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Detective per caso: quando il cinema si impegna per la disabilità

Nel film diretto da Giorgio Romano recitano attori disabili professionisti, con la partecipazione di tanti altri nomi noti del cinema italiano, come Claudia Gerini, Valerio Mastandrea, Paola Cortellesi.

Detective per caso: quando il cinema si impegna per la disabilità

Giudizio dell’autore:3 stelle su cinque

Un film sulla disabilità, sulla difficoltà ad essere diversi, come sostiene uno degli attori, è il titolo che proponiamo questa settimana: Detective per caso, con la regia di Giorgio Romano, dove recitano attori disabili professionisti (come l’eccellente Emanuela Annini) e con la partecipazione di tanti altri nomi noti del cinema italiano, come Claudia Gerini, Valerio Mastandrea, Paola Cortellesi. Si tratta, purtroppo, di un cosiddetto “film evento”, cioè solo per pochi giorni nelle sale e sarà necessario fare attenzione a ricercare la programmazione nelle diverse città italiane.

Parliamo di una pellicola essenziale, ai minimi termini (anche di budget), che non gode di tutto il supporto ideativo e produttivo necessario per fare un salto di qualità significativo. Eppure è un film importante, attacca e incide nel profondo in due direzioni: la prima è il senso di civiltà nei confronti della disabilità che riguarda e colpisce milioni di famiglie. Richiede anzitutto rispetto e condivisione di valori e sentimenti. La seconda interessa il senso stesso del cinema italiano “impegnato” nel sociale che non sempre ha dato grande attenzione su questi temi quando invece nel resto del mondo sono stati proposti titoli come Quasi amici o Forrest Gump, tanto per citare i più noti. Piccola nota a margine: provate a ricordare dove sono posizionati i posti per i disabili all’interno delle sale.

Detective per caso ha una trama semplice e lineare: in una discoteca avviene una rapina, un ragazzo scompare e il gruppo dei suoi amici si mette ad indagare per risolvere il caso. È un’avventura strampalata, surreale, comica e grottesca che porta i ragazzi a trattare con sottospecie di malavitosi da quattro soldi e tutto si risolve con un lieto finale. Tutto qui: apparentemente poco ma sostanzialmente tanto per tutti i significati che il film contiene. Anzitutto che si possono fare cose serie, con pochi soldi, quando il fondamento è l’intelligenza e la volontà di proporre un titolo che aiuta a comprendere e riflettere. Poi che si possono produrre e distribuire film che seppure non incontreranno il grande pubblico dei block buster consentono di estendere il panorama dell’offerta cinematografica oltre i limiti del successo commerciale.

Su queste pagine abbiamo scritto spesso sui problemi, sulla crisi del cinema nazionale. Quando avviene che qualcuno fa uno sforzo per affrontare questo momento merita a priori tutta l’attenzione e il sostegno possibile ed è giusto perdonare anche qualche difetto di regia o di sceneggiatura. A questo proposito, merita la citazione L’Arte nel Cuore, Accademia di recitazione diretta da Daniela Alleruzzo, «Il nostro intento è dare a persone che in molti chiamano speciali, o diversi, la possibilità di esprimersi artisticamente. E di farlo non parlando di disabilità ma, come in questo caso, con una commedia».

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