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Cipolletta: “Il crollo della domanda interna richiede l’indennità di disoccupazione generalizzata”

UNA PROPOSTA DI INNOCENZO CIPOLLETTA – Più che la produttività è il rilancio della domanda interna (consumi e investimenti) la vera emergenza da affrontare al tavolo tra Governo e parti sociali – Ecco perchè la Cig va sostituita con una vera indennità di disoccupazione estesa anche ai giovani che hanno perso il lavoro a tempo determinato.

Cipolletta: “Il crollo della domanda interna richiede l’indennità di disoccupazione generalizzata”

Il Governo Monti ha sollecitato un nuovo negoziato tra le parti sociali, guidato dal Ministro per lo Sviluppo Economico Passera, volto ad aumentare la produttività delle nostre imprese per favorire una ripresa della nostra economia. L’Italia ha certamente bisogno di aumentare la sua produttività, ma questo non basterà a sostenere una ripresa dell’economia italiana. Oggi il nostro paese (come molti altri paesi europei) soffre di un vero crollo della domanda interna, causato dal taglio della spesa pubblica, dall’aumento della pressione fiscale e tariffaria, dall’emergere della disoccupazione e dalla paura per un futuro che appare senza via di uscita. In queste condizioni, un aumento della produttività, seppure necessario, serve a ben poco per rilanciare il paese.

La situazione della domanda interna è drammatica. Poche cifre bastano a descriverla. Il Pil nazionale è sceso, in termini reali, del 2,6% tra il secondo trimestre del 2011 e il secondo trimestre del 2012. Ma la caduta della domanda interna è stata quasi il triplo: -6,5%! La maggiore caduta l’hanno mostrata gli investimenti (-9,5%), ma essi pesano relativamente poco sulla domanda interna. Il vero crollo è stato determinato dai consumi che, nello stesso periodo, sono scesi del 2,9%. Se poi si considerano solo i consumi dei residenti (ossia le spese delle famiglie degli italiani escludendo le spese dei turisti stranieri venuti in Italia) la caduta è addirittura del 3,6%. Da notare che anche i consumi pubblici, che solitamente sono anticiclici, sono scesi in termini reali dello 0,9%, mentre si è determinata una massiccia riduzione delle scorte, a significare delle basse prospettive da parte delle imprese.

Questo crollo è avvenuto in buona parte nella seconda metà del 2011. Non è quindi il prodotto delle misure del Governo Monti, anche se l’austerità per “salvare l’Italia” ha contribuito a tenere bassa la nostra economia, come Monti stesso ha ammesso. In effetti la recessione è iniziata nell’estate del 2011 quando la stretta del credito ha bloccato le imprese e quando le famiglie hanno visto deteriorarsi le aspettative per l’emergere della disoccupazione giovanile.

La recessione, per un paese come l’Italia, non deriva dall’improvviso impoverimento delle famiglie e delle imprese, ma dal peggiorare delle aspettative. Se imprese e famiglie vedono un futuro nero, tirano i remi in barca, riducendo investimenti, spese di rinnovo (auto, elettrodomestici, mobili, abiti, ecc.) e spese giudicate non necessarie (ristoranti, turismo, spettacoli, ecc.). Un simile comportamento genera un’improvvisa caduta dei consumi che a sua volta determina minori produzioni e, se permane, minore occupazione. A questo punto il deterioramento delle aspettative si trasforma in vera recessione, posto che la minore occupazione significa minori redditi e ulteriori maggiori preoccupazioni per il futuro delle famiglie.

Oggi siamo in questa situazione. La domanda interna è crollata e non mostra alcun cenno di ripresa, mentre l’unica voce che è aumentata sono le esportazioni, cresciute dell’1,4% tra il secondo trimestre del 2011 e il secondo trimestre del 2012. In queste condizioni, puntare sulle riforme che devono dare maggiore produttività e maggiore competitività all’economia italiana non basta per assicurare una maggiore crescita. Esse saranno determinanti quando la ripresa europea sarà avviata. Ma conteranno poco per il rilancio dell’economia. Anzi, da sole, rischiano di essere depressive. Infatti, se si spinge per aumentare la produttività dell’economia in una fase di bassa domanda, si finisce per ridurre il numero di occupati per unità di prodotto e si contribuisce, anche per tale via, a comprimere l’occupazione e la domanda di consumo interno.

Le riforme (le poche veramente utili) devono essere accompagnate, o addirittura precedute, da misure di sostegno della domanda interna. E a questo può servire anche il negoziato fra le parti sociali. Fra le misure urgenti, a mio avviso, c’è l’istituzione di una vera indennità di disoccupazione estesa ai giovani che hanno perso il lavoro a tempo determinato. La riforma Fornero ha avviato una simile indennità, ma l’ha rimandata agli anni a venire, per la carenza di risorse finanziarie, data la difficoltà di cambiare il sistema della Cassa Integrazione Guadagni. Qui ci vuole coraggio da parte del governo e delle parti sociali. La Cassa Integrazione Guadagni (quella straordinaria) drena risorse e protegge un numero limitato di soggetti mentre non induce le persone, le imprese e le istituzioni a trovare un nuovo lavoro per i cassaintegrati che in realtà sono dei disoccupati. Essa va sostituita con un sistema di indennità disoccupazione generalizzata con una copertura decrescente nel tempo, accompagnata da una vera formazione volta ad avviare le persone disoccupate a nuove attività lavorative.

Poiché non si possono abbandonare improvvisamente le persone in Cassa Integrazione Guadagni, sono necessarie nuove risorse finanziarie. Queste vanno trovate, a mio avviso in un aumento dell’IVA da effettuare abolendo l’aliquota super ridotta (4%) relativa ai beni di consumo. Una simile abolizione può produrre 3/4 miliardi di euro di gettito in più che potrebbero finanziare l’indennità di disoccupazione per i giovani che hanno perso il lavoro e qualche riduzione fiscale limitata ai redditi molto bassi per compensare l’aumento del prezzo dei beni di prima necessità.

Qualcuno obietterà che così si aumentano le tasse e la spesa pubblica e che questo potrebbe aggravare la recessione. Ma questa è una favola. Anche il Fondo Monetario Internazionale ha detto, in uno studio recente (vedere IMF Working Paper WP/12/190 di Badini, Callegari e Melina, luglio 2012), quello che tutti sappiamo (o dovremmo sapere): la riduzione della spesa pubblica è molto più recessiva dell’aumento delle tasse, con buona pace di quanti hanno cercato di convincere gli italiani che la nostra recessione derivi dalle troppe tasse e che basterebbe abbassare tasse e spesa pubblica per riprendere a crescere.

Nel confronto tra le parti sociali guidato dal Ministro Passera e volto ad aumentare la produttività, io credo che si farebbe bene a vedere anche e soprattutto come riformare la Cassa Integrazione Guadagni per fare posto rapidamente a una vera indennità di disoccupazione che riduca la povertà dei giovani e ridia fiducia alle famiglie. Questo potrebbe essere un vero contributo alla crescita.

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