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E’ fallito il ricatto di Tsipras all’Europa

Dal sogno alla realtà, la minaccia di esportare la crisi nel cuore dell’euro si è sgonfiata. E oggi si concluderà poco. Il nodo è politico ed è proprio nei momenti di grande tensione che si presentano imbonitori – Fassina, Salvini, Brunetta, Grillo – che assicurano al popolo di avere la soluzione in tasca. Ma i nazionalismi non portano ad un solido futuro

E’ fallito il ricatto di Tsipras all’Europa

Il buon senso non è scomparso ma spesso se ne sta nascosto perché ha paura delle mutevoli ondate del senso comune. Così la ragionevolezza viene sommersa dalla demagogia e dalle illusioni su fantomatiche scorciatoie per arrivare al mitico paese del “bengodi”. Ora dopo i festeggiamenti per la vittoria della “democrazia” al referendum greco, siamo già arrivati all’impatto con la realtà: il Governo greco ha chiesto un prestito di emergenza di 7 miliardi per evitare il fallimento senza prendere impegni precisi ma dichiarandosi solo disposto a trattare nelle prossime settimane. A meno di colpi di scena in nottata durante il vertice dei capi di Stato, sarà ben difficile che si possano fare oggi sostanziali passi in avanti. La minaccia di Tsipras di esportare la crisi nel cuore dell’Euro che in caso di uscita della Grecia diventerebbe una moneta non più irreversibile e quindi poco affidabile, non è riuscita. Le borse e gli spreads non sono crollati. Hanno registrato delle perdite, ma non c’è stato il panico, a dimostrazione che gli operatori non ritengono probabile un serio contagio della malattia greca agli altri paesi.

E’ chiaro quindi che il problema ora è squisitamente politico. Il governo Syriza ha esplicitamente puntato sulla possibilità di esportare la propria rivoluzione anti Bruxelles  ed anti Merkel agli altri paesi attraverso la vittoria dei partiti anti Euro dai grillini ai leghisti, da Podemos a Le Pen. Vittoria che sarebbe stata resa possibile dal crollo del muro europeo dell’austerità sotto la spinta della perentoria richiesta del popolo greco. Infatti se la Grecia riuscisse ad ottenere nuovi sostanziosi prestiti ed un taglio del debito, per quale ragione gli altri paesi non dovrebbero pretendere trattamenti analoghi?

Ma è proprio sul piano politico che si intrecciano le illusioni più negative e le demagogie più sfrenate. Ad esempio Salvini va dicendo che il ritorno alla lira consentirebbe una svalutazione e quindi vantaggi per le nostre esportazioni. Non  ricorda, o non ha avuto il tempo di studiare, cosa accadeva quando avevamo la nostra liretta. Intanto la svalutazione del cambio comporta un aumento dei prezzi dei beni importati con un grave danno per i consumatori ma anche per le imprese che devono importare l’energia e molti semi lavorati. Di fronte alla grave perdita di potere d’acquisto i salari tenderanno a recuperare quanto perso, e quindi nel giro di 12-18 mesi la maggiore competitività delle imprese sfumerebbe.

Sul taglio del debito e sul ruolo di quegli “strozzini” dei banchieri, Grillo e D’Alema dicono cose assurde. I tassi che paga la Grecia sul debito sono tra i più bassi d’Europa e le banche (in parte) così come i privati hanno già subito due anni fa un robusto taglio dei loro crediti nei confronti della Grecia. Sul debito in generale lo stesso Tsipras racconta favole. Nessun paese ripaga mai i propri debiti. Il problema sta nel mantenere la fiducia degli investitori per rifinanziare tranquillamente sul mercato quelli in scadenza ed eventualmente aggiungere quelli derivanti dal deficit annuale. La minaccia di non rimborsare il debito esistente non è certo un buon metodo per mantenere la fiducia dei risparmiatori. Come si riduce allora il debito? In piccola parte con la vendita di beni pubblici ma soprattutto con la ripresa della crescita. E’ stato calcolato che con una crescita del PIL nominale intorno al 2% (uno di PIL reale ed uno di inflazione) e mantenendo un modesto attivo delle partite correnti, il debito si riduce automaticamente per tornare in pochi anni entro limiti sopportabili. Il caso dell’Irlanda sta a testimoniare che si può scendere di 20 punti in poco più di tre anni.

Le sinistre, da Vendola a Fassina, vanno sempre di più a braccetto con Salvini e Brunetta e si permettono ormai di calpestare qualsiasi logica di non contraddizione come ad esempio quando sostengono che è criminale non salvare le banche greche, mentre è parimenti criminale salvare (o aiutare) le banche italiane.

Siamo senza dubbio di fronte a scelte difficili. In momenti di grande tensione si presentano sulla piazza degli imbonitori che assicurano al popolo di avere in tasca la soluzione di tutti i problemi. Molti sono portati a crederci, ma come si vede in Grecia queste illusioni, basate su un redivivo ed  orgoglioso nazionalismo, non avvicinano di un millimetro alla soluzione dei problemi. Per di più, come dimostra un secolo di storia, il nazionalismo non è stato una buona guida per costruire un solido e pacifico futuro.

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