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Corporate governance, Assonime promuove Piazza Affari

Nel quindicesimo rapporto sulla Corporate governance in Italia Assonime conferma la buona performance delle società quotate – Continua l’aumento degli indipendenti nei Cda e l’allineamento alle raccomandazioni sui comitati – Ancora da vedere i frutti sulle clausole di claw-back – Diminuiscono i bonus del Ftse Mib ma raddoppiano quelli delle Small Cap.

Corporate governance, Assonime promuove Piazza Affari

Si consolida a Piazza Affari la cultura della corporate governance. Si consolida la percentuale delle aziende quotate che hanno deciso di aderire al codice di autodisciplina varato nel 2011, stabilizzandosi al 93%, stessa percentuale di un anno fa. “Quasi tutte le società decidono di entrare nel sistema del codice, siamo arrivati a una maturazione del codice del 2011,i dati mostrano che quel codice è acquisito e che ha portato una filosofia nuova nella dinamica dei board”, ha commentato Carmine Di Noia, vice direttore generale di Assonime, l’Associazione fra le società italiane per azioni che promuove l’annuale indagine, curata da Massimo Belcredi e Stefano Bozzi, “La Corporate Governance in Italia: autodisciplinaa, remunerazioni e comply-or-explain”. 

Il monitoraggio indica, per esempio, che continuano ad aumentare gli amministratori indipendenti che salgono a 4,1 da 4 nel 2014 e 2013 e 3,9 nel 2012. In particolare, se ci focalizziamo solo sulle blue chip, l’89% delle società del Ftse Mib aderisce alle raccomandazioni del codice in merito alla composizione del Cda con almeno 1/3 di indipendenti in Cda. Anche la Composizione dei comitati continua il progressivo allineamento con le disposizioni del Codice. A fine 2011 il 40% di chi aveva un comitato per le remunerazioni non rispettava nella sua composizione le raccomandazioni del codice. Nel 2014 questa percentuale era scesa al 14,4%.

OCCHIO ALLE CLAUSOLE DI CLAW BACK

Certo alcune raccomandazioni del Codice trovano ancora una parziale applicazione, come per esempio la valutazione del board (board evaluation, i contenuti della policy sulle remunerazioni e il comitato per le nomine. Anche perché in alcuni casi si tratta di tematiche legate a nuove richieste del codice con l’aggiornamento del 2014. “Nel 2014 con le clausole di malus/claw-back abbiamo alzato l’asticella e ora anche con il nuovo codice del 2015 alziamo di nuovo l’asticella”, ha spiegato Di Noia durante la presentazione del rapporto giunto alla sua quindicesima edizione.

Per quanto riguarda le clausole di malus e/o claw-back fanno riferimento alla stipula di “intese contrattuali che consentono alla società di chiedere la restituzione, in tutto o in parte, di componenti variabili della remunerazione versate (o di trattenere somme oggetto di differimento), determinate sulla base di dati che si siano rivelati in seguito manifestamente errati”. Tali applicazioni trovano applicazione a decorrere dalla nuova politica di remunerazione approvata a partire dal primo gennaio 2015. “L’applicazione di tale raccomandazione – si legge nel rapporto – è quindi, al momento, necessariamente ancora parziale”.

Il monitoraggio ha trovato queste clausole all’interno della politiche di remunerazione del 33% delle società. In 56 casi su 76 è fornita la descrizione dei trigger events che possono innescare tali clausole con precisazioni che riguardano possibili comportamenti dei manager, sull’elemento soggettivo (dolo o colpa grave) e sull’orizzonte temporale in cui la clausola opera.

BONUS IN CALO PER IL FTSE MIB
RADDOPPINAO NELLE SMALL CAP

Più in generale in tema di remunerazione il report annuale ha constatato che le differente con l’analisi dell’anno precedente non ha riportato significative differenze in tema di compensi totali degli amministratori al netto della componente equity-base. In altri termini, se si considera solo la parte cash (compresi i bonus e altri incentivi), la remunerazione media dei componenti dei Cda si attesta a 230mila euro (229mila nel 2014). Stessa dinamica se l’analisi si restringe ai soli amministratori delegati, la remunerazione media (sempre non equity-based) è di 843mila euro, in linea con gli 846mila euro nella relazione 2014.

Se l’analisi sui compensi degli amministratori delegati si restringe a solo quelli che hanno beneficiato anche di un piano di stock option (spesato nell’anno di riferimento) oltre alla parte cash, la dinamica mostra invece sensibili differenze. Se si guarda al solo indice Ftse Mib, il pacchetto retributivo totale medio degli amministratori delegati è diminuito a 2.804mila euro del 2015 dai 4.228 del 2014. Il pacchetto contributivo totale è invece aumentato per gli ad del Ftse Mid Cap e per quelle dell’indice Ftse Small Cap.

“Sul dato totale – ha spiegato Assonime – oltre a una sensibile riduzione dei compensi stock-based per le società del Ftse Mib, ha influito anche il diverso andamento dei bonus corrisposti agli ad. Nell’ultimo triennio i bonus sono diminuiti del 64% per le società del Ftse Mib mentre sono saliti del 63% nelle Mid CAp ed addirittura raddoppiati per le Small Cap”. 

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