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Fave di Carpino: il gusto tenero e saporito del Gargano

Note per le qualità e caratteristiche organolettiche, le fave sono da sempre legate a credenze superstiziose. Una delle varietà più apprezzate è quella di Carpino, Presidio Slow Food, grazie all’elevata versatilità in cucina: in Puglia si mangiano con la cicoria, nel Lazio con il Pecorino e in Liguria con il salame

Fave di Carpino: il gusto tenero e saporito del Gargano

Tenera e saporita, la fava è un legume dalle caratteristiche uniche. Grande alleato dell’alimentazione umana, ha fornito per secoli le proteine essenziali nella dieta contadina in assenza di carne. Tuttavia, a causa dell’aumento di prezzo la loro produzione subì un brusco rallentamento fino a scomparire a fine del ‘900.

In tutta Italia le fave aprono la bella stagione. Ci si riunisce con i propri cari in grandi tavolate e mentre si aspetta la brace, si parte con un antipasto a base di fave. Sono presenti in molti ricettari di tutto il territorio nazionale: al centro, specie nel Lazio, si abbina con il pecorino una combinazione fresca con una nota salata. In Liguria e Piemonte, invece, ci si riunisce per consumarle con il salame. Attualmente abbiamo cinque Presidi Slow Food: la Fava cottoia di Modica, Fava cottòra dell’Amerino, Fava Larga di Leonforte, Fava di Fratte Rosa e, infine, la Fava di Carpino. Il Presidio cerca di tutelarne le antiche modalità di coltivazioni e di incentivarne la produzione.

Le Fave di Carpino

Una delle varietà più apprezzate è quella pugliese, coltivata a Carpino, in provincia di Foggia: terra particolarmente vocava alla crescita del legumi. Le fave venivano coltivate in questo piccolo paese che riforniva tutta la regione. Questo finché il loro prezzo non iniziò a salire e vennero sostituite dalle patate. Ogni 12 agosto si festeggia la Sagra delle fave e dell’olio, evento cardine del carpinese.

Prima degli anni duemila, le fave di Carpino venivano coltivate su una superficie di circa 3-4 ettari, dai contadini Nicola Ortore e Antonio Cannarozzi. Il loro impegno, insieme all’aiuto di Slow Food, ha riportato in vita la coltivazione di questo legume, attualmente coltivata su 10 ettari di terreno con una produzione di 300 quintali annui.

Le Fave di Carpino si differenziano dalle altre varietà per le medio-piccole dimensioni, la fossetta nella parte inferiore e il colore: al momento della raccolta sono verdi poi con il tempo diventano color sabbia. Hanno un’elevata cucinabilità determinata dalla buccia molto sottile e gustosa.

A Carpino, i terreni calcarei e argillosi rendono ottimale la coltivazione delle fave. Il terreno destinato alla fava è molto piccolo, generalmente mezzo ettaro, e la produzione è di nicchia. La semina avviene in ottobre e novembre, senza trattarle o utilizzando concimi e le erbette infestanti vengono eliminate a mano. La raccolta, invece, avviene manualmente nei mesi di giugno e luglio, quando le piantine assumono un color giallastro. Successivamente vengono legate in covoni e lasciate essiccare per poter essere disponibili tutto l’anno. Una volta secche, vengono posizionate sul una porzione di terreno dura e lasciate calpestare dai cavalli, poi si utilizza un forcone per separare le fave dalla paglia e poi vengono lanciate in aria per eliminare le particelle più piccole e leggere grazie alla brezza pomeridiana.

Proprietà organolettiche delle fave

Le fave sono un legume molto nutriente, con un elevato contenuto proteico. Le fave sono povere di grassi, anche se quelle secche sono circa 4 volte più caloriche di quelle fresche. Ricche di carboidrati, vitamina C e sali minerali, quali ferro, potassio, fosforo e calcio. Sono un’ottima fonte di fibre e vegetali importanti nel favorire il buon funzionamento del nostro intestino. Sono anche molto diuretiche e benefiche per l’apparato urinario e per i reni. Inoltre, le fave fresche contengono un’aminoacido che favorisce la concentrazione di dopamina nel cervello: la Levodopa. Questo principio attivo è oggetto di numerosi studi che hanno lo scopo di apportare benefici nei soggetti che soffrono di Parkinson.

Storie e leggende sulle fave

Sembrerà strano, ma dietro le fave ci sono moltissime credenze e proverbi, spesso negative. Si narra che Pitagora preferì farsi catturare dai suoi assassini piuttosto entrare in un campo di fave per salvarsi in quanto il loro consumo intorpidiva la mente e provocava visioni e sogni disturbati.

Nel mondo antico si credeva che le fave fossero un collegamento tra il mondo dei vivi e quello dei morti. Se una fava veniva chiusa in una scatola e sepolta, si credeva che dopo il periodo di gestazione questa si trasformasse in testa di bambino o che diventasse sangue. Dunque, cibarsi di fave voleva dire alimentarsi di carne e sangue dell’essere umano.

Poi c’è il detto “prendere due piccioni con una fava”, ovvero ottenere due vantaggi con un solo mezzo o sforzo minimo. Inoltre, già nel XVI secolo si ammoniva che le fave “gonfiano l’intestino” e che secondo una pratica contadina, questo legume veniva utilizzato per ingrassare il terreno, tramite la tecnica del “sovescio”, in cui si sotterrano le pianti in fiore per arricchire il terreno di azoto atmosferico. Per questo sono simboli di un uomo borioso, pieno di sé.

Nelle terre del Gargano, la notte di san Giovanni Battista, la ragazza in età da marito poneva sotto al cuscino tre fave: una con la buccia, una senza e un’altra mozzicata. Durante la notte ne prendeva una a caso: la prima avrebbe predetto una vita ricca, la seconda una da povera e la terza una vita mediocre.

Le fave in cucina

Crude, secche, appena raccolte: le Fave di Carpino sono molto versatili in cucina grazie alla loro consistenza morbida. Generalmente viene cotta su pignatte in terracotta a fuoco lento ed è presente in molti ricettari del nostro Paese.

Uno dei piatti tipici pugliesi è il fai’ e fogghie, una purea di fave con cicoria bollita. La sera prima, le fave secche e decorticate vengono messe in ammollo. Il giorno seguente si procede sbucciando e tagliando a pezzettini una patata poi messa in pentola con le fave, così da rendere il composto più cremoso. Poi si aggiunge l’acqua fino a coprire abbondantemente il tutto e lasciate cuocere a fuoco lento per un paio d’ore, finché le fave non si sfaldano e diventano un purè. A parte, si procede eliminando le foglie secche e le radici della cicoria e cuocerla in abbondante acqua salata. A cottura ultimata, si scola la cicoria e si sistema nel piatto con la purea di fave, condendo il tutto con un filo di olio extravergine d’oliva.

Altrimenti si possono usare per arricchire insalate, pasta, minestre o stufati. Si possono utilizzare anche in una semplice zuppa, mettendole ammollo e cuocendolo con un soffritto di cipolla, oppure per impreziosire sughi a base di broccoli e pancetta o asparagi, guanciale e pecorino. Con il pesce, invece, si possono ridurre i legumi in purea e usarle come secondo, o insaporire una buona zuppa di cozze e vongole.

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