso” sull’esito dell’operazione aggiungendo però che “bisogna lavorare sodo”.

Da lunedì cominceranno gli incontri con numerosi potenziali sottoscrittori. Il vice presidente Luca Montezemolo ha affermato che ci sono stati dei contatti con il fondo Aabar, azionista della banca con il 5%, in merito alla partecipazione alla sottoscrizione delle nuove azioni. I riscontri sono positivi, ma nessuna decisione è stata presa.

Critico il presidente della Fondazione CariVerona, Alessandro Mazzucco che, nel confermare il voto positivo, ha però voluto sottolineare “lo sconcerto nel cogliere che il Cda ci invita a una operazione sicuramente preoccupante e molto ponderosa mentre fino all’inizio della scorsa estate continuava a manifestare piena e incondizionata fiducia al management di allora e a rassicurare che le cose erano sotto controllo, che le sofferenze erano stabili o in calo e che la qualità del credito era in costante miglioramento”.

Tra gli assicurativi, Generali -1,2%, Unipol Sai -2,9% (il titolo è uscito dalla lista dei preferiti di KeplerCheuvreux). Prese di beneficio anche nel risparmio gestito: Azimut -2,2%, Banca Mediolanum -2,2%.

ARRETRA MEDIASET (-4%), L’AGCOM: SALE IL PESO DELLE TV

Tonfo di Mediaset (-3,99%) dopo la secca smentita di Fininvest alle voci su un possibile accordo con Vivendi che aveva spunto al rialzo le quotazioni. Kepler Cheuvreux (target da 2,8 a 4,1 euro, rating hold) giudica possibile un’eventuale proposta di Vivendi alla holding italiana.

Dall’aggiornamento del Sic (sistema integrato delle comunicazioni) approvato ieri dall’Agcom emerge la crescita del peso dell’area radiotelevisiva. La crescita della tv generalista gratuita, e quindi soprattutto del Biscione, può avere un impatto sul potenziale risiko in atto sul mercato nazionale, limitando lo spazio di Vivendi, forte del 24,7% in Telecom Italia, anche se questa non è considerata una partecipazione di controllo.

Telecom Italia (-1,42%) ha collocato ieri un bond senior a sei anni a mezzo dell’importo di un miliardo, raccogliendo ordini per oltre 2,5 miliardi. Il rendimento è stato fissato in area 240 punti.

MEDIOBANCA PROMUOVE HERA (+3,2%)

Nel resto del listino si è fatto sentire l’effetto delle dichiarazioni di Trump. Leonardo Finmeccanica perde il 3,32% dopo l’attacco di Donald Trump su tempi e costi del programma dei caccia F35.

Restando alle parole di ieri del presidente Usa in pectore, le critiche ai costi dei farmaci hanno inciso su Recordati (-1,94%). Fuori dal paniere principale, l’attacco di Trump ha colpito Pierrel (-5,62%) e BB Biotech (-3%).

In forte evidenza Hera (+3,23%) su cui Mefiobanca Securities ha alzato il prezzo obiettivo da 2,7 a 2,75 euro, confermando la raccomandazione outperform in seguito alla presentazione del piano.

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