I data center sono le fondamenta nascoste dell’era digitale. Veri e propri cuori pulsanti dell’economia contemporanea, ospitano milioni di server e infrastrutture informatiche che elaborano, archiviano e distribuiscono i dati generati ogni secondo da miliardi di dispositivi, sensori, applicazioni e utenti. Dai servizi cloud all’intelligenza artificiale, dall’online banking alle piattaforme di streaming, fino alla gestione delle smart city: dietro ogni interazione digitale si cela, silenzioso e instancabile, un data center.
Ed è un mercato in piena espansione. Nel 2024 il valore globale del settore ha superato i 347 miliardi di dollari, con una previsione che punta a quota 1.000 miliardi entro il 2034, sostenuta da una crescita media annua dell’11,24%. A spingere questa corsa sono l’esplosione del traffico dati, la diffusione delle applicazioni con Intelligenza artificiale, la migrazione verso il cloud e la digitalizzazione sempre più pervasiva di industrie, servizi pubblici e infrastrutture urbane.
Ma cos’è esattamente un data center? Cosa si nasconde davvero dietro queste infrastrutture, apparentemente invisibili?
Cosa sono i data center (e perché non possiamo più farne a meno)
Un data center è una struttura tecnologica avanzata, progettata per ospitare sistemi informatici ad alte prestazioni: server, dispositivi di rete, unità di archiviazione, impianti di raffreddamento e sofisticati sistemi di sicurezza fisica e digitale. Il suo compito? Non solo custodire dati, ma garantirne disponibilità, velocità di elaborazione e protezione 24 ore su 24, 7 giorni su 7.
L’affidabilità è tutto: anche un’interruzione di pochi secondi può causare danni enormi. Per questo ogni componente – dalla doppia alimentazione elettrica ai sistemi antincendio, dalla cybersecurity alla connettività in fibra ottica – è progettato con criteri di massima resilienza.
In pratica, ogni volta che inviamo una mail, guardiamo una serie in streaming, prenotiamo un volo o interagiamo con un chatbot, è un data center – magari a migliaia di chilometri di distanza – a ricevere, elaborare e restituire la nostra richiesta in pochi millisecondi. Sono queste infrastrutture, spesso invisibili e silenziose, a tenere in piedi la nostra vita digitale.
Data center, le leve della crescita: AI, cloud e sovranità digitale
La domanda globale di data center è alimentata da una convergenza di fattori economici, tecnologici e normativi, che stanno trasformando in profondità il panorama digitale. L’esplosione del traffico dati è solo la punta dell’iceberg: secondo Mordor Intelligence, il consumo medio mensile per smartphone è passato da 3 GB nel 2018 a 10,77 GB nel 2024, con una proiezione di 30,74 GB entro il 2030. Questa dinamica, unita ad altri driver strutturali, sta rendendo i data center infrastrutture sempre più strategiche. Tra i principali fattori vi sono:
- Cloud computing: la spinta delle nuvole: la migrazione delle aziende verso ambienti cloud – pubblici, privati o ibridi – è ormai globale. Le piattaforme cloud richiedono data center scalabili, ad alta densità e connessi tra loro, capaci di gestire enormi volumi di dati in tempo reale. Il risultato è una corsa alla costruzione di strutture sempre più performanti e diffuse sul territorio.
- Intelligenza artificiale: serve più potenza: con l’ascesa dell’intelligenza artificiale – e in particolare dell’AI generativa – la richiesta di potenza di calcolo è esplosa. I modelli di machine learning e deep learning hanno fame di energia e di server potenti, spingendo la nascita di nuovi data center ottimizzati per GPU e ambienti ad alte prestazioni (HPC). Il 2024 è solo l’inizio: la tendenza è destinata ad accelerare.
- Sovranità digitale: i dati “a casa propria”: le normative europee, come il Gdpr, impongono di conservare i dati sensibili all’interno di confini geografici precisi. Questo ha innescato una corsa alla “localizzazione” delle infrastrutture digitali, con governi e aziende impegnati a costruire data center nazionali per garantire autonomia tecnologica e conformità alle leggi.
- Digitalizzazione e transizione green: tecnologie emergenti come blockchain, IoT, edge computing e 5G stanno moltiplicando i punti di raccolta e analisi dei dati. Allo stesso tempo, cresce l’urgenza di rendere tutto questo più sostenibile. I nuovi data center devono essere efficienti, alimentati da fonti rinnovabili e progettati secondo criteri di economia circolare.
Energia e sostenibilità: il tallone d’Achille dei data center
Dietro la leggerezza apparente del digitale si nasconde una fame energetica gigantesca. I data center consumano oggi circa l’1,5% dell’elettricità globale, e con l’AI generativa questa percentuale è destinata a salire vertiginosamente. Solo quelli progettati per l’intelligenza artificiale, secondo IDC, principale società di market intelligence in ambito Ict, potrebbero arrivare a 146 TWh (terawattora) entro il 2027. Entro il 2028, l’intero comparto potrebbe assorbire fino a 857 TWh, più di tre volte il consumo annuo del Regno Unito.
In Italia, la pressione sulla rete è altrettanto evidente: la domanda di connessione da parte dei data center è passata da 1,25 GW nel 2021 a quasi 40 GW stimati nel 2025. Il nodo principale? La Lombardia, che ospita il polo nazionale più importante. Per rispondere ad una vorace domanda di elettricità, Terna – il gestore della rete di trasmissione elettrica – ha messo sul piatto oltre 23 miliardi di euro nel Piano di Sviluppo 2025-2034, con l’obiettivo di potenziare e digitalizzare la rete elettrica del Paese.
Secondo le stime di IDC, i soli data center ad alte prestazioni progettati per l’intelligenza artificiale potrebbero consumare 146 TWh entro il 2027. Su scala globale, il fabbisogno elettrico dei data center potrebbe arrivare a 857 TWh entro il 2028, oltre tre volte il consumo annuo del Regno Unito. Queste cifre rendono evidente come la questione energetica sia uno dei nodi più critici dello sviluppo digitale.
Ma la sfida non è solo quanta energia usare. È come usarla. E qui entra in gioco la sostenibilità. Le soluzioni adottate sono sempre più innovative:
- Fonti rinnovabili (sole, vento, acqua) come principale fonte di alimentazione.
- Raffreddamento a liquido, più efficiente e meno energivoro rispetto all’aria.
- Recupero del calore per il teleriscaldamento urbano o per usi industriali.
- Data center sottomarini, ancora sperimentali, che sfruttano le basse temperature del mare per raffreddare naturalmente i server.
Italia: il boom silenzioso dei data center
L’Italia sta vivendo un’esplosione silenziosa nel mercato dei data center: una crescita rapida, strategica e ancora poco percepita dal grande pubblico.
Nel 2024, il comparto europeo dei data center ha generato un giro d’affari da oltre 87 miliardi di dollari, con una crescita annua superiore al 10%.Anche l’Italia sta guadagnando terreno, con un mercato che ha oltrepassato i 4 miliardi di euro e una rete di infrastrutture in continua espansione.
Con 169 strutture attive, secondo i dati di Data Center Map, l’Italia è oggi il quarto Paese dell’Europa continentale per numero di data center, dietro solo a Germania (406), Francia (244) e Paesi Bassi (179). Quinto posto, invece, se si include anche il Regno Unito (377), considerato però extra Ue.
Secondo l’Osservatorio Data Center del promosso dal Politecnico di Milano – nato per mappare le infrastrutture italiane e promuovere la conoscenza di un settore considerato ormai asset strategico per la competitività e la sovranità digitale – gli investimenti complessivi supereranno i 15 miliardi di euro entro il 2026, con una forte accelerazione già avvenuta nel biennio 2023–2024.
Milano è il cuore di questo sviluppo. Con 238 MW IT installati (+34% in un anno), è entrata nella top 15 europea, superando città come Amsterdam e Varsavia. L’intera Lombardia, con 318 MW IT, ha ormai superato Madrid e Varsavia, avvicinandosi ai colossi digitali come Francoforte, Londra e Dublino. Il capoluogo lombardo beneficia di una posizione geografica favorevole, di una rete infrastrutturale moderna e di una crescente integrazione nei progetti europei sul supercalcolo e sul cloud sovrano.
Basti pensare che il cosiddetto “triangolo tecnologico” Milano–Monza–Pavia ospita da solo un terzo dei data center italiani, ma anche Roma, Torino, Bologna e Genova stanno guadagnando terreno, attirando nuovi investimenti e potenziando la propria infrastruttura digitale.
Nel complesso, l’Italia ha raggiunto 513 MW IT (+17% su base annua) e oltre 333.000 metri quadrati di superficie operativa. Dietro questi numeri ci sono anche le persone: il settore impiega già 40mila lavoratori, tra occupazione diretta e indiretta, con una domanda crescente di tecnici specializzati, ingegneri, esperti di AI, sostenibilità e cloud.
Data center: non solo potenza di calcolo ma anche innovazione e architettura
I nuovi data center non sono solo potenti: sono anche sostenibili, ingegnosi e – in molti casi – esteticamente sorprendenti.
A Milano e Genova, Equinix, uno dei maggiori operatori globali, ha realizzato cinque strutture ad alte prestazioni. Il capoluogo ligure è diventato un nodo cruciale per la connettività internazionale grazie all’approdo del cavo sottomarino 2Africa, il più lungo del mondo con i suoi 45.000 chilometri, destinato a collegare 33 Paesi su tre continenti. A Roma, invece, Cloud Europe ha trasformato un ex caveau bancario in un centro dati a emissioni zero, ribattezzato “Iceberg” per la sua natura nascosta e potente.
In Trentino, nella Val di Non, il progetto DataMine prevede la costruzione di un data center all’interno di una miniera attiva, sfruttando l’isolamento della roccia per ottimizzare i consumi energetici. L’inaugurazione è prevista nel 2026, con il supporto del Pnrr. Con Mediterra Data Centers, infine, si punta a fare dell’Italia il cuore digitale del Sud Europa.
Questi centri di elaborazione sono ormai fondamentali per settori ad alta intensità di dati: dall’aerospazio, con Leonardo e Thales Alenia Space, alla Formula 1, dove la Ferrari li impiega per simulazioni aerodinamiche avanzate. Anche la nautica (Benetti, Ferretti), l’energia (Eni, Terna) e la ricerca geologica traggono vantaggio da queste infrastrutture, che permettono calcoli complessi, in tempo reale, abilitando innovazione e competitività industriale.
Questi centri di elaborazione sono ormai fondamentali per settori ad alta intensità di dati: dall’aerospazio, con Leonardo e Thales Alenia Space, alla Formula 1, dove la Ferrari li impiega per simulazioni aerodinamiche avanzate. Anche la nautica (Benetti, Ferretti), l’energia (Eni, Terna) e la ricerca geologica traggono vantaggio da queste infrastrutture, che permettono calcoli complessi e in tempo reale.
Ma l’innovazione non si ferma alla tecnologia. In molti casi i data center si trasformano in veri e propri simboli architettonici, spesso collocati in ambientazioni sorprendenti.
A Stoccolma, ad esempio, il data center Pionen sorge 30 metri sotto terra in un ex bunker antiatomico, oggi riconvertito in uno spazio hi-tech con fontane, serre, acquari e alimentazione 100% rinnovabile, integrato nel sistema di teleriscaldamento urbano.
In Norvegia, il Green Mountain DC1 occupa un ex deposito Nato affacciato su un fiordo: i server sono raffreddati dalle acque gelide circostanti, e l’intero impianto è alimentato da energia idroelettrica, per un impatto ambientale pari a zero.
Anche Microsoft ha sperimentato soluzioni estreme con il Project Natick: un data center sottomarino posizionato al largo delle isole Orcadi, in Scozia. Il test ha dimostrato che queste strutture, immerse in ambienti controllati e naturalmente freschi, sono più affidabili, sostenibili e adatte a ridurre la latenza nelle aree costiere densamente popolate.
Negli Stati Uniti, l’architettura diventa protagonista. A Dallas, in Texas, il TX-1 RagingWire è un centro in vetro e acciaio pensato come showroom, con spazi confortevoli e un design ultramoderno. A Grand Rapids, in Michigan, il Pyramid Switch è ospitato in una piramide di vetro e granito, con tanto di pendolo di Foucault. In Georgia, Google ha costruito un data center che riflette lo spirito creativo di Mountain View: tubature colorate non solo funzionali, ma anche decorative, per facilitare l’orientamento e rendere l’ambiente visivamente distintivo.
E infine, tra i più iconici d’Europa, c’è il MareNostrum di Barcellona (che nel 2017 ha vinto il premio di data center più bello al mondo): un supercomputer installato all’interno di una chiesa sconsacrata. Qui si lavorano simulazioni complesse, dai modelli climatici alla ricerca oncologica, in un luogo che unisce sacro e digitale in un’immagine potentissima dell’era moderna.
Dalla profondità delle miniere trentine ai bunker svedesi, passando per i fondali scozzesi e le chiese catalane, i data center sono come “nuove cattedrali del XXI secolo“: templi della conoscenza, della connettività e della potenza computazionale che reggono – spesso nell’ombra – la nostra quotidianità sempre più digitale.