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Europa, svolta Ursula? La risposta Ue alla Bce fa sperare

Se alle parole della Von der Leyen (“Whatever is necessary”) seguiranno i fatti, per l’Europa potrebbe aprirsi finalmente una nuova stagione e l’unione fiscale sarebbe meno lontana – Cosa può cambiare per Europa e Usa sulla scia dell’emergenza Coronavirus.

Europa, svolta Ursula? La risposta Ue alla Bce fa sperare

Quello a cui mi pare di assistere è un potenziale grande salto di qualità nelle istituzioni europee, in particolare nel ruolo della Commissione. Complice l’emergenza, ex post sembra quasi che Christine Lagarde e Ursula von der Leyen abbiano fatto, magari inconsapevolmente, un gioco di squadra. Giovedì 12, con il suo discorso a molti parso improvvido, Lagarde ha mostrato cosa sarebbe successo senza sostegno UE: alle sue parole che la BCE non avrebbe indossato l’elmetto contro l’aumento dello spread, i mercati si sono avvitati in un vortice impazzito, penalizzando un po’ tutta l’Europa e specie Piazza Affari con un meno 16%. 

E a quel punto, oltre alle tarde rettifiche della BCE, il sostegno è dovuto arrivare da un’altra istituzione. Infatti, venerdì 13, incurante della cabala, von der Leyen ha dichiarato che l’UE aiuterà tutti i suoi membri, in primis l’Italia che è in prima linea, non facendo mancare la flessibilità di budget e gli aiuti concreti per superare la pandemia coronavirus. In risposta, i mercati hanno brindato con un più 7% alla Borsa di Milano e una apprezzabile riduzione dello spread. Perciò, come nelle montagne russe, Lagarde ha favorito la brusca discesa e von der Leyen ha spinto la (parziale) risalita. Ma è possibile che questi fatti siano indizio di una svolta importante? 

È noto che quella europea è un’unione incompleta, ove 19 dei 27 paesi membri condividono la stessa valuta ma non c’è un’unione fiscale né politica. Come segnalato da innumerevoli osservatori non partigiani (es. Paul De Grauwe), questa situazione è altamente instabile e genera la possibilità che un paese membro colpito da uno shock negativo esogeno, non disponendo della capacità di creare moneta in proprio, venga costretto al default del debito pubblico da un attacco speculativo anche se i fondamentali macroeconomici del paese non lo impongono. L’Italia in emergenza coronavirus, costretta al coprifuoco (si spera temporaneo) e a espandere a dismisura la spesa pubblica per evitare la desertificazione della propria economia, si trova proprio in un caso del genere.

Infatti, per quanto far fronte al grande debito pubblico accumulato sia compito difficile, va ricordato che la ricchezza degli italiani è ben superiore al debito pubblico e, quindi, i fondamentali macro sono ancora stabili e soluzioni ordinate del problema del debito sono possibili. Tali soluzioni ordinate sono più agevolmente percorribili quando le condizioni di contesto le favoriscono. Perciò, bene ha fatto il Capo dello Stato a chiedere all’Europa responsabilità e solidarietà per l’Italia. 

La risposta positiva della von der Leyen, che crediamo prima di parlare si sia consultata almeno con Berlino e Parigi, ha dato sollievo immediato. Si dovrà vedere, dopo le parole, se e quanto seguiranno i fatti. Tuttavia, si tratta di un segnale importante. Infatti, un altro fatto noto (cfr. ad esempio gli studi storici di Douglas North) è che le istituzioni nascono soprattutto quando uno stato è in guerra o affronta disastri naturali o tecnologici. Ebbene, il coronavirus è proprio un disastro naturale.

Purtroppo è assai probabile che, nel giro di poche settimane, gli altri paesi europei saranno colpiti da tale disastro in modo simile a quanto ne è stata colpita l’Italia. E allora, se i fatti seguiranno, dovrà nascere un vero budget UE per far fronte alle crisi. Se ciò accadrà si tratterà del primo passo concreto verso l’unione fiscale di cui il progetto europeo ha bisogno. Probabilmente il percorso sarà tortuoso, ma già quel primo passo potrebbe aiutare a sottrarre il malcontento di tanti cittadini europei alle inconcludenti lusinghe sovraniste. E non sarebbe cosa da poco. 

Se confrontiamo quanto, in tale ipotesi, potrebbe accadere in Europa guardando oltre l’Atlantico lo scenario sarebbe favorevole al vecchio continente. Infatti, grazie al suo stato sociale e agli efficaci servizi sanitari nazionali che esso assicura a tutti i cittadini, l’Europa uscirebbe dalla crisi con le costole rotte (un vero salasso demografico ed economico) ma con una significativa crescita istituzionale. Dall’altro lato, con il suo sistema sanitario privato e limitato solo a una parte della popolazione gli USA potrebbero uscire dalla crisi del coronavirus con conseguenze ben più gravi.

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