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Demografia: all’Italia servono più donne lavoratrici e più immigrati

Il pensionamento dei baby boomers e il calo delle migrazioni faranno calare nei prossimi anni la popolazione attiva: l’Osservatorio Cpi propone due soluzioni per ridurre gli squilibri

Demografia: all’Italia servono più donne lavoratrici e più immigrati

Nei prossimi anni il problema demografico dell’Italia tenderà ad aggravarsi, creando squilibri preoccupanti nel mercato del lavoro. Lo scrive in un’analisi l’Osservatorio conti pubblici italiani, spiegando che le ragioni sono due.

Problema 1: i baby boomers vanno in pensione

In primo luogo, il saldo negativo fra ingressi e uscite dal mercato del lavoro è destinato ad ampliarsi perché la generazione dei baby boomers (i nati negli anni Cinquanta e all’inizio del decennio successivo) andrà in pensione.

Nel dettaglio, il saldo demografico delle persone in età lavorativa passerà da -180mila unità del 2020 a -300mila nel 2026, per poi rimanere stabilmente oltre i -400mila per tutto il decennio degli anni Trenta. Stando alle proiezioni, il saldo ricomincerà a salire solo dopo il 2040, quando il calo delle nascite registrato negli anni Settanta inizierà a riflettersi sul numero dei 65enni.

Problema 2: il saldo migratorio si riduce

Il secondo motivo di preoccupazione citato dall’Osservatorio Cpi è il saldo migratorio, che già negli ultimi anni ha iniziato a ridursi e in futuro potrebbe assestarsi su livelli più bassi a quelli osservati nel primo decennio degli anni Duemila, almeno a giudicare dalle previsioni dell’Istat.

Stando allo scenario mediano formulato dall’Istat, infatti, questo dato dovrebbe rimanere stabile per i prossimi tre decenni intorno a una media positiva di 130mila unità l’anno. Su questo fronte, però, i margini d’incertezza sono ampi: “L’intervallo di previsione presentato dall’Istat va da uno scenario “alto”, con un saldo intorno alle 200.000 unità (simile alla media osservata nel primo ventennio di questo secolo) a uno “basso”, intorno a 50.000 unità”, si legge ancora nell’analisi.

Soluzione 1: favorire e programmare l’immigrazione

Secondo l’Osservatorio, quindi, per affrontare la questione demografica sarà necessario intervenire su due fronti: programmare un’immigrazione regolare, “portandola a livelli superiori di quelli osservati nel primo ventennio di questo secolo”, e allargare in modo consistente il perimetro del mercato del lavoro.

Sul primo versante, l’Osservatorio sottolinea che il problema non riguarda solo i numeri complessivi dei lavoratori, ma anche le loro competenze:

“Da un lato, i migranti tipicamente trovano occupazione in lavori dove vi è carenza di offerta, ad esempio l’assistenza agli anziani e il settore agricolo (Boeri, 2018). Dall’altro, nei prossimi anni il calo demografico potrebbe comportare anche una carenza di forza lavoro specializzata e professionale. In tal senso, affinché la popolazione migrante più giovante possa contribuire in futuro all’offerta di lavoro qualificato, bisognerebbe favorire l’integrazione e l’educazione degli stranieri (Marois et al., 2020)”.

Soluzione 2: aumentare la partecipazione delle donne al lavoro

Quanto al tasso di partecipazione al mercato del lavoro, è necessario intervenire soprattutto su quello femminile, che oggi è inferiore di quasi il 20% rispetto a quella maschile (54,7 contro 73,5%). In questo modo si può puntare a incrementare di quasi il 10% il tasso di partecipazione al lavoro di tutta la popolazione compresa nella fascia d’età fra i 15 e i 64 anni.

“Un simile incremento nei prossimi vent’anni, insieme allo scenario “alto” sui flussi migratori, ridurrebbe quasi a zero la perdita di forza lavoro nei vent’anni”, conclude l’analisi.

Fonte: Osservatorio conti pubblici italiani.

Sullo stesso argomento, leggi anche l’intervista al Professor Livi Bacci.

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