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Corinthians campione del mondo: è il riscatto del calcio sudamericano?

Il trionfo della squadra brasiliana, vincitrice del Mondiale per club contro il Chelsea di Rafa Benitez, ha interrotto cinque anni di dominio europeo nella competizione tra i campioni dei vari continenti – L’uomo del momento è Paolo Guerrero, decisivo coi suoi gol sia in semifinale che nella finalissima, e diventato l’ennesimo eroe del calcio sudamericano.

Corinthians campione del mondo: è il riscatto del calcio sudamericano?

Sono ancora giorni di festa a San Paolo per il Corinthians, le celebrazioni per il successo nel Mondiale per Club, conquistato domenica scorsa a Yokohama, sono iniziate con la classica sfilata della squadra sul pullman scoperto in mezzo a migliaia di persone in delirio e stanno proseguendo senza sosta. Il campionato è terminato già da qualche settimana e, così, i tifosi del Timao hanno tutto il tempo per osannare i propri giocatori, che hanno riportato la coppa in Sudamerica dopo 5 anni di dominio europeo.

Tra gli idoli di casa uno dei più festeggiati è stato sicuramente Paulinho, probabilmente destinato a lasciare il club viste le tante richieste arrivate negli ultimi mesi dall’Europa (Inter in primis), ma il vero eroe di questi giorni è Paolo Guerrero, l’attaccante peruviano che ha firmato l’impresa, realizzando prima in semifinale la rete che ha eliminato gli egiziani dell’Al-Ahly, e poi il gol decisivo nella finale contro il Chelsea, con il quale ha regalato il secondo successo mondiale della storia del Corinthians. Due reti che hanno fatto entrare Guerrero, soprannominato “El Barbaro”, nella leggenda del club paulista e hanno attirato l’attenzione di numerose formazioni europee per il mercato di gennaio, tra cui la Juve, lo stesso Chelsea e lo Schalke 04, ma la punta ha già fatto capire di non avere nessuna intenzione di tornare a giocare in Germania e di voler continuare la sua carriera in Brasile, dove veste la maglia del Timao solo dallo scorso luglio.

Paolo Guerrero, infatti, è uno dei tanti calciatori sudamericani che, dopo una lunga esperienza nei campionati europei, con, a differenza dei casi, più o meno soddisfazioni e risultati, verso la fine della carriera tornano in patria (o comunque in Sudamerica) alla ricerca degli ultimi successi e per provare a sentirsi ancora protagonisti. “El Barbaro” non si può definire un giocatore vecchio, essendo nato il 1° gennaio 1984, ma dopo dieci anni di Bundesliga il peruviano ha quasi certamente scollinato la parte migliore della sua carriera, da qui la decisione di lasciare il vecchio continente e approdare al Corinthians in cerca di gloria, scelta finora azzeccata visto che, oltre al successo del Mondiale, in precedenza si è dimostrato subito importante con le sue reti anche in campionato.

Guerrero in Perù ha giocato solo nelle giovanili della squadra della sua città, per poi sbarcare giovanissimo, appena 17enne, in Germania acquistato dal Bayern Monaco, squadra con la quale ha debuttato in Bundesliga nel 2004. A Monaco resta per due stagioni, durante le quali recita un ruolo da comprimario ma vince i suoi primi trofei (2 campionati di fila) e inizia a essere chiamato stabilmente in nazionale (dove ritrova il compagno di reparto al Bayern Claudio Pizarro). Nel 2006 passa all’Amburgo, formazione di cui diventa un elemento fondamentale e un idolo assoluto tra i tifosi, collezionando 159 presenze e 43 reti, che però non sono valse nessun successo importante. In 6 anni, condizionati da qualche grave infortunio di troppo e alcune vicissitudini comportamentali, con i suoi gol si fa conoscere anche al di fuori dei confini tedeschi, poi quest’estate la volontà di accettare la proposta del Corinthians, fresco vincitore della Coppa Libertadores e con l’obiettivo del Mondiale per Club, scelta, come abbiamo visto, rivelatasi vincente e che ha ripagato il bomber peruviano alla grande.

Come detto, Guerrero non è il solo ad aver fatto questa retromarcia, ma negli ultimi anni di storie simili alla sua, alcune veramente da romanzo, ce ne sono state molte, in certi casi con protagonisti calciatori di livello assoluto, campioni che dopo aver scritto pagine bellissime nei maggiori campionati d’Europa, con carriere ricche di trionfi personali e con i propri club, scelgono di finire con il grande calcio nelle squadre che li hanno lanciati da giovani, o comunque nei loro paesi d’origine. A volte, invece, capita che giocatori per i quali fin da giovanissimi si era prospettato un futuro assicurato in qualche grande club europeo, poi, per ragioni diverse, falliscano l’impatto con il calcio del vecchio continente o, comunque, ci rimangano per qualche anno non incidendo come sperato e, dopo vari cambi di maglia, ritornino indietro e dimostrino la loro forza. Spesso, infatti, calciatori che deludono nelle loro esperienze europee, poi, tornati in Sudamerica, ritornano protagonisti di grandi stagioni, diventando decisivi e pilastri delle proprie squadre, certamente, va detto, facilitati dai diversi ritmi e difficoltà che riscontrano tra una Serie A o una Premier e i tornei brasiliani e argentini, sicuramente tecnici e qualitativi, ma con un livello d’attenzione non paragonabile. Insomma, per un motivo o per un altro, sono tanti gli esempi di giocatori che, per allungare la propria carriera e per dimostrare di non essere finiti, tornano alla base, e, a volte, riescono a togliersi soddisfazioni e regalarsi gioie che non avrebbero potuto immaginare, ma solo sperare.

Tra gli esempi più recenti, basta guardare in casa del Fluminense, squadra che ha dominato l’ultimo Brasileirao, tra le cui fila si è reso protagonista di un campionato pazzesco l’attaccante Fred, capocannoniere del torneo con 20 gol in 27 partite, tornato in Brasile nel 2009 dopo quattro stagioni in Francia nel super Lione di quegli anni, con cui ha vinto tra l’altro 3 Ligue1, dando un più che discreto apporto di gol. Nella formazione carioca, uno degli altri attaccanti in rosa è quel Rafael Sobis, giunto 20enne in Europa per spaccare tutto, ma tornato indietro dopo soli due anni in Spagna al Betis, mentre più arretrato troviamo Deco, l’ormai 35enne fantasista portoghese, ex Chelsea e uno dei pochi a vincere la Champions con due squadre diverse, Porto e Barcellona, sempre da protagonista. Lui ovviamente non rientra tra i sudamericani di ritorno, ma fa parte di quelli che, una volta capito di aver dato tutto nelle grandi squadre europee, sa di poter fare ancora la differenza in campionati dai ritmi più blandi, come può essere quello brasiliano.

Restando in Brasile, Luis Fabiano con il San Paolo ha appena conquistato la Copa Sudamericana, anche se la vittoria è stata macchiata dalle polemiche per l’aggressione subita dai rivali argentini del Tigre durante l’intervallo, i quali poi non sono più rientrati in campo e il trofeo è stato assegnato in maniera assurda senza che si giocasse il secondo tempo. O Fabuloso, sogno di mercato del Milan di qualche estate addietro, è tornato un anno e mezzo fa a giocare nella squadra del suo cuore, dopo essere esploso in Spagna con la maglia del Siviglia con cui ha alzato anche due Coppe Uefa e una Supercoppa Europea, realizzando più di 70 reti in 6 stagioni.

I nomi più illustri, però, sono ovviamente quelli di Ronaldo, Ronaldinho e Adriano, tre tra i più grandi campioni degli ultimi 15 anni, con il primo probabilmente tra i migliori della storia del calcio. Il Fenomeno ha finito la carriera con la maglia del Corinthians, facendo un paio di stagioni, intervallate da mille problemi fisici e di peso, durante le quali, pur segnando qualche gol e vincendo un campionato, non è riuscito più a tornare ai suoi livelli di un tempo e all’ennesimo stop ha deciso, giustamente, di dire basta. Ronaldinho, dopo aver lasciato il Milan, in Brasile ha vestito prima la maglia del Flamengo, con il quale ha conquistato un campionato Carioca, e ora quella dell’Atletico Mineiro. In entrambi i casi, dopo un inizio promettente in cui ha fatto vedere numeri e giocate stile periodo al Barcellona, ha perso di nuovo il sorriso ed è stato spesso criticato dalla propria tifoseria, anche quest’anno in cui lui e la sua squadra hanno lottato per il titolo fino a poche giornate dalla fine. Per quanto riguarda Adriano, l’ex interista non è riuscito a risolvere i suoi problemi caratteriali e psicologici neanche allontanandosi dall’Italia e tornando, in varie occasioni, nel suo amato Brasile. Dopo i primi ritorni di qualche stagione fa con le maglie di San Paolo e Flamengo, l’ex Imperatore nel 2011 ha riprovato con Flamengo prima e Corinthians poi, sono arrivati anche successi e momenti felici, ma poi i problemi di sempre lo hanno attanagliato di nuovo, fino a pochi mesi fa quando, dopo l’ennesimo ritorno balordo con la maglia dei rossoneri di Rio ha lasciato, almeno per il momento, il mondo del calcio.

Ma il campionato brasiliano è pieno di nomi che ci ricordano le loro esperienze europee, come l’uruguayano Forlan, che dopo la negativa esperienza all’Inter (arrivata dopo le grandi stagioni dal punto di vista realizzativo con Manchester United, Villarreal e Atletico Madrid) sta provando a rilanciarsi nell’International, l’ex Manchester City Elano, ora al Gremio, ma in precedenza trionfatore in Coppa Libertadores con il Santos di Neymar, oppure basti pensare che sempre nel Gremio si può trovare Zè Roberto, ormai 38 enne, ma in passato pedina fondamentale, oltre che della nazionale brasiliana, del Bayer Leverkusen prima e successivamente nei trionfi del Bayern Monaco.

Spostandoci in Argentina, le storie più affascinanti riguardano Juan Sebastina Veron e la coppia di amici/nemici Juan Roman Riquelme e Martin Palermo.Per la “Brujita” Veron il ritorno in patria, con la maglia dell’Estudiantes con cui aveva iniziato la sua fantastica carriera, è stato qualcosa di commovente. A 31 anni, dopo una lunghissima esperienza europea con le maglie di Sampdoria, Parma, Lazio, Manchester United, Chelsea e Inter, impreziosita da molti titoli vinti con quasi ognuna di esse, nel 2006 ha voluto fare ritorno nel suo Estudiantes. Nelle successive 6 stagioni, grazie al suo talento, è riuscito a portare la squadra a vincere due campionati di Apertura, raggiungendo l’apice con la conquista della Libertadores nel 2009, per poi appendere gli scarpini al chiodo dopo qualche mese giocato tra le fila del club dilettantistico del Coronel.

Le vicende del duo Riquelme-Palermo sono così ricche di aneddoti ed episodi da poterci scrivere un libro, riassumendo si può dire che Juan Roma e Martin, classe 1978 il primo, 1973 il secondo, incrociano le proprie carriere fin da giovani, quando, tra la metà degli anni 90 e il 2000 (Riquelme resterà fino al 2002) contribuiscono alle vittorie internazionali e internazionali del Boca Juniors. Poi entrambi decidono di proseguire le proprie carriere in Spagna, Riquelme nel Barcellona e Villarreal, Palermo con Villarreal (prima dell’arrivo del connazionale), Betis e Alaves. Per i due le esperienze si rivelano con pochi alti e molti bassi, soprattutto per l’ossigenato attaccante, di cui al Villarreal ci si ricorda soprattutto il modo in cui si procurò la frattura di tibia e perone, ovvero saltando su un cartellone pubblicitario per esultare dopo un suo gol. Per il trequartista, invece, reduce dal fallimento al Barcellona, le stagioni con la maglia dei sottomarini gialli lo fecero tornare ai grandi livelli di quando era in Argentina, con le sue giocate di qualità riuscì a portare il club a livelli che non aveva mai raggiunto, ma la favola si spezzò sul più bello, quando fallì il calcio di rigore contro l’Arsenal che avrebbe potuto portare il Villarreal alla finale di Champions del 2006. Allora tornarono uno dopo l’altro al Boca, conducendolo, con gli assist dell’uno e i gol dell’altro, al successo in Coppa Libertadores e alla vittoria di due campionati, in mezzo decine di partite e giocate memorabili, ma senza dimenticare, visti i personaggi, litigate e problemi vari. Ora hanno smesso entrambi, ma per i tifosi della Bombonera sono per sempre tra le leggende del club gialloblu.

Guardando sempre in Argentina, due ex campioni juventini, protagonisti di tante vittorie bianconere degli ultimi dieci anni (alcune poi tolte da Calciopoli), sono finiti da quelle parti per gli ultimi anni della loro carriera. Stiamo parlando delle nostre vecchie conoscenze David Trezeguet e Mauro German Camoranesi, il primo chiamato a risollevare il River Plate clamorosamente retrocesso in seconda divisione (e prontamente risalito anche grazie ai gol del francoargentino), l’altro approdato prima al Lanus e poi al Racing, dove però, finora, non è riuscito a incidere, fatto comprensibile visto che ormai ha raggiunto le 36 primavere.

La storia più bella, però, probabilmente ci arriva dall’Uruguay e ce l’ha regalata Alvaro Recoba, per molti appassionati uno dei giocatori più tecnici e divertenti che siano arrivati nel nostro campionato negli ultimi 15 anni, capace di giocate incredibili e geniali, ma troppo spesso discontinuo e che ha raccolto molto meno di quello che le sue qualità gli avrebbero consentito. Dopo una vita spesa all’Inter (con cui, esclusa la Coppa Uefa del ’98, ha iniziato a vincere qualcosa solo negli ultimi anni), vinto lo scudetto del 2006 ha deciso di cambiare aria, ma le avventure con il Torino e in Grecia non sono andate come sperava, allora la scelta di tornare in patria, dove è sempre stato un idolo nazionale. Così, a inizio 2010, a distanza di 14 anni, fa ritorno nella società che lo aveva lanciato nel calcio professionistico, il Danubio, ma dopo una sola stagione cambia e passa al Nacional, altra sua squadra del passato. E’ qui che accade la magia, Recoba ricomincia a segnare gol alla sua maniera, direttamente su corner, su punizione, al termine di una serpentina, ma soprattutto conduce il Nacional alla conquista del campionato grazie a un rete nella finale dell’Apertura, replicata qualche mese dopo con un altro centro decisivo nella finale del Clausura, davvero il massimo.

Sarà un altro mondo, un altro modo di giocare, sicuramente meno stressante, ma le storie che ci arrivano dal Sudamerica difficilmente succedono ad altre latitudini.

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