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Egitto, lo stato di emergenza si abbatte sull’economia

Il reportage di Al Jazeera sulle ricadute del coprifuoco sulle imprese e il commercio del Cairo – In seguito alla dichiarazione dello stato di emergenza di un mese, la Borsa egiziana ha perso 17 miliardi di lire 90 minuti dopo l’apertura – Crollano consumi interni e importazioni – L’unica economia fiorente sembra essere quella dell’esercito

Egitto, lo stato di emergenza si abbatte sull’economia

L’ombra della Sfinge si allunga sull’economia egiziana. La risposta al caos politico è, per il momento, un coprifuoco che rende enigmatico il futuro del Cairo, non solo a livello sociale.

Lo stato di emergenza dichiarato dal governo ad interim si sta già abbattendo pesantemente sulle imprese e sull’economia della capitale. Lo riporta Al Jazeera, in un lungo reportage sugli effetti collaterali del coprifuoco. La Borsa ha perso 17 miliardi di lire egiziane un’ora e mezza dopo l’apertura e il Cairo, città che in genere non dorme mai, alle 7 di sera è obbligata al sonno dalla chiusura di strade, bar e ristoranti.

“Le nostre vendite si sono ridotte del 70 per cento e se si va avanti così saremo costretti a chiudere nel giro di un mese – dichiara ad Al Jazeera il negoziante Tareq Mohamed Abdulla – Non ho mai visto nulla del genere, nemmeno il 25 gennaio [si riferisce alle rivolte del 2011]. Ho già dovuto fare dei licenziamenti”.

Mohamed Ali, giovane agente di commercio per un’azienda alimentare che rifornisce stazioni di servizio, ha paura di perdere il lavoro a breve: “Abbiamo già dovuto ridurre la produzione perché è scesa la domanda – ha detto il 27enne – la gente non si ferma più alle pompe di benzina e non compra i nostri prodotti”.

Le cose hanno iniziato a peggiorare dopo le proteste del 30 giugno, quelle che hanno portato alla deposizione del presidente Morsi. L’instabilità politica si è trasformata in violenza diffusa, culminando in una delle settimane più sanguinose della storia del Paese e nella dichiarazione dello stato di emergenza.

In realtà, l’Egitto è una nazione abituata a vivere sotto coprifuoco. Ma questo, con le forze di sicurezza autorizzate a sparare su chiunque possa costituire una minaccia alle istituzioni, è diverso.

“Le nostre operazioni si sono ridotte dell’80 per cento – fa sapere Mohamed Saber, direttore di un ufficio cambi a Nasr City, non lontano da dove un enorme sit-in pro-Morsi è stato sgomberato con violenza – La gente vendeva dollari americani, ma in pochi li compravano. Le imprese locali in genere pagano in valuta statunitense i prodotti importati, e se poche persone comprano dollari questo significa che c’è un crollo delle importazioni e del commercio”.

E mentre l’economia civile affonda, quella militare rimane un’isola fortificata. “Il budget dei militari è praticamente una scatola nera – commenta Ibrahim el-Hassawy, ricercatore economico dell’Istituto di Pianificazione Nazionale – nessuno sa da dove proviene il denaro e dove è diretto. L’esercito è come se fosse uno stato a parte”.

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