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Derby vaccini: Pfizer riscavalca Moderna, aspettando AstraZeneca

È battaglia tra i due colossi americani per il vaccino anti Covid. Arrivata un nuovo annuncio da Pfizer: “Fase 3 completata, efficacia al 95%. Mentre il derby va avanti, una sorpresa potrebbe arrivare dalla britannica AstraZeneca.

Derby vaccini: Pfizer riscavalca Moderna, aspettando AstraZeneca

Continua a suon di annunci il derby, per il momento tutto americano, sui vaccini anti Covid-19.

Dopo il primo annuncio di Pfizer arrivato lo scorso 9 novembre e la risposta di ieri di Moderna, a tornare sotto i riflettori è nuovamente l’azienda newyorkese che ha comunicato oggi, 18 novembre, i risultati definitivi della fase 3 (l’ultima) della sua sperimentazione. Ebbene Pfizer, insieme al suo partner BionTech, fa sapere che i test finali sul vaccino contro Sars-Cov-2 mostrano un’efficacia pari al 95% nel prevenire la comparsa dei sintomi, con risultati incoraggianti negli anziani. Non è stato inoltre riscontrato nessun grave effetto collaterale sui pazienti a cui il preparato è stato somministrato.

I RISULTATI DI PFIZER-BIONTECH

Il dato definitivo reso noto oggi da Pfizer è superiore a quello comunicato la settimana scorsa, che era però basato su dati intermedi. L’efficacia del vaccino alla conclusione del trial di fase 3 è infatti salita dal 90 al 95%, una percentuale incoraggiante soprattutto perché, sottolinea il New York Times, si tratta dei primi risultati completi arrivati fino ad ora. 

Il vaccino si è inoltre dimostrato efficace al 94% sugli anziani, la fascia più debole su cui si concentrano le preoccupazioni di tutti. 

La sperimentazione è stata effettuata su 44mila volontari. Alla metà è stato somministrato il vaccino, all’altra metà un placebo. In totale sono stati 170 i pazienti che hanno sviluppato il Covid-19, 162 appartenenti al gruppo che ha avuto il placebo, solo 8 tra i vaccinati. Complessivamente sono stati 10 i casi di Covid acuto, 9 dei quali appartenenti al gruppo placebo. 

Per quanto riguarda invece gli effetti collaterali, il più comune è stato l’affaticamento, seguito dalla stanchezza (3,7%) e dal mal di testa (2%). Lievi gli effetti collaterali tra gli anziani. 

Sulla base di questi risultati, Pfizer ha confermato di voler chiedere l’autorizzazione d’emergenza alla Fda nel giro di “pochi giorni”, una premessa indispensabile per la distribuzione del vaccino. 

“I risultati dello studio segnano un passo importante in questo storico viaggio di 8 mesi per un vaccino in grado di aiutare a porre fine a questa devastante pandemia”, ha spiegato Albert Bourla, amministratore delegato di Pfizer. 

“Lo studio indica che un alto tasso di protezione contro Covid può essere raggiunto molto rapidamente già dopo la prima dose. Questi risultati evidenziano il potenziale dell’mRna come nuova classe di farmaci”, ha continuato Ugur Sahin, ceo e co-fondatore di BioNTech. “Continueremo a lavorare con i nostri partner e Governi in tutto il mondo per prepararci alla distribuzione globale nel 2020 e negli anni successivi”, ha continuato il manager. 

Pfizer ha assicurato di poter produrre 50 milioni di dosi entro la fine del 2020 e fino a 1,3 miliardi entro dicembre 2021. La metà delle dosi fornite quest’anno andranno agli Stati Uniti, che hanno firmato un accordo con l’azienda per un totale di 100 milioni di dosi. 

All’Unione Europea, grazie a un contratto firmato il 10 novembre, andranno invece 200 milioni di dosi (pi ù un’opzione per altri 100 milioni). In Italia dovrebbero arrivare nel corso della prima tranche circa 27 milioni di dosi, il 13,51% del totale. 

Ricordiamo che il vaccino Pfizer-BionTech ha un punto debole: va conservato a -70 gradi, una caratteristica che ne rende difficile la conservazione e il trasporto. L’azienda Usa ha assicurato di poter spedire il vaccino in scatole refrigerate con ghiaccio secco contenenti da mille a cinquemila dosi. Il vaccino potrà essere conservato per un massimo di 5 giorni nei congelatori convenzionali e di 15 giorni negli appositi refrigeratori. 

IL VACCINO DI MODERNA

Il vaccino di Moderna, come quello di Pfizer, è a Rna messaggero, vale a dire stimola la produzione di anticorpi contro la proteina spike attaccata dal virus. Attualmente il preparato si trova alla terza fase di sperimentazione, quella sull’uomo, che però non è stata ancora completata. 

I test in questo caso sono stati condotti su 30mila pazienti suddivisi in due gruppi: al primo è stato dato il vaccino in due dosi, al secondo un placebo. Ad ammalarsi sono stati in 95, 90 appartenenti al gruppo che aveva avuto il placebo e 5 a quello dei vaccinati. Tra questi ultimi non sono stati riscontrati effetti collaterali rilevanti, al massimo qualche grado di febbre, un po’ di stanchezza e l’indolenzimento nel punto dell’iniezione. Nessuno dei vaccinati ha avuto sintomi gravi da Covid-19, mentre 11 dei positivi non vaccinati sono stati colpiti dal Covid severo. Da questi dati è stato calcolato un valore d’efficacia pari al 94,5%. 

Il vaccino può essere conservato per 30 giorni in un frigorifero o in un freezer e può rimanere a temperatura ambiente fino a 12 ore, caratteristiche che lo rendono più facilmente trasportabile rispetto al preparato dei rivali che invece richiede una conservazione a -80 gradi. 

Anche in questo caso la Commissione Ue “ha concordato con Moderna la fornitura di fino a 160 milioni di dosi di vaccino. 

A CHE PUNTO È ASTRAZENECA 

Il derby americano tra Pfizer e Moderna ha oscurato il lavoro di un’altra società che sta sviluppando un vaccino anti-Covid-19 e di cui si era parlato molto nei mesi scorsi: si tratta della britannica AstraZeneca, che sta sperimentando il suo preparato insieme all’Università di Oxford e che ne ha affidato la produzione all’Irbm di Pomezia. 

A differenza dei primi due, che come detto si basano sull’Rna messaggero, il vaccino AstraZeneca-Oxford si basa su un adenovirus, una versione indebolita di un virus comune del raffreddore a cui è stata modificata l’informazione genetica per veicolare parti del Covid-19.

Anche il vaccino di AstraZeneca si trova nella fase 3 della sperimentazione, ma la società non ha ancora annunciato i dati preliminari. La comunicazione dei primi risultati dovrebbe arrivare nelle prossime settimane e, nel caso in cui si rivelassero positivi, anche l’azienda britannica potrebbe chiedere l’autorizzazione d’emergenza per l’impiego del vaccino, distribuendo le prime dosi entro fine anno.

L’Unione Europea, come avvenuto nei due casi precedenti, ha già prenotato una prima fornitura di dosi, stavolta pari a 400 milioni, mentre gli Usa ne hanno prenotate 300 milioni. 

Qualche settimana fa, il presidente del centro di ricerca Irbm di Pomezia, Piero Di Lorenzo aveva spiegato al sito Financial Lounge: “se non insorgono problematiche improvvise è ragionevole pensare che la fase clinica di sperimentazione possa concludersi entro fine novembre o i primi di dicembre”. “Conclusa la fase 3 – ha proseguito – la palla passa all’Ema (l’Agenzia europea del farmaco, ndr) per l’eventuale validazione”.

“Se tutto andrà bene – aveva aggiunto Di Lorenzo – è ragionevole aspettarsi che le prime dosi di vaccino, 2-3 milioni, arrivino in Italia entro la fine dell’anno. Il contratto tra AstraZeneca e l’Ue prevede la consegna di 300 milioni di dosi entro giugno 2021. In Italia ogni mese arriveranno una decina di milioni di dosi. Entro giugno 2021, tutti quelli che vorranno vaccinarsi in Italia potranno farlo”.

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