“La Bce è pronta a qualsiasi evenienza in seguito al referendum britannico”. Mario Draghi ha rispolverato ieri, davanti al Parlamento europeo, il “whatever it takes” contro il rischio di un tracollo dei mercati in caso di vittoria del sì alla Brexit. Non meno determinata Janet Yellen, che è intervenuta poche ore dopo al Congresso Usa. La Brexit, ha detto il presidente della Fed, potrebbe avere ripercussioni significative sull’economia Usa, e per questo motivo la Fed sta attentamente monitorando quanto sta accadendo a livello globale.
Il cordone sanitario delle banche centrali ha limitato la pressione sui mercati, in frenata sia per l’approssimarsi del D- Day britannico (le urne apriranno domattina, i risultati ufficiali sono previsti per le 8 di venerdì 24) che, non meno importante, per i messaggi inviati dai banchieri centrali, tutt’altro che euforici sulle prospettive della ripresa.
A WALL STREET TIENE IL TECH, L’ASIA FRENA
Di qui un equilibrio instabile che ha caratterizzato la giornata finanziaria, dopo i forti rialzi della vigilia. Chiude in lieve rialzo Wall Street: S&P e Nasdaq +0,14%, Dow Jones +0,17%, nonostante il monito della Fed sui livelli “sopra la media” toccati dalla tecnologia (i titoli tech valgono 16,7 volte gli utili, contro 14,6). Tesla (-13%) ha annunciato un’offerta d’acquisto carta contro carta del valore di 2,8 miliardi di dollari su Solar City, società leader nel campo dell’energia solare già controllata da Elon Musk, padre-padrone di Tesla.
Frenano le Borse asiatiche, caute alla vigilia del voto britannico. Tokyo scende dell’1,2%, giù anche Hong Kong (-0,4%) e i listini cinesi.
BANCHE E ASSICURAZIONI SOSTENGONO L’EUROPA
Le borse europee hanno registrato una forte accelerazione nel finale. Milano ha chiuso con l’indice FtseMib in progresso dello 0,45% a quota17.431 punti, Londra a +0,36%, Madrid +0,23%. Rialzi più consistenti a Parigi (+0,6%) e Francoforte (+0,5%). Il rialzo delle Borse europee è stato trainato da Banche (Stoxx del settore +1,4%) e Assicurazioni (+1,4%).
Il dollaro si rafforza nei confronti dell’euro, ma sarebbe più corretto dire che l’euro scivola rispetto alla valuta Usa a quota 1,126, da 1,131 del giorno prima dopo le dichiarazioni dei banchieri centrali. Dopo il balzo di ieri, la sterlina è in calo dello 0,2% nei confronti del dollaro e guadagna lo 0,3% verso l’euro.
Ancora in calo i beni rifugio. L’oro perde l’1,7% a 1.267 dollari l’oncia. Il rendimento del Btp decennale sale a 1,395% da 1,371% del finale di seduta di ieri, ma resta sotto il picco da metà febbraio a 1,50% Lo spread risale a 133 punti. Secondo Maria Cannata, responsabile del debito pubblico, anche in caso di Brexit la volatilità che potrebbe colpire i mercati obbligazionari “non dovrebbe durare a lungo”.
Petrolio in ribasso con il Brent scambiato a 49,7 dollari l’oncia (-1,8%), Wti a 49 dollari (-1,8%).
DA BCE E FED DUBBI SULLA RIPRESA
Oltre all’altalena dei sondaggi in arrivo da Londra ed alle dichiarazioni pro-Ue di George Soros e di David Beckam, la giornata finanziaria è stata segnata dalle parole di Mario Draghi e di Janet Yellen, che non si sono limitati a ribadire il pieno appoggio ai nemici della Brexit. I due banchieri centrali non hanno nascosto le preoccupazioni sulla ripresa. Draghi ha detto che la crescita della zona euro sta guadagnando slancio, ma l’incertezza è alta e le prospettive di inflazione sono deboli, quindi la Banca centrale europea è pronta ad agire se necessario. Giova, a questo proposito, la sentenza della Corte Costituzionale tedesca che ha assolto, dopo tre anni, il piano di acquisti Omt, cioè il bazooka di Draghi.
Janet Yellen, parlando al Senato Usa, è stata assai cauta sulle dimensioni e la solidità della crescita Usa, aggiungendo che, oltre alla Brexit, sull’economia globale incombono alcuni fattori di rischio: il rallentamento della produttività americana, innanzitutto, ma anche le difficoltà della Cina, a metà del guado. Difficile, a questo punto, un rialzo dei tassi Usa nella prossima riunione della Fed. Anzi, a detta di James Bullard, presidente della Fed di Saint Louis, è arduo pensare a rialzi per l’intero 2016.
BANCO POPOLARE, AUMENTO QUASI IN PORTO. DISASTRO VENETO BANCA
Un’altra giornata all’insegna delle banche in Piazza Affari. Sotto i riflettori innanzitutto gli aumenti di capitale. Si conclude oggi l’operazione Banco Popolare (+0,3%, a quota 2,8920 euro). Secondo fonti di Mediobanca e Merrill Lynch, le banche del consorzio, oggi gli investitori istituzionali potrebbero coprire l’intero book dell’aumento (un miliardo). Finora sono stati raccolti 400 milioni di euro. Le nuove azioni dell’aumento di capitale sono emesse a 2,14 euro.
Scontata invece la fumata nera per l’operazione Veneto Banca, in scadenza oggi. L’ammontare coperto sarebbe “intorno all’1%” del totale e quindi pari a circa 10 milioni di euro. Inevitabile, perciò, l’intervento del fondo Atlante. I dati ufficiali saranno annunciati domani e gli investitori istituzionali avranno poi tempo fino a venerdì per eventualmente intervenire. Ipotesi che tuttavia, salvo sorprese, appare decisamente improbabile.
DA SOCGEN UN BUY PER UBI E INTESA
Un report di SocGen ha messo le ali ad alcuni titoli del settore. Sale Ubi (+3,6%), su cui il broker francese banca lombarda con giudizio Buy e target price a 3,60 euro. La banca guidata da Victor Massiah avrebbe avviato una trattativa con la Fondazione CR Cuneo e l’ente Banca del Monte di Lombardia per acquistare “carta contro carta” le partecipazioni detenute dalle due fondazioni in Bre e Comindustria.
In grande evidenza anche Intesa Sanpaolo, uno dei titoli bancari più vivaci con un guadagno del 2,5% a 2,1540 euro: Société Générale ha alzato la raccomandazione a Buy da Hold, il target price è fissato a 3,0 euro.
Inoltre, il gruppo ha venduto la partecipazione del 15% di Visa Europe a Visa Inc, realizzando una plusvalenza di circa 150 milioni di euro che verrà contabilizzata nel secondo trimestre di quest’anno.
Secondo Kepler Chevreux, in caso di vittoria del “Remain” al referendum inglese, Intesa sarebbe uno dei titoli bancari europei da avere assolutamente in portafoglio insieme a SocGen, Deutsche Bank, Natixis, ING e KBC. In caso di vittoria del “Leave”, gli analisti prevedono ricadute negative sul comparto, ma in ogni caso, Intesa sarebbe da preferire insieme a SocGen e ING.
GRANDI MOVIMENTI SU ANIMA. CALTAGIRONE SALE ANCORA IN GENERALI
Nel resto del comparto perde colpi Monte Paschi (-1,4%): SocGen ha avviato la copertura con giudizio Sell e target price a 0,46 euro. Unicredit +0,9%, Pop.Milano -0,2%. L’istituto di piazza Meda sta valutando se ridurre la propria partecipazione in Anima Holding o se lanciare un’Opa insieme a Poste Italiane dopo che Consob ha chiarito che per l’asset manager è applicabile una soglia d’Opa del 25%. Intanto Anima, miglior blue chip della giornata, mette a segno un rialzo del 6,5%, a 5,10 euro. Ubs ha promosso a Buy il titolo, confermando il target price di 6,80 euro.
Fra le assicurazioni, Generali +1,8%. Francesco Gaetano Caltagirone ha arrotondato ancora la partecipazione in Generali, salendo al 3,19% del capitale e diventando secondo azionista alle spalle di Mediobanca (13,21%) e davanti alla Delfin (3,16%) di Leonardo Del Vecchio.
ENI, SALTA LA VENDITA DI VERSALIS. SAIPEM, IN ARRIVO MAXI BOND
Giornata positiva in Piazza Affari per i petroliferi, nonostante la flessione del greggio. Ha fatto bene ad Eni (+1,27%) l’interruzione delle trattative con il fondo americano SK Capital per la cessione di una quota di maggioranza delle azioni di Versalis. Le parti hanno constatato “l’impossibilità di trovare un accordo su alcuni punti negoziali tra cui, in particolare, la futura governance della società”. Dalla prossima semestrale il cane a sei zampe “tornerà a consolidare integralmente Versalis nei conti di gruppo”.
Saipem è stata una delle migliori blue chip con un guadagno del 3,33%. Ieri è salita del 6%. La quotazione si riporta sui livelli di inizio maggio. Ieri Mediobanca ha ritoccato verso l’alto il target price del 10% portandolo a 0,44 euro da 0,39 euro. Il giudizio resta però Neutrale. La società, Brexit permettendo, si accinge a lanciare un’emissione obbligazionaria che potrebbe arrivare a 1,5 miliardi di euro in un’unica soluzione. Il bond segnerebbe il debutto sui mercati del debito da parte del numero uno italiano dell’impiantistica.
Tra i servizi di pubblica utilità spicca il ribasso di Terna (-1,69%). Snam -0,48% e A2a -0,85%. Continua il calo post elettorale dell’utility romana Acea (-0,55%). Rimbalza invece Iren (+1,74%), dopo lo scivolone della vigilia. Telecom Italia è scesa dell’1,1%. Enel +0,2%.
LA BREXIT FRENA LEONARDO, SCIVOLA CNH
Sul fronte dell’industria frena Leonardo-Finmeccanica (-0,45%), in attesa del voto sulla Brexit: “L’Europa si sta muovendo verso progetti di difesa comuni, ma ovviamente se la Gran Bretagna esce dall’Ue sarà abbastanza difficile avere le stesse opportunità in futuro”, ha detto Mauro Moretti, Ceo del gruppo.
Forte ribasso di Cnh (-2,44%), impegnata nella gara per la produzione e fornitura di prototipi di veicoli anfibi da combattimento (Acv) di nuova generazione al corpo della marina militare statunitense. La gara vede al momento due contendenti: da un lato la britannica Bae Systems, unitamente a Iveco Defence Vehicle, società controllata dal gruppo Iveco, dall’altro Saic. La commessa ha un valore complessivo intorno agli 1,2 miliardi di dollari. Deboli anche Fiat Chrysler (-0,24%) e Ferrari (-0,94%).
Fra i titoli del lusso, Yoox sale dell’1,4%, Ferragamo -1,1%.
DEBOLE RCS, IN ATTESA DEL RILANCIO DI BONOMI
Segna il passo Rcs (-0,5% a 0,76 euro), comunque sopra le offerte di Cairo e della cordata Bonomi. Il rialzo del titolo Cairo, salito dell’1,52% a 4,396 euro, porta infatti la valutazione di Rcs a 0,703 euro, visto che il concambio (migliorato venerdì scorso) è di 0,16 azioni Cairo per ogni titolo Rcs. Per quanto riguarda Bonomi, il mercato dà per scontato un rilancio in arrivo venerdì. Intanto il neo ad del Sole 24Ore Gabriele Del Torchio ha escluso ipotesi di aggregazione con Rcs.