Condividi

eBook: la maggior parte dei lettori ne legge solo la metà

Un’indagine su 21 milioni di utenti della società nippo-giapponese Kobo rivela che chi acquista ebook ne legge solo una parte e gli italiani non sono tra i peggiori – I bestseller sono i più deludenti – In controtendenza l’editore americano osserva: “Non si può mica accorciare “Guerra e Pace” solo perchè la gente non riesce a finirlo”

eBook: la maggior parte dei lettori ne legge solo la metà

Qualcuno ti osserva

Nonostante gli sforzi di Amazon, Google e Apple per tenere l’argomento il più lontano possibile dai riflettori, la questione del tracciamento delle abitudini di lettura e della riservatezza di chi acquista eBook è finita in primo piano grazie a un outsider, Kobo.

La società nippo-canadese (comprata pochi anni fa da Rakuten, uno dei principali colossi mondiali nel campo dell’e-commerce, assieme a eBay e Amazon), produttrice di libri elettronici e di media digitali, ha registrato, elaborato e infine pubblicato una massa consistente di dati sul comportamento dei lettori: a che punto hanno deciso di abbandonare un libro, a che velocità l’hanno letto, su quali pagine si sono soffermati, quali passi hanno evidenziato o condiviso.

Senza contare che le aziende come Kobo sono a conoscenza di password, numeri di telefono e di tutta una serie di informazioni private che spesso i lettori non si rendono conto di mettere a disposizione (inclusa la geolocalizzazione), a causa del linguaggio “ermetico” delle pagine concernenti le condizioni di vendita e il trattamento dei dati personali.

Attraverso l’ePub3, lo standard aperto più diffuso tra i produttori di eBook, non solo è possibile monitorare le azioni degli utenti, ma anche registrarle e archiviarle nel pieno rispetto della legge. Di conseguenza, le società tecnologiche sfruttano al meglio le potenzialità del formato per migliorare l’offerta di prodotti e servizi, avendo inoltre la possibilità di scegliere con maggior cognizione i libri da pubblicare e le strategie di promozione da implementare. Amazon, in particolare, trae un beneficio immenso dal libero accesso ai dati, poiché la società non si occupa solo di vendere i libri, ma adesso anche di pubblicarli.

Comprato! Letto solo metà

Al di là del problema della privacy, dall’indagine di Kobo, condotta su 21 milioni di utenti, è emerso che spesso sono i campioni di vendite a ottenere le percentuali di completamento più deludenti, mentre molti “midlist” (titoli di media classifica) riescono ad appassionare i lettori fino all’ultima pagina del libro. In genere clienti sono portati a pensare che la fama di un libro sia direttamente proporzionale alla sua qualità, ma poi sono costretti a metterlo da parte perché si rendono conto che quel genere non fa per loro o che si tratta di una lettura troppo pesante.

Esiste poi una categoria di persone che acquista libri di un certo spessore (meglio se premiati a livello internazionale) solo per togliersi lo sfizio di ospitarli nella propria libreria, pur non essendo in grado di portarli a termine, anche se, in effetti, le statistiche di Kobo riguardano solo i libri elettronici e non quelli cartacei.

Il tracciamento inibisce?

Quanto al problema della riservatezza, è chiaro che l’assenza di restrizioni sul tracciamento delle abitudini di lettura può diventare fonte di grande inibizione per il lettore. I libri sono sempre stati percepiti come un rifugio, uno spazio di libertà, il “luogo” dove pensare come si vuole e soprattutto ciò che si vuole. Senza spingersi al punto di prefigurare scenari orwelliani in cui si rischia di essere puniti o di subire gravi limitazioni della libertà di pensiero, per colpa di soggetti dediti al controllo sociale, è sufficiente immaginare l’imbarazzo di un fan di Cinquanta Sfumature nell’apprendere che qualcuno è pronto a ragionare sulle pagine che ha letto e riletto più volentieri.

Ancora una volta, dunque, i pro e i contro dello sviluppo tecnologico finiscono sulla bilancia e in molti sarebbero pronti ad apprezzarne i vantaggi, se tutti queste informazioni non rischiassero di essere utilizzate impropriamente, per creare contenuti più avvincenti e creati “ad hoc”, contenuti individuati da un algoritmo allo scopo di soddisfare le aspettative del pubblico emerse dalle rilevazioni.

Molti autori potrebbero vedersi costretti a stravolgere il loro stile o peggio ad “abbassare il livello” per adeguarsi al gusto letterario “calcolato” dagli algoritmi, destinato a comprometterne le singole personalità e individualità artistiche. Dopo tutto, come fa notare l’editore americano Jonathan Galassi (Farrar, Straus & Giroux), “non si può mica accorciare Guerra e Pace solo perché la gente non riesce a finirlo”.

Consoliamoci, però, sono gli italiani, in genere piuttosto bassi nelle classiche mondiali che tracciano comportamenti socialmente positivi, i lettori a portare più avanti la lettura di un ebook Ci superano solo i francesi, ma già lo sappiamo che i francesi sono sempre i primi della classe nelle faccende culturali.

Commenta