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Estonia: conti e ICT ok, ma l’export paga la crisi

Si prevede per Tallinn un Pil in calo del 4,5% nel corso di quest’anno, mentre nel 2021-22 dovrebbe riprendersi, con un’espansione del 3,5% grazie al rimbalzo di consumi privati e investimenti.

Estonia: conti e ICT ok, ma l’export paga la crisi

Il Pil dell’Estonia è previsto diminuire in modo significativo nel corso di quest’anno, tuttavia è destinato a riprendersi e dovrebbe tornare al livello del 2019 entro la fine del 2022. Se da una parte il tasso di disoccupazione è aumentato in primavera, per poi stabilizzarsi, la deflazione nel 2020 riflette un calo significativo dei prezzi legati a energia e turismo. Le misure di stimolo fiscale si estenderanno fino al 2021 mantenendo il disavanzo di bilancio a un livello elevato, anche se la Commissione Europea prevede il debito pubblico rimanere il più basso dell’UE (dall’8,4% del Pil nel 2019 a oltre il 26% del Pil entro il 2022). L’Estonia ha sperimentato una delle deflazioni più significative nell’Area Euro nella prima metà di quest’anno, a causa del calo dei prezzi di carburanti e servizi, amplificato dall’abbassamento temporaneo delle accise sul gasolio a partire dal 1o maggio 2020 per due anni. L’inflazione complessiva è prevista in media a -0,5% per quest’anno per rimbalzare in seguito a circa +1,5% nel 2021 e poi di oltre il 2% l’anno successivo, quando verrà riapplicata un’accisa maggiore sul diesel.

Nel secondo trimestre 2020 il Pil è diminuito di circa il 7% rispetto all’anno precedente: a soffrire di più sono stati consumi privati e investimenti, in calo rispettivamente dell’8% e 15%. Tuttavia, la riduzione di attività e importazioni è stata ammorbidita dall’intervento della spesa pubblica: le importazioni erano in una fase di stallo dovuta del calo degli investimenti in veicoli a motore e macchinari, ma anche a causa del calo del consumo di carburante. In estate, quando le restrizioni sono state rimosse, l’economia ha recuperato con vendite al dettaglio ed esportazioni in ripresa sui livelli del 2019. Gli investimenti sono invece ripresi con più cautela. In termini di settori, turismo e intrattenimento hanno subito le conseguenze più pesanti, e le perdite sono aumentate ulteriormente a causa delle restrizioni ai viaggi ripristinate nel mese di settembre. L’attività economica è ripresa soprattutto nella produzione e scambio di servizi IT, contribuendo fortemente alle esportazioni. E nonostante la fiducia di famiglie e imprese sia migliorata, rimane ben al di sotto delle medie di lungo termine.

Gli indicatori a breve termine dell’attività economica indicano un lieve rimbalzo nel terzo trimestre seguito da un appiattimento: nel complesso, si prevede il Pil in calo del 4,5% nel corso di quest’anno, mentre nel 2021 l’economia estone dovrebbe riprendersi, con un’espansione del 3,5% principalmente grazie al rimbalzo di consumi privati e investimenti. La ripresa dovrebbe continuare anche l’anno successivo ad un tasso del 3,5%, correlata alla performance UE in ripresa e alla graduale normalizzazione del grado di fiducia delle imprese. Il rischio al ribasso dovuto al perpetuarsi della pandemia è mitigato dalla notoria resilienza dell’economia estone, come è stato mostrato nell’estate di quest’anno, senza dimenticare le prospettive aperte dal programma Next Generation EU.

Il mercato del lavoro dell’Estonia si è rapidamente adattato al calo della domanda, proprio come ha fatto nelle recenti recessioni. La disoccupazione è aumentata dal 4,7% nel primo trimestre dell’anno al 7% nel secondo trimestre: su base annua, dovrebbe raggiungere il 7,5% nel 2020 e quasi 8% nel 2021, per poi scendere al di sotto del 7% nel 2022. Dato il calo della popolazione in età lavorativa e specifiche carenze di manodopera, i salari sono attesi in crescita, anche se in misura piuttosto disomogenea tra i diversi settori: si prevede che i salari aumenteranno di più nel settore ICT, mentre solo modestamente nella pubblica amministrazione. In calo per alberghiero, alimentare e servizi.

L’Estonia sta affrontando una forte diminuzione della forza lavoro, a causa di emigrazione sostenuta, calo dei tassi di natalità e progressivo invecchiamento. Tuttavia, Coface sottolinea come il tasso di disoccupazione relativamente basso e la crescita dei salari continueranno ad assicurare un aumento del potere d’acquisto delle famiglie. In combinazione con un’inflazione più moderata, i consumi delle famiglie interessano il 50% del Pil, mentre gli investimenti privati, anche se meno dinamici dopo una crescita molto rapida nel 2019 (+25% nel secondo trimestre 2019 rispetto al 2018), rimangono un importante contributo grazie all’elevata fiducia delle imprese e alle favorevoli condizioni di finanziamento grazie alla politica monetaria accomodante della Bce. Gli investimenti privati si concentrano su macchinari e altri beni strumentali, ICT e proprietà intellettuale. Tuttavia, nello scenario attuale la crescita del Pil sarà ostacolata da una domanda esterna più timida, in particolare nell’Eurozona (50% degli scambi), che smorzerà le esportazioni. Ciò avrà un impatto in particolare sull’industria (25% del Pil), dal momento che si trova concentrata per il 70% in comparti orientati all’export come telefonia, arredamento e automobili.

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