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Ecobonus: creiamo un mercato dei crediti d’imposta

Il meccanismo del credito d’imposta può diventare una moneta fiscale scambiabile. Ecco la proposta di due economisti dell’Università di Ancona che mettono in evidenza vantaggi e svantaggi del Superbonus al 110% introdotto dal decreto rilancio

Ecobonus: creiamo un mercato dei crediti d’imposta

Nel decreto Rilancio, diverse misure espansive sono basate sul meccanismo del credito d’imposta. Tra queste misure, quelle relative al settore dell’edilizia (ecobonus, sismabonus ecc.) sono quelle più interessanti sia per l’entità delle risorse coinvolte, sia per le caratteristiche innovative dei meccanismi individuati e per le conseguenze che potrebbero produrre. La scelta di applicare le suddette misure prevalentemente al settore dell’edilizia richiama il ruolo di potente volano dello sviluppo economico locale che nel nostro paese è tradizionalmente riconosciuto a questo settore. Non è un caso che alle detrazioni fiscali per il recupero del patrimonio immobiliare si sia ricorso quasi ininterrottamente dal 1998 a oggi. Le misure introdotte negli anni hanno perseguito obiettivi multipli che possono essere individuati nel rilancio dell’edilizia, nell’ammodernamento del patrimonio immobiliare sotto il profilo della tenuta sismica e dell’efficienza energetica e nella lotta all’evasione fiscale tramite l’emersione del nero. Il meccanismo di agevolazione è sempre consistito in un credito d’imposta inferiore alle spese sostenute da ripartire in dieci rate annuali di uguale importo, entro un limite massimo diverso in relazione ai vari interventi previsti.

I BONUS NELL’EDILIZIA: 3 CONSIDERAZIONI

La valenza di questo tipo di interventi può essere esaminata rispetto a tre aspetti principali:

  1. la forza propulsiva per incentivare il livello della domanda aggregata;
  2. le conseguenze sugli equilibri di finanza pubblica;
  3. l’impatto sulla distribuzione dei redditi.

Sul primo punto non è facile misurare l’effetto economico complessivo, ma si ritiene comunque che l’intervento a sostegno dell’edilizia attivi un moltiplicatore relativamente elevato e abbia realizzato importanti volumi di investimenti stimati dal CRESME in circa 320 miliardi di euro negli ultimi venti anni.

Sul fronte dei conti pubblici il ricorso al credito d’imposta dovrebbe comportare un immediato effetto positivo in termini di emersione di una maggiore base imponibile, mentre dovrebbe prevedere costi, misurati in termini di minori entrate, spalmati su più anni successivi. In realtà è molto complesso valutare gli effetti nel tempo sui conti pubblici. Le poche stime disponibili non sono univoche nella determinazione delle conseguenze di medio-lungo periodo sui saldi di finanza pubblica.

Riguardo alla distribuzione del reddito, riteniamo che si sia trattato di provvedimenti in parte regressivi per tre principali ragioni. Primo l’incentivo ha principalmente riguardato coloro che avevano una casa di proprietà; in secondo luogo, la sua applicazione non ha mai tenuto conto della capacità contributiva dei beneficiari e infine ha sempre richiesto una capienza fiscale che per definizione è posseduta dai più abbienti, i soli che sono riusciti a sfruttare al massimo le agevolazioni dei vari provvedimenti.

I pochi studi che hanno analizzato l’impatto di queste misure hanno mostrato come il ricorso ad una ristrutturazione edilizia agevolata sia fortemente correlato col livello del benessere e con le caratteristiche socioeconomiche e culturali dei beneficiari. Ne consegue che l’incidenza delle agevolazioni fiscali è stata diversa nelle diverse aree geografiche del paese. Sulla base dei dati più recenti, relativi alle somme portate in detrazione dai contribuenti nelle dichiarazioni dei redditi dal 2011 al 2018, è evidente il divario tra il Nord, dove si concentra il 66 % degli importi in detrazione per il recupero edilizio e il 75% degli interventi finalizzati alla riqualificazione energetica, e il Sud e le isole, dove le agevolazioni per gli interventi di recupero edilizio e per la riqualificazione energetica si sono ragguagliate rispettivamente al 14 e al 10% (si consideri che nel Mezzogiorno si trova il 35% delle abitazioni italiane).

I SUPERBONUS DEL DECRETO RILANCIO

In questo contesto, i superbonus del decreto Rilancio (a cominciare dall’ecobonus) presentano alcune importanti novità che mirano ad affrontare ciascuno dei tre aspetti soprarichiamati creando, allo stesso tempo, serie distonie e criticità. Le principali caratteristiche del provvedimento hanno effetti importanti sui tre profili sopra individuati, probabilmente penalizzando i conti dello Stato, ma promuovendo sia la capacità propulsiva della domanda aggregata nel breve periodo, sia una migliore distribuzione dei benefici.

Le due novità più interessanti sono certamente la quota di recupero dell’ecobonus 110% e l’ampliamento delle possibilità di cedere a terzi il credito di imposta, due aspetti che hanno ripercussioni al di là dello stretto dettato normativo.

  • L’aliquota dell’ecobonus

Cominciamo con l’entità della detrazione. Il suo valore che eccede quello delle spese sostenute trasforma il conflitto d’interesse tra fornitori e committenti che esisteva nelle impostazioni precedenti in una sorta di comunanza di interessi avendo entrambe le parti convenienza a vedere aumentare la spesa fino all’importo massimo deducibile. L’entità delle detrazioni si era sempre mantenuta inferiore al 100% della spesa, lasciando una parte del costo in capo al beneficiario dell’agevolazione. Così facendo si poneva un freno all’aumento dei prezzi da parte dei fornitori e si allineavano gli interessi dello Stato con quelli dei beneficiari della misura. Venendo meno questo basilare ruolo degli incentivi di mercato la sovrafatturazione dei lavori è nei fatti fortemente incentivata e l’effettiva destinazione delle risorse pubbliche ai nobili obiettivi della norma viene quindi a dipendere solamente dall’efficacia dei presidi antielusivi, incentrati sui visti di conformità, che nella fattispecie possono essere reputati poco efficaci e di difficile verifica da parte dello Stato.

In questo contesto l’efficacia del provvedimento in esame potrebbe essere aumentata attraverso una rimodulazione delle aliquote al di sotto del 100% che lasci una quota a carico del committente evitando così la comunanza d’interessi nell’aumentare gli importi di spesa. A sua volta e a parità di stanziamento ciò creerebbe spazio fiscale da utilizzare per un ampliamento del campo di azione della norma in tre direzioni: includendo più soggetti come beneficiari, estendendo ad altre tipologie di intervento legate al mondo dell’edilizia, e allungando i tempi della finestra entro la quale dovranno essere terminati i lavori.

  • La cessione del credito d’imposta con l’ecobonus

Per quanto concerne la facoltà di cessione del credito d’imposta, va ricordato che il cittadino che utilizza l’agevolazione può monetizzarla in tre diversi modi:

  1. detraendola dalle sue imposte dovute nei cinque anni;
  2. ottenendo uno sconto in fattura dal fornitore, il quale a sua volta potrà cedere a terzi il credito d’imposta del suo committente;
  3. cedere il credito d’imposta direttamente a terzi.

In altre parole, il decreto Rilancio, prevedendo queste possibilità, fornisce i presupposti per la creazione di un mercato dei crediti d’imposta dalle grandi potenzialità. La negoziazione di questi crediti di imposta, se dal lato del committente dei lavori fornisce la possibilità di monetizzare subito l’agevolazione, dal lato dell’acquirente permette di pagare meno tasse acquistando il credito d’imposta ad un prezzo inferiore al suo valore nominale e utilizzando la compensazione orizzontale tra tributi. In pratica, si stanno creando le premesse per uno strumento che potrebbe assomigliare ad una quasi moneta o a una moneta fiscale.

Il nuovo strumento permetterà al committente di effettuare i lavori gratuitamente e senza neppure il bisogno di anticipare la liquidità. Similmente lo stesso strumento soddisferà la domanda di crediti di imposta di coloro (individui, imprese e banche) che vedranno nella norma la possibilità di sviluppare un nuovo servizio e/o di conseguire un risparmio sulle imposte effettivamente pagate. Fondamentale sarà dunque il coinvolgimento degli intermediari finanziari, il cui ruolo verrà ampliato dal decreto Rilancio.

Attualmente la cessione del credito a banche e finanziarie è previsto per i soli contribuenti ricadenti nella no tax area e quindi confinato a una piccola quota di soggetti (Provvedimento 165110 del 28/8/2017 del Direttore dell’Agenzia delle Entrate). A sua volta il coinvolgimento delle banche e finanziarie dipenderà da quanto snella e sicura sarà la cessione del credito. Si dovranno ridurre le complessità burocratiche e fare chiarezza sulle procedure e sulle responsabilità in modo da ridurre i rischi e le conseguenti azioni sanzionatorie delle autorità di controllo.

In effetti, le banche potrebbero essere titubanti ad assumersi crediti che potenzialmente potrebbero essere oggetto di recupero da parte dell’Agenzia delle Entrate perché rivenienti da agevolazioni indebite e non spettanti. Il superamento di questa remora richiede che la norma possa assicurare l’esistenza definitiva del credito una volta ceduto e/o introdurre una sorta di modalità pro-solvendo.

Un secondo problema potrebbe derivare dalla capienza delle banche stesse ad assorbire crediti di imposta. Per ovviare a questa eventualità si potrebbe aprire all’introduzione di una sorta di mercato della “moneta fiscale”. In pratica si potrebbe prevedere la possibilità di rappresentare i crediti di imposta con certificati la cui trasferibilità e accettabilità dovrebbero essere aumentate, per esempio, perché utilizzati dallo Stato per saldare i debiti arretrati verso le imprese e perché accettati dallo Stato per pagare le tasse.

Da ultimo, ma non meno importante per valorizzare il potenziale delle novità embrionali contenute nel decreto Rilancio, andrebbe valutata la possibilità di sviluppare il mercato dei crediti d’imposta all’interno di regole e controlli dell’Agenzia delle Entrate, facilitando lo scambio di crediti certificati tra i possessori di crediti d’imposta, maturati a seguito dei lavori effettuati, e quegli operatori (imprese, banche o altri soggetti privati) che vogliono ridurre il livello effettivo della loro tassazione.

In conclusione, se da un lato sono chiare le convenienze e le criticità del decreto “Rilancio”, dall’altro sono altrettanto rintracciabili le potenzialità che il decreto dispiega verso la creazione di un mercato regolamentato di tutti i crediti d’imposta gestito dall’Agenzia delle Entrate.

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