Condividi

Elezioni Francia 2022: nel ballottaggio tra Macron e Le Pen a chi andranno i voti di Melenchon?

L’ex socialista Melenchon è il vero ago della bilancia tra Macron e Le Pen nel ballottaggio del 24 aprile in Francia. Ma la direzione dei suoi voti è meno scontata di quanto appaia

Elezioni Francia 2022: nel ballottaggio tra Macron e Le Pen a chi andranno i voti di Melenchon?

Elezioni francesi: ora chi vota chi? È questa la domanda cruciale dopo che il primo turno ha consegnato al ballottaggio, in programma per il 24 aprile, una nuova sfida fra Emmanuel Macron, presidente uscente, e Marine Le Pen, leader dell’estrema destra. Come nel 2017, anche se il quadro è molto cambiato rispetto a cinque anni fa.

Al primo turno Macron ha ottenuto il 27,6% dei suffragi, superando il risultato di cinque anni fa, quando raggiunse il 24,1%. Marine Le Pen ha conquistato invece il 23,4%, anche lei migliorando rispetto all’ultima tornata elettorale che le aveva assegnato il 21,3%.

Mélenchon ago della bilancia

Un altro candidato che ha ottenuto un grande risultato è il leader della France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon, ex socialista, oggi l’unico rappresentante reale della sinistra: ha ottenuto il 21,9% delle preferenze dei francesi, migliorando rispetto al 19,5% ottenuto nel 2017. Oggi è lui l’ago della bilancia. A chi andranno i suoi voti?

L’equazione secondo cui “i voti della sinistra andranno sicuramente a Macron” non è così lineare. È vero che Jean-Luc Mélenchon ha chiarito immediatamente dopo la chiusura delle urne il suo pensiero a proposito del secondo turno, ripetendo per tre volte “non un voto dovrà andare a madame Le Pen”. Ma è altrettanto vero che non ha indicato Macron come il candidato da scegliere. E così i suoi elettori restano liberi di votare il presidente uscente o di non andare alle urne.

La sinistra che vota Le Pen?

Inoltre, per quanto possa apparire inverosimile, alcuni elettori di Mélenchon potrebbero perfino scegliere di votare Le Pen. I programmi dei due movimenti, infatti, sono accomunabili in alcuni punti essenziali, come la collocazione internazionale della Francia (entrambi vogliono l’uscita dalla Nato e una Frexit dolce con negoziati che garantiscano i prodotti francesi), senza contare l’attenzione all’impoverimento dei cittadini, per entrambi cavallo di battaglia della campagna elettorale.

Cosa dicono i sondaggi

Non sono semplici suggestioni. I sondaggi proposti dalle Tv e dai giornali francesi lo dicono chiaro: l’elettorato di Mélenchon si divide fra un terzo che potrebbe votare Macron, un terzo che potrebbe astenersi e un altro ancora che sceglierebbe Le Pen per punire il “presidente dei ricchi”, Macron.

Macron l’ha detto subito dopo il voto, iniziando la campagna elettorale. A partire da oggi si recherà prima nel Nord della Francia, nel cuore del Paese industriale, e poi nel Sud, cioè nei luoghi dove gli avversari, a destra come a sinistra, hanno sfondato di più. Perché i sondaggi stavolta danno Macron vittorioso sul filo di lana: 54% contro 48%. Molto lontano dal 66,1% con cui vinse nel 2017.

Su quali voti può contare Macron

A Macron andranno sicuramente i (pochi) voti dei socialisti, usciti di scena drammaticamente con Anne Hidalgo, sindaca di Parigi, che ha raggiunto un misero 1,7%; quelli del comunista Fabien Roussel, che si ferma al 2,3%; e quelli del verde Yannick Jadot, in forte ribasso, al 4,5% dal 13,4% che aveva raggiunto alle europee di tre anni fa. Tutti e tre hanno invitato i loro elettori a votare per Macron.

Zémmour, il polemista pro-Le Pen

A Marine Le Pen ovviamente andranno i voti di Eric Zémmour, il polemista che le ha fornito la possibilità di presentarsi con il vestito buono della “donna di Stato” che non urla più, ma si presenta tranquilla e riflessiva. Zémmour, il vero “cattivo” di queste elezioni, ha raggiunto il 7%, molto indietro rispetto alle intenzioni di voto dell’autunno, quando si era presentato come l’anti-Le Pen, l’unico candidato dell’estrema destra che volesse sul serio restituire “la Francia ai francesi”, spazzando via musulmani e altri stranieri dal suolo patrio.

I dubbi della destra moderata

E a chi andranno i resti della destra perbene, quella degli ex gollisti di Valérie Pécresse, più volte ministra, pupilla di Chirac, oggi presidente della regione più importante del Paese, l’Ile de France? La leader della destra moderata ha raggiunto solo il 4,7%, anche lei sotto la soglia del 5% che non permette di avere rimborsi elettorali da parte dello Stato.

Si è dichiarata per Macron al secondo turno, ma anche in questo caso la matematica non fa la politica. E non solo perché i voti sono pochi, ma soprattutto perché sia il suo partito sia i suoi elettori hanno molti punti in comune con l’elettorato di Le Pen e potrebbero essere spinti a seguire il cuore e non la testa. Per esempio, sull’immigrazione la pensano quasi allo stesso modo: basta con le quote europee, niente assegni familiari a chi non risiede in Francia da almeno cinque anni, fine del diritto alla cittadinanza per nascita e del ricongiungimento familiare.

Senza contare che al loro interno i gollisti sono divisi quasi quanto la sinistra. Ed è per questo, fra l’altro, che Valérie Pécresse ha subito una sconfitta umiliante, al netto di una disastrosa performance personale.

Gli astenuti al primo turno

E quindi l’attenzione sia di Macron sia di Le Pen, al di là delle dichiarazioni ufficiali dei loro ex competitori, ora è tutta concentrata sul più grosso bacino elettorale, quello che rappresenta chi è rimasto a casa. Il 26,2%, dei francesi non è andato a votare al primo turno, il 4% in più rispetto al 2017. Uno schiaffo enorme a una democrazia “stanca di se stessa”, come ha detto qualche commentatore.

E riflettendo sul fatto che spesso i francesi al secondo turno si prendono una pausa (sempre nel 2017 al primo turno votò il 77,7% al secondo il 74,5%), c’è da rimanere con il fiato sospeso ancora per quindici giorni. Non solo in Francia, ma in tutta Europa.

Commenta