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Confindustria alza le stime sul Pil e sprona il Governo

Il Centro studi dell’associazione degli industriali prevede ora un +1% per il Pil di quest’anno e una crescita dell’1,5% nel 2016 – Nonostate ciò, la strada della ripresa “appare lunga in assenza di politiche che accelerino la crescita” e la legge di Stabilità attualmente in cantiere è la prima occasione per interventi “decisi e solerti”.

Confindustria alza le stime sul Pil e sprona il Governo

Il Centro studi Confindustria alza le stime sul Pil italiano del 2015 e del 2016, portandole rispettivamente a +1% e +1,5%, contro il +0,8 e il +1,4% contenuti nelle previsioni dello scorso giugno. Questi numeri arrivano alla vigilia delle revisioni al rialzo del Pil che il governo si appresta ad inserire nella nota di aggiornamento del Def: il premier Matteo Renzi ha già detto che la previsione per quest’anno sarà ritoccata dal +0,7 al +0,9%, mentre “per l’anno prossimo avevamo previsto un +1,4% e anche in questo caso arriverà un rialzo”, anche se ancora non è chiaro di quanto. Ieri, intanto, anche l’Ocse ha ritoccato le previsioni di crescita di Italia: quelle sul 2015 al rialzo da +0,6 a +0,7% e quelle sul 2016 al ribasso da +1,5 a +1,3%.

Per il Centro studi Confindustria, l’ampiezza del recupero di quest’anno “è la più robusta dal 2010, quando si era avuto un progresso dell’1,7% sul 2009”. Per il terzo e quarto trimestre di quest’anno viene confermata la stima di un aumento del Pil dello 0,4%. Il 2015 “segna per l’economia italiana – sottolineano gli economisti dell’associazione – il primo progresso dopo tre cali annuali consecutivi che hanno portato a una riduzione del Pil del 4,9%”.

La risalita dell’economia è sostenuta soprattutto da fattori esterni particolarmente favorevoli: bassi prezzi del petrolio, tassi d’interesse e cambio dell’euro. A ciò si aggiungeranno nel 2016, secondo il Csc, migliori condizioni del credito. Inoltre la riforma del mercato del lavoro, gli sgravi contributivi e la riduzione dell’Irap “hanno avuto un ruolo importante nel catalizzare la fiducia delle imprese e delle famiglie”.

La spesa delle famiglie tornerà a crescere a partire da quest’anno (+0,9%) per poi accelerare nel 2016 (+1,5%). E torneranno ad aumentare, dopo la profonda caduta negli anni di crisi, anche gli investimenti con un +1,2% nel 2015 e un più sostanzioso +2,7% nel 2016. Pronto a ripartire, poi, il credito alle imprese: nei primi sette mesi del 2015 si è sostanzialmente fermata la caduta dei prestiti alle aziende italiane. Resterà bassa l’inflazione ma il rischio deflazione viene scongiurato. Quest’anno i prezzi al consumo segneranno un +0,2% per poi portarsi nel 2016 a +0,7%.

Prosegue il miglioramento dei conti pubblici. Secondo il CsC, il deficit Pil scenderà quest’anno al 2,8% e nel 2016 calerà al 2,1%. Quanto al debito pubblico, il Csc ha stimato che si attesti al 133% del Pil nel 2015 e al 132,6% nel 2016 quando inizierà il rientro. Buone notizie anche sul fronte del fisco: la pressione fiscale si attesta al 43,6% del Pil nel 2015 e al 43,3% nel 2016, toccando il livello più basso dal 2011. Si va dunque consolidando per Confindustria “l’uscita dell’economia italiana dalla seconda recessione che è iniziata nell’estate del 2011 e proseguita fino all’autunno del 2014”.

Nonostante ciò, proseguono da via dell’Astronomia, la strada della ripresa “appare lunga in assenza di politiche che accelerino la crescita” e la legge di Stabilità attualmente in cantiere è la prima occasione per interventi “decisi e solerti” che rafforzino l’economia. Maggiori investimenti pubblici e privati “restano lo snodo per consolidare il ritorno alla crescita e vanno sostenuti con misure e risorse ad hoc”. 

Sul fronte del lavoro, secondo il CsC, il biennio 2015-2016 si chiuderà con la creazione di quasi mezzo milione di posti, ma l’emergenza non è finita. Nonostante la risalita dell’attività economica e un recupero dell’occupazione superiore alle previsioni, a quasi otto milioni di persone manca il lavoro in tutto o in parte. Secondo i calcoli dell’Associazione, infatti, agli oltre tre milioni di disoccupati bisogna aggiungere gli occupati in part-time involontario (2,6 milioni) e i non occupati che sarebbero disponibili a lavorare ma non hanno compiuto azioni di ricerca attiva perché scoraggiati (1,6 milioni), oppure perché stanno aspettando l’esito di passate azioni di ricerca (638mila). In totale si tratta, appunto, di 8 milioni di persone.

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