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Dario Nuti, un pastry chef impressionista al Cavalieri Wardolf Astoria

Il Pasticciere del Cavalieri si confessa: “Sono golosissimo”. Il suo percorso di Pastry Chef nasce però dall’orto della casa del Mugello dove da piccolo si divertiva a giocare con le verdure finché la nonna…

Dario Nuti, un pastry chef impressionista al Cavalieri Wardolf Astoria

Dall’orto ai dolci. Fu la nonna a capire, per prima, che quel nipotino che aveva trasformato l’orto della casa del Mugello, nel suo parco giochi, divertendosi a osservare, toccare, raccogliere zucchine o melanzane, pomodori o cipolle per poi portarli in casa, era attirato, fascinato dalla cucina.

Se lo tenne accanto a sé quando stava ai fornelli e si faceva aiutare nella preparazione dei cibi per la tavola. Anche il padre non era da meno e si divertiva a “impasticciare” qualcosa con il ragazzo che così ricevette i primi rudimenti per realizzare un minestrone e addirittura un risotto alla milanese, m sotto l’occhio vile della nonna meneghina.

Insomma per Dario Nuti, oggi trentottenne, “Executive Pastry Chef” del Rome Cavalieri Wardolf Astoria di Roma, chiamato a operare per il ristorante L’uliveto, il Tiepolo Terrace, il Pool Bar, il Room Service, di uno dei più importanti alberghi della capitale, sapendo che all’ultimo piano c’è una vera e propria istituzione, il ristorante La Pergola del tristellato Heinz Beck, il futuro cominciava a delinearsi.

Ma la pasticceria non si è presentata subito al suo orizzonte. Quando il giovane Dario iniziò a lavorare, seguendo le sue inclinazioni, non lo fece in una pasticceria bensì vagò per diverse trattorie e ristoranti del circondario, dalla Trattoria Le Cave di Maiano al ristorante della Villa Aurora a Fiesole che ricorda un passato glorioso per aver ospitato a suo tempo la regina Vittoria d’Inghilterra imperatrice delle Indie, le Regine d’Olanda ed i re Belgi, la Regina Margherita di Savoia del Regno d’Italia. Il salto di qualità si presentò con il Resort Villa Le Maschere nelle colline toscane del Mugello alle porte di Firenze, ricavato in una delle più belle dimore di campagna del tardo Rinascimento fiorentino. Si comincia a parlare di alta cucina. Da qui si trasferisce al Four Seasons di Firenze, ristorante cinque stelle lusso, tutto stucchi, lampadari di Murano, affreschi e mobili d’alto antiquariato, ricavato nel Palazzo Scala della Gherardesca una delle storiche dimore di Firenze dove in men che non si dica è subito Sous Chef, affiancando Vito Mollica, chef stellato nel 2011.

Ed è qui che avviene la conversione sulla strada di San Paolo. Pur lavorando alle cucine del ristorante, il giovane Dario è molto incuriosito dall’arte del Pastry Chef del Four Seasons, Romain Renard, un vero e proprio mostro sacro nel suo campo, formatosi a l’Ecole Du Grand Chocolat Valrhona di Lione, passato poi per Londra, come Chef de Partie Patissier a L’Esperance, ristorante stellato Michelin; per gli Stati Uniti, dove ha lavorato al Ristorante Daniel di New York, ristorante gourmet considerato al top della città americana, poi per il Mandarin Horiental Hotel Group e lo Shangri-La Hotels and Resorte nelle Filippine.

Quando i fornelli della cucina non lo occupano, Nuti raggiunge Renard nella zona del laboratorio della pasticceria e lo osserva con ammirazione, fa domande, si incuriosisce, lo studia, cattura e memorizza tutte le sue procedure culinarie. Quel mondo fatto di estetica e di precisione, di ordine e di tecnica, di estro e innovazione lo affascina. Renard apprezza il suo interessamento gli fa mettere mano ai suoi dolci. Ma ben presto Renard riceve una offerta allettante, di quelle alle quali non si può dire di no, dal Jumeirah Group & Resorts Burj Al Arab di Dubai, il famosissimo grattacielo con la vela e se ne va in oriente. Vito Mollica colto alla sprovvista, vista la pratica fatta e i risultati ottenuti dalla frequentazione e amicizia con Renard, prega Dario di occuparsi temporaneamente della pasticceria, il tempo di trovare un sostituto. Inutile dire che quel temporaneamente resta solo un espediente dialettico. Perché quando poco dopo arriva il nuovo Pastry Chef Domenico di Clemente, reduce dal ristorante di Alan Ducasse e dalla famosa Patisserie & Chocolaterie di Thomas Haas a Vancouver, il destino di Nuti è segnato, continuerà a lavorare con i dolci come assistente di Di Clemente.

Sette anni fa nuova opportunità e il grande salto da assistent a chef. Le sirene lo chiamano a Roma, all’Imago di Trinità dei Monti, ristorante stellato guidato da uno dei più intelligenti e stimolanti chef della capitale, Francesco Apreda, all’ultimo piano dell’Hotel Hassler, con una vista mozzafiato sui tetti della città eterna. Sono sette anni di crescita e di consolidamento per Dario Nuti che spesso dialoga con Apreda che al contrario suo ha iniziato dalla pasticceria per finire invece alle cucine. Insomma i due se la intendono bene e si scambiano pareri e suggerimenti. Finché arriva la grande proposta, Executive Chef Pastry del Roma Cavalieri Astoria, a Monte Mario, dov’è alla testa di una brigata di 10 aiutanti e dove c’è da lavorare ininterrottamente per 700 ospiti dell’albergo e poi per i meeting e le attività congressuali che possono annoverare fino a 3.500 persone. E’ stata una grande sfida, proprio per i numeri. Nuti non è si è tirato indietro, e ha portato un immediato vento di aria nuova nelle cucine della Rome Cavalieri, innanzitutto il rispetto della stagionalità nella carta dei dessert perché se è vero che la pasticceria è un arte, un grande pasticciere deve poter contare anche sui sapori decisi e profondi di prodotti del mercato e non certo su quelli che subiscono alterazioni e trasformazioni perché provenienti da paesi lontani. Poi ha messo mano alla standardizzazione dei processi, alla selezione e alla formazione del team dei suoi collaboratori.

Ed è certo che non si fermerà qui perché la pasticceria al Rome Cavalieri deve essere una macchina perfetta in quanto non si limita alla realizzazione di un mirabile dessert dopo pasto, il lavoro inizia sin dalla prima colazione con i croissant e i dolci da forno “Chi mangia un mio cornetto deve avere un sorriso radioso”. Si passa poi al caffè di metà mattina accompagnato da mignon assortiti, per arrivare al pranzo, dove Nuti gestisce menu differenti, studiati appositamente, in base alle differenti destinazioni d’uso, per il ristorante Uliveto, il Tiepolo Terrace e il Pool Bar. Si prosegue con il the delle cinque accompagnato da una selezione di pasticceria da the italiana, affiancata dai britannici scones, e dalle francesi madeleine, per poi passare alla sezione gelateria con gelati e sorbetti home made e totalmente naturali. Si conclude la giornata con la cena, in cui il dessert è il coronamento di una giornata all’insegna della dolcezza. Una linea dedicata di amenities e dessert è destinata al Room Service. Un discorso a parte merita la pasticceria realizzata in occasione di grandi eventi, dove la perfetta e calibrata organizzazione della brigata è essenziale per la buona riuscita e la proficua convivenza con le altre attività dell’albergo.

Ma ovviamente la grande sfida – non solo di Nuti, ma di tutti i pasticcieri – è sulle grandi preparazioni di fine pasto, quando il dessert deve arrivare a colpire i sensi e i sentimenti dopo un abbondante pasto di tre o quattro portate. C’è da risvegliare percezioni sopite dal cibo e da qualche buona bottiglia. Per Dario Nuti la pasticceria è un elemento in grado di generare una sensazione di benessere che conduce all’euforia, “un dolce non serve a sfamarti, arriva a fine pasto ed è pura gratificazione, un vero e proprio peccato di gola, che raggiunge il suo scopo più elevato quando è in grado di regalare un ricordo”. Ed ecco che Nuti ti proporne qualcosa che equivale a un piacevole risveglio come “Amalfi”, un suggestivo dessert – rivisitazione di un dolce francese- caratteristico nella sua forma di limone preparato con limoni di Amalfi – da cui prende il nome – e Melissa, con Crumble al’Olio d’Oliva citronato, Cacao e The. Ma c’è anche una spettacolare e irresistibile rivisitazione del Mont Blanc con la “Nuvola” – ispirata a quella architettonica creata da Fuksas all’Eur – costituita da una Meringa molto friabile, ripiena di Castagne, Mandarino e Rosmarino. Viene servita con una decorazione di zucchero filato e ghiaccio secco, che opportunamente lavorati, creano quel suggestivo effetto di “spumosità” tipico delle nuvole.

La mia pasticceria, ama dire, è molto impulsiva, generalmente cerco di non cadere nello standard, perché non lo sono nella vita, sono uno che si annoia se non prova nuove emozioni, le cerco di continuo non solo nella mia attività professionale ma nella vita, un prodotto deve essere vissuto ma poi devi saperlo abbandonare. Mi sento di dire che la mia cucina è astratta, molto impressionista, sia a livello di colori che di pasticceria, viviamo una stagione dominata da Instagram e da Facebook, dove tutto è ripetizione, e questa omologazione non è fonte di ricchezza si rischia di diventare scontati. Ma la vita è altro, è fatta di curiosità, di impressioni, di punti interrogativi. Di idee soprattutto. E se tutto questo puoi trasmetterlo in un dolce puoi star tranquillo che hai colto nel segno e la gente se ne accorge e come.

Non si può chiudere un ritratto di un giovane-grande chef che ha costruito metodicamente la sua carriera in così breve tempo se non gli si domanda se questo stare in mezzo a creme, panne, cioccolato, miele, zuccheri, aromi abbia intaccato la sua golosità. “Assolutamente no, risponde, io sono goloso, molto goloso, e se mi piace un dolce lo divoro fino in fondo”. Però, se si toglie il cappello da grande Chef è anche capace di ammettere che pur vivendo la sua quotidianità, immerso nell’alta patisserie di scuola francese, italiana e internazionale, i suoi dolci preferiti restano lo zuccotto “perché mi ricorda l’infanzia, mia nonna, e tutte le feste in famiglia”; il tiramisù “lo ammetto sono molto tradizionalista” e infine, “se mi è permessa un’autocitazione, la mia Dolce mozzarella”, un dolce condiviso con Francesco Apreda, napoletano, realizzato cinque anni fa all’Imago, che ha la forma di una mozzarella ma nasconde un composto di yogurt, latte di bufala, cioccolato bianco gelificato all’esterno “. Ammicca un sorriso compiaciuto: “mi piace così tanto che ancora lo propongo”. E questa si chiama passione.

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