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Cristina Bowerman, la chef stellata che ha scoperto la cucina negli Usa

La Bowerman della Glass Hostaria di Trastevere a Roma è una delle 10 chef stellate d’Italia: faceva l’avvocato ma negli Usa ha scoperto la cucina e non si è più fermata

Cristina Bowerman, la chef stellata che ha scoperto la cucina negli Usa


Strano destino quello delle donne nella ristorazione di qualità. Dici donna e subito pensi agli angeli del focolare, alle mamme-cuoche e alle nonne-cuoche sempre provette nell’immaginario collettivo, depositarie di ricette segrete familiari in cucina che alimentano ricordi nostalgici di profumi e sapori straordinari dell’infanzia della più parte dell’umanità, ma poi vai a vedere che succede con la parità di genere sotto il firmamento stellato della Guida Michelin e scopri che in Italia su 360 stelle solo 10 si sono posate su una Chef donna.  E tanto per rafforzare il concetto si può provare a chiedere in giro, al primo che capita, il nome di qualche grande firma prestigiosa in cucina.  Si materializzeranno subito quelli di Cannavacciuolo, di Vissani, di Cracco, di Barbieri, che hanno goduto di larga esposizione mediatica (in qualche caso nociva) tutti due o una stella. Nessuno nominerà una delle dieci donne Chef stellate, che annoverano in questo sparuto elenco personalità del calibro di Nadia Santini, che di stelle con il ristorante Il Pescatore a Canneto sull’Oglio (Mantova), ne ha ben 3 e nel 2017 è entrata nella classifica dei 100 migliori chef del mondo stilata da “Le Chef” o di Annie Féolde, prima donna a conquistare tre stelle Michelin in Italia, e quarta nel mondo, con l’enoteca Pinchiorri a Firenze. Insomma se ne deve dedurre che per una donna chef il prezzo da pagare sia notevole perché la cultura gastronomica si arricchisca ulteriormente dell’altra metà del cielo, per dirla col vecchio compagno Mao.

Gruppo sparuto, al momento, ma molto agguerrito e per nulla intimorito dalla preponderanza maschile del settore. Fa testo Cristina Bowerman, stella Michelin del Glass Hostaria in vicolo del Cinque a Roma, donna dalle sette vite, sempre in movimento, sempre in avanti sui tempi, sempre attenta a cogliere ogni novità che le si presenti davanti, sempre desiderosa di spingere il pedale dell’acceleratore della sua macchina da guerra gastronomica e mai quello del freno. La sua storia è talmente intensa che a raccontarla tutta si occuperebbero diverse pagine non avendo mai la certezza di aver detto tutto, perché forse, nella sua frenetica attività, anche lei qualcosa nella sua memoria ha resettato.

Nel rosa fucsia dei capelli il suo biglietto da visita: creatività e rifiuto delle convenzioni

La nostra inquieta Chef nasce a Cerignola, in provincia di Foggia, sulle alture che delimitano il Basso Tavoliere di Puglia, nota per aver dato i natali a Giuseppe Di Vittorio il grande sindacalista che animò le lotte contadine contro la proprietà latifondista del secondo dopoguerra e per aver ospitato Pietro Mascagni che qui vi compose la Cavalleria Rusticana.

Cristina Vitulli, il suo nome vero, studia al linguistico di Bari, nel 1990 si laurea in Giurisprudenza e trova subito lavoro presso uno studio legale. Ma la ragazza scalpita si sente stretta nella cittadina pugliese e nel 1992 lascia lo studio e decide di concedersi una vacanza negli Stati Uniti che la affascinano fin da quando studiava lingue.  A San Francisco dove continua a dedicarsi a studi forensi si appassiona al Graphic Design che le occupa la mente per qualche anno, contemporaneamente lavora per mantenersi da Higher Ground, una coffee house di San Francisco. Ad un certo punto della sua esistenza yankee le si accende una lampadina.  Forse la vita da avvocato non fa per lei, e nemmeno quella da grafica che pure le ha dato molte sollecitazioni artistiche. La cucina, quella che da piccola viveva accanto alla nonna e accanto alla mamma, che la coinvolgevano quando preparavano pranzi e cene a casa, forse era segnata nel suo destino e non se ne era accorta. Il ricordo di quei gustosi cavatelli con pomodoro e ricotta salata della madre Cetta, rimaneva indelebile. E allora via codici, tomi giuridici, e anche tavolette grafiche, programmi web design, pennarelli. Si cambia tutto. Anche città. Ed eccola a Austin in Texas a seguire i corsi universitari di Culinary Arts Accademy e a prendere la seconda laurea. Fondamentale si rivela il suo ingresso al Driskill Grill una vera e propria istituzione negli States, albergo di lusso che ospitò il presidente Lyndon B. Johnson e annesso adeguato ristorante dove Cristina sviluppa ulteriormente disciplina e tecnica, lavorando molto sulla nitidezza, definizione e concentrazione dei sapori.  “C’è chi fa lo stesso mestiere per una vita e chi lo cambia più di una volta. Nel momento in cui ho realizzato che cucinare poteva essere più del semplice spadellare, che era questione di cultura, tradizione, creatività, ho capito che sarebbe diventata la mia professione”, aveva raccontato a IoDonna qualche anno fa, ed è andata avanti su questa strada. Tra studi grafici, ristoranti, corsi universitari trova anche tempo di sposarsi con Mr. Bowerman. Del matrimonio, che si concluderà presto, conserverà però il cognome del marito americano. Col suo nome italiano, lì nel Texas, temeva di essere scambiata per una messicana e di andare incontro a discriminazioni razziste.  

Aveva detto, quando era sbarcata in America, affascinata e bombardata di sensazioni nuove da un mondo così ricco e complesso, che faceva apparire Cerignola così distante, che non sarebbe tornata in Italia. Aveva anche deciso di aprire un suo locale ad Austin.  Figurarsi. Non è stato così. Perché nel 2005 Cristina Vitulli oramai Bowerman se ne torna a Roma e con tutte le esperienze maturate negli States che si concretizzano anche in una capigliatura spiazzante per una Chef, fuksia e bianco bicolor tye-dye, spettinata ad arte,(“una maniera per ribellarmi alle convenzioni ed esprimere la mia creatività”), che rappresenta il primo biglietto da visita per i suoi interlocutori, ricordo del soggiorno ad Austin città preferita dagli Hippie, approda al Convivio dei Fratelli Troiani, stella Michelin, una fucina di estro creativo. Bella esperienza ma dura poco.

L’incontro con Fabio Spada e l’arrivo della Stella

Dal vicolo dei Soldati a Vicolo del Cinque, ci si mettono quindici minuti a piedi. Qui ha aperto da un anno un ristorante dalle linee moderne che attirano la sua attenzione di ex grafica design, Glass Hostaria, ma la cucina non sembra coerente con il format del locale. Il proprietario è Fabio Spada, ex imprenditore teatrale. Scatta una scintilla professionale, quel locale è un contenitore perfetto per mettere in atto tutto quello che Cristina ha imparato fino a quel momento e tutto quello che ha intenzione di esprimere e non le è riuscito di fare fino ad ora. E Cristina nel 2006 fa il suo ingresso trionfale da Glass. Ma la scintilla non è solo commerciale. Fabio e Cristina scoprono di avere molto di più in comune, che non la gestione di un ristorante. E il loro rapporto sentimentale viene presto arricchito dall’arrivo di un figlio, Luca.

Cristina e Fabio si mettono alacremente all’opera. Glass è una realtà molto distante dall’immagine un po’ da cartolina di Trastevere e dalla cucina proposta nei locali della zona, una bella sfida puntare su una ristorazione di eccellenza in una delle strade della movida turistica trasteverina. Il pubblico della Capitale e quello internazionale sono però ben presto conquistati dalla sua cucina, talvolta provocatoria e spiazzante, ma sempre riconoscibile e gustosa, che sa far dialogare – in un mix interessante – globale e locale, contemporaneità e tradizione. Nel 2008 il locale riceve Due Forchette nella Guida del Gambero Rosso. Due anni dopo arriva la stella Michelin che dice di lei: Cristina  Bowerman riesce sempre a stupire con la sua cucina in perenne equilibrio tra fusion, tradizione, eleganza e audacia. Protagonista indiscussa della ristorazione capitolina degli ultimi tempi, nel suo locale essenziale-minimalista, dove un originale e creativo gioco di luci crea un’atmosfera avvolgente, qualche volta piacevolmente conturbante, preparatevi a gustare prelibatezze come i bottoncini ripieni di lampascione, brodo di pecorino e miele, nocciole tostate e midollo. Ma si può anche spaziare fra un Cuore di vitella, patate affumicate, salsa al caffè, habanero e tartufo e un a Tartare di filetto di manzo, chorizo, rapa rossa, sedano e soia invecchiata in botti di Bourbon. Passando poi a un Sashimi di pesce bianco, koji, latticello, salicornia, prugne fermentate e tobiko o Gnocchetti, ricci di mare, bagnacauda di aglio nero e limone sotto sale quindi un Astice, crema inglese al limone, disco di patata fritta, polvere di taralli e ‘nduja. Per concludere con una Ciliegia, gorgonzola ed Aleatico o Frangipane, ciliegie, maionese di cioccolato bianco e wasabi

Un progetto versatile dall’alta cucina al food truck

La storia della Bowerman e quella del ristorante Glass diventano un case study all’Università Bocconi nel programma 2010. Da quel momento, dall’unione fra la managerialità di Spada e l’anima gastro-marketing di Cristina è tutto un fuoco d’artificio di iniziative che smuovono non poco il tranquillo mondo della ristorazione romana.

Nel novembre 2012 – dalla radicale ristrutturazione di un’ex officina Alfa Romeo nel quartiere Prati di Roma – nasce Romeo Chef&Baker: cucina e forno, pane e companatico, un ricco banco con una selezione di prodotti d’eccellenza, panini gourmet e caffetteria… una versatilità radicale, che racconta di una creatività inquieta e priva di preconcetti. Anche questa esperienza però si conclude però con la cessione delle sue quote. Non è ancora quello che vuole.

Nel frattempo sono nate però le due Api Romeo, realizzate nel 2013 per rendere itinerante la proposta del locale di Testaccio. Tra i primi esempi italiani di quella che sarebbe presto diventata una delle tendenze assolute nel campo della ristorazione metropolitana: il food truck.

Un’esperienza che si completerà nel 2015 con il lancio di Frigo, Il Van del Gelato, che trasporta oggi, su quattro ruote, tutta la qualità del gelato artigianale di Cristina Bowerman, declinandola in chiave contemporanea, anche attraverso la realizzazione di prodotti originali, come il nuovo biscotto e l’aperitivo gelato.

Nel 2015 è la volta di Romeo a Testaccio Market di Roma, concept pop di ispirazione internazionale dove Cristina Bowerman ha voluto trasferire le sue esperienze di viaggio nel mondo. Un banco all’interno del mercato popolare più frequentato di Roma, dove acquistare pane appena sfornato, salumi, formaggi, panini farciti ma anche le CUPS contenenti creme e zuppe, insalate e pranzi gourmet veloci da asporto. Vicino al salato c’è il banco di Frigo con gelati in coppetta, cono e su stecco.

Romeo Chef&Baker a Testaccio, il modello di cucina senza confini

L’ultimo progetto a vedere la luce nel 2017 (l’ultimo? Parola azzardata per la vulcanica chef cerignolese-americana-romana) è Romeo Chef&Baker (il nome se l’è portato dietro da Prati), nel quartiere Testaccio di Roma in Piazza dell’Emporio, più di duemila mq tra ristorante, forno, gastronomia, gelateria Frigo che comprende anche la pizzeria Giulietta tenuta a battesimo dai Fratelli Salvo, maestri pizzaioli, una vera e propria istituzione napoletana. Duemila metri quadrati possono far paura a chiunque, non al duo Spada-Bowerman che desiderava cimentarsi in un nuovo format che riuscisse a fondere ristorante, pizzeria, forno, gastronomia, cocktail bar e gelateria realizzando una sintesi fra street food e alta cucina, fra cucina tradizionale italiana e un modello di cucina senza confini. Insomma un regno del “pop food”. “La cucina di Romeo – ama dire – è una cucina che strizza l’occhio alla tradizione, che esalta la materia prima italiana e che tende al tondo, al pieno ma senza cadere nel “troppo” che a volta si può ritrovare nella tradizione romana”.

Una frase ricorrente nelle sue interviste cerca di definire bene il suo mondo così frenetico sempre teso all’innovazione e al cambiamento: Non ci si deve mai risparmiare! Ci si deve tuffare senza esitazione ogniqualvolta ti si presenti una avventura o una possibilità. Nella consapevolezza che dietro l’angolo di ogni avventura c’è sempre la possibilità di un fallimento. Ma questo non deve condizionarci.  Non accetto come concetto la parola fallimento, capovolgo il concetto: un fallimento è un’esperienza che può esserci d’ aiuto nel costruire qualcosa di nuovo, e quindi ha una sua connotazione positiva.

Istinto e regole da superare con passione e cuore

Per lei il lavoro è un amalgama di istinto e di regole, il primo va sempre ascoltato, le seconde vanno sempre superate per darsene altre un passo più in là, con coraggio e voglia di osare ma su tutto deve regnare disciplina, coraggio e un equilibrio che richiede molta lucidità. Ed è quello che ripete sempre alla brigata dei suoi collaboratori. Ne parla con affetto: “In realtà sono peggio di me. Passione e cuore sono gli elementi principali del loro percorso. Io li considero persone con cui lavoro non persone che lavorano per me. Un rapporto che sebbene mantenga il rapporto gerarchico intatto vede crescere sinceri rapporti umani basati sulla stima e reciproco rispetto, quasi sempre”.

A proposito, in tutto questo bailamme di iniziative, imprese, esperienze che si muovono come miscelate da un frullatore che va a mille, Cristina Bowerman ha trovato e trova anche il tempo di essere Chef Ambassador di Expo Milano 2015, di partecipare alla campagna di ACTION AID, di far parte dei dieci fondatori dell’organizzazione di Fiorano For Kids, per raccogliere fondi in favore della ricerca di diete specifiche nella cura dell’epilessia infantile, di entrare nella commissione per la creazione del Food Act, il patto tra Istituzioni e mondo della cucina italiana di qualità, presso il Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, di essere nominata dal Ministro dei Beni Culturali e del Turismo Ambasciatrice dall’Associazione Telefono Rosa, e membro del Comitato Tecnico di Coordinamento per l’Anno del Cibo Italiano 2018, E siccome le avanzava un po’ di tempo dal marzo scorso  è stata nominata membro del Comitato di Indirizzo del corso di laurea in Scienze e Culture Enogastronomiche presso l’Università di Roma. Tralasciamo premi e riconoscimenti che si possono ben immaginare.

Per concludere, ritornando all’inizio, ci si può porre una domanda: qualcuno può pensare di vederla spaurita, intimorita,  bloccata dal fatto di muoversi in un mondo dominato da Chef uomini?

Glass Hostaria
Vicolo de’ Cinque, 58, 00153 Roma
Telefono: 06 5833 5903
https://glasshostaria.it/

Romeo Chef & Baker
Piazza dell’Emporio, 28, 00153 Roma RM
Telefono: 06 3211 0120
https://romeo.roma.it/

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