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E’ fatta, Obama cede a Fiat le sue ultime azioni Chrysler

di Ugo Bertone – Oggi l’annuncio del Presidente: il 6,6% dei titoli ancora in mano al Tesoro americano passa alla casa torinese, che otterrà anche i diritti di prelazione sul 45,7% del fondo previdenziale Veba – Intanto, Wall Street a caccia di riscossa: altro che Linkedin, adesso arriva Grupon – A Milano giornata di passione per Ubi

E’ fatta, Obama cede a Fiat le sue ultime azioni Chrysler

OGGI LA FIAT COMPRA IL PACCHETTO CHRYSLER DEL TESORO

Il presidente Barack Obama in persona darà oggi l’annuncio ufficiale dell’acquisto, da parte di Fiat, del residuo 6,6% di azioni ancora in mano al Tesoro, per una cifra di poco superiore ai 500 milioni di dollari. Obama, che parlerà durante la visita alla fabbrica Chrysler di Toledo (Ohio), comunicherà anche la cessione dei diritti di prelazione , oggi in mano al Tesoro, sul 45,7% posseduto da Veba, cioè il fondo previdenziale controllato dal sindacato Uaw. Si chiuderà così, dopo lo sbarco di Gm a Wall Street, l’avventura del governo Usa quale azionista dell’auto. Un’esperienza fortunata, al punto tale che il primo spot della campagna per le presidenziali riguarda proprio Chrysler. Il team di Obama, infatti, ha recuperato il video in cui Mitt Romney, per ora l’avversario repubblicano più temibile, suggeriva al governo di procedere senza indugi nel 2007. alla chiusura degli impianti Chrysler. Non gli hanno dato retta, per fortuna. E oggi Obama può incassare il dividendo di una scelta politica coraggiosa. La Fiat consolida i conti di Chrysler dal 24 maggio scorso, ha annunciato una nota del gruppo. La quota nella casa Usa, può salire, dopo accordi con Veba, oltre il 70 per cento. Va rilevato che per il gruppo torinese, ieri in forte ribasso in sintonia con l’indice Eurostoxx di settore, l’appoggio del presidente può risultare decisivo per la concessione dei fondi sull’innovazione gestiti dal Department of Energy, 3 miliardi a tasso quasi zero, che vanno ad aggiungersi ai contributi (un miliardo circa) garantiti da Mosca a fronte dell’investimento,

USA, IL TESORO E LE BANCHE NEL MIRINO DI MOODY’S

Dopo la batosta di mercoledì, il peggior ribasso degli ultimi dieci mesi, a Wall Street è mancata l’attesa riscossa. Colpa delle preoccupazioni sulla crescita, ieri confermate dal calo in aprile degli ordini di fabbrica in America, scesi dell’1,2% contro attese di -1%. Sul fronte dell’occupazione, poi, le richieste di sussidi di disoccupazione nell’ultima settimana sono state superiori alle attese (422mila invece di 417mila). Non stupisce perciò che il Dow Jones, dopo aver ballato attorno alla parità per larga parte della seduta, abbia chiuso in flessione dello 0,34%. E’ andata meglio al Nasdaq (+0,18). A deprimere le quotazioni ci hanno pensato anche le nuove disavventure giudiziarie di Goldman Sachs. O, più ancora, la notizia che Moody’s ha annunciato che, salvo una correzione di rotta nel deficit, il rating del Tesoro Usa potrebbe essere abbassato entro poche settimane. L’agenzia ha anche messo sotto osservazione con prospettive negative il rating dei tre colossi Citigroup, Bank of America e Wells Fargo, A tener banco, in mezzo a tanto sconforto, resta solo il settore tecnologia. In attesa del ritorno alla ribalta di Steve Jobs, che si accinge a presentare l’i Cloud in prima persona , i riflettori sono stati tutti per Google, che ha denunciato un massiccio attacco pirata alla rete di Gmail. Un attacco che, secondo le prime indagini, proviene dalla Cina, non nuova alle gesta degli hacker. Intanto Steve Ballmer, il rispettato ceo di Microsoft, ha presentato ieri al Computex di Taipei la nuova versione del suo sistema operativo, attualmente identificato dal nome in codice Windows 8. Ma nel quartier generale di Redmond tiene banco l’interesse di Microsoft per il business della telefonia di Nokia. Va detto che il gruppo finlandese ha smentito i contenuti dell’indiscrezione, tuttavia con buona probabilità il tema di un possibile matrimonio rimarrà al centro delle ipotesi del mercato.

ALTRO CHE LINKEDIN, A WALL STRETT ARRIVA GRUPON

Il boom di Internet parte II sta per entrare nel vivo. Ieri infatti Grupon ha depositato il file per il collocamento di una certa quantità (modesta) di titoli della società che ha rivoluzionato, con le sue offerte, il mercato retail in mezzo mondo. L’obiettivo è di raccogliere 750 milionim meno di quanto versato da Fidelity e da T, Rowe (un miliardo in tutto) sufficienti a consentire al ceo Andrew Mason di poter dir di no a Google che aveva offerto 6 miliardi di dollari. Una scelta giusta, visto che il social network avviato nel 2008 in una cantina di Chicago conta oggi su 83 milioni di abbonati nel mondo e solo nel primo trimestre del 2011 il fatturato ha raggiunto quota 644 milioni. Come è già successo con Linkedin, i quantitativi modesti all’asta lasciano prevedere un forte aumento dei prezzi, vista la domanda potenziale. Per la gioia delle banche d’affari .

TRICHET CHIEDE UN MINISTRO EUROPEO PER L’ECONOMIA

L’Unione Europea ha bisogno di un ministro dell’Economia unico, che goda della stessa autorità del presidente della Bce. La proposta viene dallo stesso presidente della Banca centrale europea, Jean-Claude Trichet, che l’ha avanzata ieri davanti ad un folto gruppo di personalità del Vecchio Continente. Il ministro unico dovrebbe avere un ruolo di indirizzo e di controllo, piuttosto che di spesa. Perciò non dovrà disporre di un budegt sterminato, ma dovrà verificare se le scelte di politica fiscale ed economica dei vari governi sono compatibili con gli obiettivi della Ue. Per questo, dice Trichet, dovrà disporre del potere di veto sulle scelte nazionali che non siano in linea con gli obiettivi concordati con Bruxelles. La proposta, naturalmente, nasce dall’esplosione della “sindrome greca” anche se Trichet non ha mai nominato la Grecia nel suo discorso. Ma non ci voleva una gran fantasia per capire a chi era rivolto questo monito: “E’ giusto aiutare un partner in difficoltà, la prima volta. Ma credo che se l’emergenza si verifica una seconda volta, per giunta sulla base degli stessi errori, occorra reagire in maniera diversa”.

GIORNATA DI PASSIONE PER UBI

No, non è affatto un bel momento per lanciare un aumento di capitale. La riflessione sorge spontanea di fronte alla “punizione” inflitta dal mercato all’Ubi che da lunedì 6 affronterà l’esame dei soci. La banca guidata da Victor Massiah è scivolata sul fondo del paniere principale con un tonfo del 5,36% a 4,992 euro dopo aver fissato in 3,808 euro il prezzo delle azioni che verranno offerte con l’aumento di capitale da circa 1 miliardo di euro. Il prezzo di sottoscrizione è stato determinato applicando uno sconto del 22,4% rispetto al Terp (Theoretical Ex Right Price) delle azioni calcolato sulla base della chiusura di ieri (5,27 euro). Le azioni di nuova emissione saranno offerte nel rapporto di 8 nuove azioni ogni 21 possedute, oppure ogni 21 obbligazioni convertibili “UBI 2009/2013 convertibile con facoltà di rimborso in azioni” possedute. Sono finite in rosso anche Popolare di Milano (-1,83% a 1,823 euro), Monte dei Paschi (-2,10% a 0,793 euro), Banco Popolare (-0,69% a 1,737 euro) e Intesa SanPaolo (-0,23% a 1,748 euro). Acquisti invece su Unicredit, che ha strappato un +0,39% a 1,543.

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