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Digitale: l’industria è già nel 4.0 ma la politica? La sveglia del G20

Mentre il progresso digitale viaggia al galoppo, i governi stentano a seguire il flusso: non solo per costruire le infrastrutture digitali più evolute ma anche per garantire che il processo in corso sia inclusivo e non provochi rotture sociali. Si va forse verso un superamento degli stessi politici? Il ruolo del G20 a guida tedesca

Il fatto evidente è che non esiste una economia digitale separata dall’economia reale. Sarebbe come distinguere l’industria elettrificata e non. Non esistono attività industriali, commerciali, di servizi in genere che non utilizzino per tutte o parte delle loro attività la digitalizzazione. Almeno nei paesi del G20. Per questo il tema principale (e il logo) della presidenza tedesca del G20 è la digitalizzazione e una conferenza sull’argomento si è già svolta a Berlino. Il G20 coordina governi, non industrie. Ma se ricercatori dell’università di Oxford prevedono che il 47% delle occupazioni presenti possono essere automatizzate, se 100 miliardi di investimenti nelle infrastrutture digitali sono previsti globalmente nei prossimi 10 anni, i governi sono interessati. Infatti, la crescita anemica che caratterizza la ripresa post-crisi può accelerare se la digitalizzazione aumenta la produttività. E le richieste di “reddito di cittadinanza” nascono dalla paura della tecnologia e dalla mancanza di comprensione del progresso tecnologico.

I Luddisti che distruggevano i telai automatici non riuscivano ad immaginare un futuro dove i bambini andassero a scuola piuttosto che al lavoro. La tecnologia è la soluzione dei problemi umani e fino a quando tutti i problemi non saranno risolti ci sarà lavoro, ha detto a Berlino Tim O’Reilly, imprenditore a Silicon Valley. Il vero ostacolo alla crescita oggi è la protezione degli interessi esistenti, invece di proteggere il nuovo, le potenzialità. La biologia ci mostra la “dynamic fitness landscape” ovvero che non si passa da un picco di fitness all’altro: occorre che il picco precedente sia annullato perché il prossimo si formi. Schumpeter sarebbe contento di questa estensione della sua “distruzione creativa”. Un esempio è la posizione di Microsoft che dominava il panorama negli anni 80 e che ha portato altri a sviluppare Internet anche se non sembrava che ci si potesse guadagnare.

La digitalizzazione non è il problema, ma la soluzione, anche per le false notizie che proliferano nel web. Con 7 miliardi di posts al giorno su Facebook, quante persone per quanto tempo ci vorrebbero per controllarle?

Quindi il G20 ha un ruolo centrale se prende l’impegno di fornire a tutte le famiglie e imprese l’Internet veloce (broadband) per sviluppare tecnologie come Cloud computing, Big Data e intelligenza artificiale per facilitare l’innovazione, la partecipazione e il welfare della popolazione. I governi dovrebbero essere i primi a utilizzare la digitalizzazione per fornire meglio i servizi pubblici. Inoltre, dovranno affrontare i nodi della concorrenza, confidenzialità delle comunicazioni, sicurezza dei sistemi e protezione dei consumatori.

La diffusione delle tecnologie digitali, come ogni altro progresso tecnologico, provocherà rotture per talune imprese e lavoratori proprio mentre aumenteranno la produttività e le opportunità di lavoro in nuove aree.

Quindi i governi devono fare la loro parte non solo nel creare le infrastrutture, ma anche nell’assicurare che la diffusione della digitalizzazione sia socialmente inclusiva ovvero che anche i non-esperti in ICT ricevano l’addestramento necessario per essere inseriti nelle nuove attività e non si sentano discriminati e pronti a reazioni distruttive della coesione sociale. Gli umani diventeranno capaci di gestire programmi digitali così come hanno imparato a gestire immense macchine.

Le statistiche delle agenzie governative sono troppo lente per guidare efficientemente la politica economica e industriale. La fornitura e controllo dei servizi pubblici è inadeguata. In Silicon Valley per ogni progetto la prima cosa che si costruisce è un’infrastruttura di misurazione per scoprire subito ciò che funziona o no e cambiare di conseguenza. Questo non è solo il modo giusto per una buona digitalizzazione, ma per una buona politica, capace di valutare immediatamente se raggiunge l’obiettivo desiderato e cambiare se non funziona. Il problema maggiore è policy 1.0 con industry 4.0.

E’ una lunga strada soprattutto per l’Italia, dove la parola “controllo” non si trova nelle leggi se non con il significato di rendicontazione contabile! Mai di raggiungimento degli obiettivi stabiliti.

Con i cittadini che possono richiedere e verificare on line i servizi pubblici che desiderano, i politici che con la carrozza prima e l’aeroplano oggi vanno a Roma a portare gli interessi del loro elettorato sembrano figure demodé. E se la digitalizzazione sostituisse anche loro?

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