Condividi

Cinema, Warner Bros. shock: sempre più streaming

Non dipende solo dalla pandemia il cambio di paradigma avviato dalla Warner Bros. per cui i suoi princiapli film saranno disponibili simultaneamente in streaming e nelle sale cinematografiche senza concedere a queste ultime la storica finestra dei 90 giorni per la prima visione

Cinema, Warner Bros. shock: sempre più streaming

Finestra chiusa

Il 7 dicembre 2020 Jason Kilar, fondatore di Hulu e da maggio 2020 CEO di Warner Media, ha fatto una rivelazione shock: Wonder Woman 1984 e altri 17 film della Warner Bros. (tra cui Godzilla, Dune e Matrix 4), in uscita nel 2021, saranno disponibili simultaneamente nelle sale cinematografiche e sul servizio di streaming HBO Max di proprietà di Warner Media, oggi parte di AT&T. Viene così a cadere la storica finestra privilegiata di 90 giorni per la prima visione delle sale cinematografiche rispetto agli altri mezzi di visione e di distribuzione del film, anch’essi regolati a finestre. L’ultima di queste sono i servizi di streaming.

Per sedare le reazioni, Kilar ha detto che dopo 30 giorni dal suo rilascio il film sparirà da HBO Max. HBO Max pagherà una fee per avere il film per un mese, ma l’ammontare non è stato precisato. Inoltre ha dichiarato che questa decisione vale per 2021 e che poi si vedrà. A non essere maliziosi si potrebbe vedere come una risposta sensata alla pandemia e alle sue conseguenze.

Ma molti sono disposti a scommettere che non ci si tornerà più sopra. La finestra delle sale è una faccenda chiusa, sepolta. Siamo a un punto di svolta, dal 2021 si affermeranno e si consolideranno nuove pratiche.

Una bomba a Hollywood

Non c’è dubbio che lo streaming sta riconfigurando tutta l’industria dello spettacolo e le sue pratiche consolidate. Kilar fa parte di quella nuova generazione di executive dell’industria culturale che viene dalla tecnologia e non da quell’industria. Per questo è visto come il “villan” da Hollywood.

Infatti la notizia è piombata sulla capitale del cinema come un meteorite in uno stagno già agitato. Il regista di Wonder Woman 1984 e gli attori si sono detti sbalorditi e attoniti dalla decisione di Warner.

Denise Villeneuve, regista di Dune (nel pacchetto di film destinati a HBO Max) non ha esitato a dichiarare:

“Il futuro del cinema è sul grande schermo, a prescindere che quello che dicono i dilettanti di Wall Street”.

Ancora più tagliente il commento di Christopher Nolan, il cui ultimo film Tenet, è stato prodotto da Warner. Il regista ha dichiarato a “Hollywood Reporter”:

“Alcuni dei maggiori registi del nostro settore e molte delle più importanti star del cinema si sono coricati alla sera pensando di lavorare per il più grande studio cinematografico del mondo e si sono svegliati al mattino seguente per apprendere che stanno invece lavorando per il peggior servizio di streaming del mondo”.

Si capisce lo stupore di Nolan. L’annuncio di Warner è arrivato di sorpresa in modo unilaterale come per mettere l’ecosistema del cinema di fronte a un fatto compiuto. Non c’è stata nessuna concertazione con gli altri attori del gioco. Ed è stato percepito proprio come una sorta di tradimento, quanto meno come un atto di blitzkrieg.

Ma Kilar, che è poco avvezzo alle consuetudini di Hollywood, lo ha giustificato con queste parole:

“Non credo che ciò sarebbe stato possibile se avessimo dovuto impiegare mesi e mesi di discussione con ogni operatore del settore. A un certo punto è necessario sapere chi deve guidare. E a guidare è il consumatore. Noi dobbiamo decidere in suo nome… L’innovazione avviene così”

La rivolta dei creativi

Le agenzie dei talenti e dei creativi hanno fatto sapere a chiare lettere che neanche un centesimo deve essere sottratto ai compensi dei loro assistiti che, come avviene da decenni, sono retribuiti con un fisso e con una percentuale che proviene soprattutto dai ricavi del botteghino. Se questa scelta portasse a penalizzare questi soggetti, dicono gli agenti, verrebbe meno la loro disponibilità a promuovere i film. Si verificherebbe così una sorta di boicottaggio nei confronti del film della Warner. Una tentazione con la quale avrebbe iniziato a filtrare anche la Directors Guild of America, l’associazione dei registi americani.

Michael Nathanson, fondatore di MoffettNathanson un’agenzia di ricerca sul cinema, ha posto la faccenda in termini chiari dicendo al “New York Times”:

“Da sempre la Warner Bros. è stata la casa migliore per i talenti e ciò le ha dato un forte vantaggio competitivo. Questa mossa rischia di alienarle molti talenti che è stato difficile reclutare. I talenti non sono ingegneri che si possono facilmente sostituire”.

Dopo una serrata trattativa con le agenzie Warner ha deciso di mantenere dalla sua parte i creativi e i loro potenti rappresentanti: sborserà quello che è necessario per traghettarli vero il nuovo modo di operare.

Ma ci sono anche i gestori delle sale da considerare. E non sono certo tranquilli. Adam Aron di AMC Entertainment, la più grande catena di sale cinematografiche, ha dichiarato al “New York Times”:

“Evidentemente Warner Media è disposta a sacrificare una parte considerevole dei profitti del suo Studio cinematografico per sostenere il lancio di HBO Max… Lavoreremo per bloccare questa decisione”.

Si sta veramente formando una grande coalizione in stile guerre napoleoniche contro Kilar e la Warner

Le pene di HBO Max

Certo, dietro la decisione di Warner c’è anche la volontà di spingere il servizio di HBO Max che sta stendando considerevolmente rispetto alla concorrenza. Con appena 8,5 milioni di abbonati,e una fee di 15 euro al mese, è lontanissimo dai numeri di Netflix (200 milioni di abbonati, 8,99 al mese), di Amazon Prime (112 milioni, gratis per chi ha Prime), di Disney Plus (78 milioni, 5 dollari) o di Apple TV+(5 dollari, gratis per un anno per chi acquista un prodotto Apple).

Il tradizionale servizio via cavo di HBO conta 38 milioni di abbonati, ma solo il 30% ha sottoscritto un abbonamento a Max. Ma quello via cavo è, peraltro, un business in declino, uno spazio eroso proprio dallo streaming e dal cambio di abitudini dei consumatori.

E succede che HBO Max è partito male e non stupisce che lo si voglia sostenere dandogli il meglio della produzione filmica di Warner Bros.

C’è anche il Covid

Kilar ha probabilmente fatto i suoi conti in un anno che sarà ancora segnato dal Covid 19. Con le sale cinematografiche nelle condizioni in cui sono sarà impossibile recuperare i costi di produzione ed è notorio che un film si gioca tutto nelle prime settimane al botteghino.

Venendo a scemare quella risorsa, tutti gli Studios hollywoodiani devono inventarsi qualcosa di nuovo dal differire le uscite e non è difficile intuire quel qualcosa di nuovo che cosa possa essere.

Si stima che i ricavi delle sale cinematografiche nel mondo siano scemati di ben il 70% nel 2020. Solo la Cina sembra reggere alla sfida della pandemia e proprio quello cinese sta diventando il più importante mercato per l’industria cinematografica. Ma come mostra il caso di Mulan, non è facile per gli Studios produrre dei film per il mercato cinese senza in qualche modo irritare i cinesi (con in modelli occidentali) o gli occidentali (con i modelli cinesi).

In ogni caso c’è di più della contingenza del Covid. C’è proprio un cambio generale di paradigma.

I segnali degli altri Studio di Hollywood

Warner non è l’unico Studio ad avere spostato il focus del proprio business sul piccolo schermo. A luglio 2020 Universal Pictures, del conglomerato media Comcast, ha stretto un accordo con AMC (l’associazione degli esercenti dei cinema) per ridurre la finestra di prima visione nelle sale a 17 giorni prima di rendere disponibile il film online.

Paramount Pictures, di Viacom — altro conglomerato media — , ha preferito cedere vari film a Netflix piuttosto che proiettarli a un’audience inesistente.

Infine proprio agli inizi di dicembre il più grande studio di Hollywood, Disney, ha dichiarato di vedere nello streaming il futuro del cinema. E Disney si è già mosso come la corrazzata qual è, lanciando Disney+, il servizio di streaming dei contenuti di sua proprietà, che, a 5 euro al mese, ha raccolto consensi al di là di ogni più rosea aspettativa.

Disney+

Proprio in forza di questo successo, Disney passerà a Disney+ un bel pacchetto di contenuti: 10 serie di Star Wars, 10 serie basate sui fumetti Marvel, 15 nuove serie originali e 15 film. Nel triennio 2021–2024 Disney quadruplicherà il proprio investimento in originals da destinare a Disney+.

La casa di topolino non si arresterà qui. Gli altri due servizi di streaming di sua proprietà, ESPN+ (che trasmette eventi sportivi) e Hulu (il servizio di streaming de Il racconto dell’ancella) riceveranno nel 2021 una montagna di denaro: dai 14 a 16 miliardi di dollari, prossimi ad eguagliare l’investimento di Netflix in originals che ammonta a 17 miliardi di dollari. Si tratta di un vero e proprio “content tsunamy” come lo etichetta l“Economist”.

Il giorno dopo l’annuncio di questo tsunami il titolo Disney ha fatto un balzo di 14 punti aggiungendo 38 miliardi alla sua capitalizzazione. Sono iniziative che mandano in sollucchero i “dilettanti di Wall Street”. Alla fine, però, sono loro che conducono il gioco.

Gli osservatori stimano che entro il 2024 Disney raggiungerà il punto di pareggio grazie a una base di utenti stimata in 300 milioni di abbonati. Lo streaming diventerà la maggiore risorsa di ricavi e profitti per Disney.

Il modello ibrido

C’è un fatto indubbiamente nuovo rispetto ad appena un anno fa, dovuto all’accelerazione che la pandemia ha impresso a tutti i servizi digitali distribuiti online. Anche l’industria cinematografica tradizionale inizia a rendersi conto, con sofferenza, che il futuro è nelle mani dello streaming piuttosto che sul grande schermo delle sale di proiezione.

Jason Kilar viene da Hulu che contende a Netflix il ruolo di decano dell’industria dello streaming. Un’esperienza e anche un osservatorio privilegiato, quello di Hulu, per osservare il trend dominate dell’industria dello spettacolo.

E il trend dice streaming anche se Kilar continua a parlare di un “modello di business ibrido”, che, ovviamente, include ancora le sale come elemento centrale del business, anche se il nuovo CEO di Warner non fornisce particolari sul modo di attuazione di questo modello e soprattutto sui tempi.

Quello che per ora molti osservatori notano è che film come Dune e Matrix 4, previsti in uscita nell’ultimo quarto del 2021, quindi con la campagna di vaccinazione anticovid già in fase avanzata, non prevedono l’abituale finestra per le sale, ma la proiezione contemporanea su HBO Max.

Il significato di modello ibrido

Ai puristi del cinema il “modello ibrido” sembra una provocazione. Il pensiero dominante è questo: se anche uno Studio di vecchio stampo con Warner Bos. rinuncia a massimizzare i propri ricavi attraverso il box office, per indirizzarsi anche allo streaming, che cosa succederà al grande schermo e a tutto l’ecosistema del cinema che ancora basa la sua economia sul botteghino?

Non c’è dubbio che gli Studios che seguiranno le orme di Warner dovranno salire al calvario, probabilmente disseminato anche di cause legali, e dovranno sostenere dei costi ingenti per mandare

avanti e affermare il modello ibrido e soprattutto per abolire il sistema delle finestre sulle quali si fonda tutta l’industria da più di mezzo secolo.

Per il momento c’è la pandemia a fare da foglia di fico, ma quando questa cadrà ci sarà chi non vorrà guardare tanto lo spettacolo sarà orrendo.

Commenta