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Dallo spread segnali di allarme per il Governo ma tutto tace

Di fronte al rialzo del differenziale tra Btp e Bund solo il ministro Tria sembra preoccuparsi. Invece, il rialzo del differenziale sul decennale trascina anche gli altri bond europei. Ma i grillini si limitano ad inveire contro la speculazione e sembrano ignorare che l’aumento dei tassi frena investimenti e consumi e aumenta l’onere per lo Stato. Così l’economia frena ed è più difficile sostenere nuove spese come flat tax e reddito di cittadinanza

Dallo spread segnali di allarme per il Governo ma tutto tace
Nessuno nel nostro Governo, a parte il ministro Tria, sembra interessarsi dell’andamento dello spread dei titoli di Stato italiani nei confronti del Bund tedesco. Eppure per il decennale siamo tornati vicini ai livelli di guardia, in quanto la differenza tra i due titoli si colloca ora tra i 250 e i 260 punti così che i nostri BTp rendono adesso circa il  2,90-3%.
Anche la differenza rispetto agli altri principali paesi europei sta diventando molto sensibile. Il Portogallo, ad esempio, ha uno spread di 160 punti così che il rendimento dei suoi titoli è dell’ 1,90% cioè di ben un punto inferiore al nostro. La Spagna sta ancora meglio essendo il suo spread di poco superiore ai 100 punti e quindi quindi il rendimento dei suoi titoli si colloca intorno all’1,30%. La Francia che pure non ha un’economia molto brillante ed una finanza pubblica con qualche squilibrio ha uno spread di 0,40 punti e quindi i suoi titoli decennali rendono lo 0,70% cioè oltre due punti al di sotto dei nostri.
   Molti tra i grillini ed i pentastellati, oltre ad inveire contro la speculazione orchestrata da governi nemici o da avidi banchieri, ritengono che lo spread sia solo fuffa e che il suo livello non abbia conseguenze sull’economia reale. In realtà lo spread è il termometro del grado di fiducia che i risparmiatori italiani stranieri nutrono sulle prospettive della nostra economia e sui programmi del governo. In questo momento l’incertezza è alta e non passa giorno senza che qualche risparmiatore, anche piccolo, si rivolga alla propria banca per cercare un rifugio sicuro per il proprio gruzzolo. Quindi si vendono i titoli italiani e si comprano i più affidabili titoli di stati esteri o di solide aziende internazionali.
Questa sfiducia comporta la richiesta di tassi di interesse più elevati per compensare il rischio di acquisto di titoli italiani. E questo rialzo dei tassi influisce, eccome, sull’economia reale sia direttamente che indirettamente. Infatti da un lato anche i tassi bancari si adeguano all’aumento degli spread e quindi i prestiti alle imprese ed alle famiglie saranno più cari frenando sia gli investimenti che i consumi, mentre dall’altro aumenterà l’onere che lo Stato deve pagare sul proprio debito per una cifra che per il prossimo anno, se i tassi dovessero rimanere sugli attuali livelli, si aggirerebbe sui 4 miliardi di Euro. Di conseguenza la spesa pubblica dovrebbe essere tagliata nella parte che riguarda i servizi ai cittadini per poter pagare l’onere del debito. E certo  sarà più difficile sostenere nuove spese come il reddito di cittadinanza o la flat tax.
    Questo rialzo dei tassi che per ora colpisce solo l’Italia, si somma ad altri eventi negativi come la guerra dei dazi o il rialzo del petrolio, per cui la maggior parte dei centri di previsione prevedono già da quest’anno un certo rallentamento dell’economia la cui dinamica dovrebbe fermarsi ben al di sotto dell’ 1,5% inizialmente sperato.
Questa situazione dovrebbe indurre il governo a concentrare la propria azione sul sostegno della congiuntura attraverso riforme capaci di aumentare la competitività ed azioni di contenimento del debito pubblico in modo da mantenere bassi i tassi d’interesse. Ma nulla di tutto questo sta avvenendo. E certo non possono bastare le generiche affermazioni del presidente Conte sulla sostenibilità del nostro debito mentre i suoi vice Di Maio e Salvini insistono su politiche si spesa pubblica,restrizioni della libertà di mercato, e protezione dalle “invasioni ” di merci straniere mediante dazi. Il bello è che gli artigiani (molti dei quali sono forti esportatori) applaudono alla minaccia di introdurre dazi (il che vuol dire in pratica uscire dalla UE) senza aver ben ragionato su quanto ci rimetterebbero perdendo una parte rilevante dei loro mercati esteri a causa delle inevitabili ritorsioni degli altri paesi. E gli industriali, specie quelli della Lombardia e del Veneto legati a filo doppio alla Germania, non hanno nulla da dire di fronte alla politica avventurista di questo governo?
   Il governo continua ad alimentare l’illusione che tutto si può risolvere stampando moneta. Per farlo bisognerebbe uscire dall’Euro. Ed in ogni caso stampare moneta senza controllo spinge il paese non verso lo sviluppo (come loro credono) ma verso una elevata inflazione, una perdita di valore dei risparmi (che infatti stanno fuggendo) ed una riduzione della capacità di spesa di quanti vivono di reddito fisso. Ma lo spread è già un campanello d’allarme. Il governo dovrebbe rapidamente cambiare rotta, altrimenti i cittadini che oggi sembrano incantati dalle facili promesse, rischiano di andare incontro ad un brusco e doloroso risveglio.

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