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Cds, armi degli Usa contro la Ue

Il New York Times rivela che le maggiori banche americane hanno sottoscritto 50 miliardi di credit default swaps a copertura dei crediti da 80 miliardi nei confronti delle nazioni dell’eurozona a rischio – La regolazione di questo mercato continua a mancare e i Cds sono sempre più uno strumento di speculazione: si rischia un’altra crisi di sistema.

Cds, armi degli Usa contro la Ue

Le cinque maggiori banche americane hanno sottoscritto almeno 50 miliardi di credit default swaps a copertura dei crediti, in tutto 80 miliardi, nei confronti delle nazioni dell’eurozona a rischio: Italia, Spagna, Portogallo, Irlanda e naturalmente Grecia. Citigroup, in particolare, ha assicurato il 47% dei suoi crediti, attorno a 21 miliardi di dollari. Diversa la politica di Morgan Stanley, che ha limitato i Cds verso l’Europa a 1,43 miliardi. In caso di default, par di capire, in MS non si crede all’efficacia di questo strumento di protezione, valido per le crisi limitate, non per quelle di sistema.

Il dato emerge da un’inchiesta del New York Times che getta una prima luce sul mercato dei Cds, finora circondato da un’assoluta opacità. Ma le cose, avverte il quotidiano Usa, dovrebbero almeno in parte cambiare, perché la Sec ha ingiunto alle banche americane di dare maggiori e più dettagliate informazioni sulle loro posizioni nei confronti dell’Europa. Dall’analisi potrebbero emergere non poche sorprese, che potrebbero gettare nuova luce sui movimenti del debito sovrano europeo nel corso degli ultimi mesi.

Quel che si sa fin d’ora è che i Cds continuano a essere una mina esplosiva sulle sorti del mercato, per ora non disinnescata, nonostante i buoni propositi enunciati dal G20, fin dal vertice del 2009. Entro la fine del 2012 , era stato deciso dal summit dei ministri finanziari, gli scambi dei Cds avrebbero dovuto essere concentrati in mercati organizzati. In particolare, i Cds sugli Stati sovrani avrebbero dovuto essere gestiti dalla società di clearing controllata dalla Financial Securities Authority britannica. Ma, a undici mesi dalla scadenza prevista, solo il 9,4% delle operazioni di uno sterminato mercato da 29.600 miliardi di contratti (dato della Bri di Basilea) risulta avvenire in una stanza di compensazione ufficiale.

Eppure, gli avvenimenti del 2008/09, culminati con il salvataggio di Aig, che rischiava di esser sommersa da valanghe di Cds che non era in grado di onorare, e delle sue controparti (in primis Goldman Sachs) hanno dimostrato che i Cds, efficaci nella gestione di contratti sulle società private, non sono in grado di garantire alcuna protezione in occasione di una crisi sistemica come quella che potrebbe innescarsi con un default selvaggio della Grecia. I 50 miliardi di Cds rivelati dal New York Times, dunque, rischiano di essere la punta di un iceberg che, in assenza di nuove regole, potrebbe innescare una crisi di sistema.

Ai Cds ha dedicato una parte della sua relazione nel corso del recente convegno Aiaf Emilio Girino, professionista e docente del dipartimento Fince del Cuoa, dal titolo illuminante “Come disinquinare il mercato degli oscuri pseudo-derivati”.

Secondo Girino è sbagliato considerare il Cds alla stregua di un derivato finanziario, invece che un contratto di copertura assicurativa. In questo modo è stato possibile che il derivato potesse stipularsi senza alcuna limitazione o preclusione. “In questo modo – dice Girino – il mercato si è rapidamente riempito di Cds multipli, cioè la stipulazione di più Cds sullo stesso credito, e di Cds nudi, stipulati anche in assenza di un credito da proteggere”. Ovvero “ad esser un po’ rozzi, il Cds multiplo equivale ad assicurare cinque volte o più la propria casa contro l’incendio, il Cds nudo vuol dire assicurare la casa del vicino”.

Le conseguenze? Il Cds è diventato un’arma speculativa per eccellenza. “Chi ha stipulato un Cds multiplo – spiega Girino – ha paradossalmente l’interesse che il debitore non adempia, cioè che la casa propria bruci, perché dal default ricaverebbe assai di più che dall’adempimento (nell’esempio, cinque volte il valore della casa). Chi ha stipulato un Cds nudo ha solo interesse che il debitore non adempia, cioè che la casa del vicino bruci, perché solo così si procurerà un profitto”. E’ questo l’obiettivo di buona parte dei detentori di Cds, che non hanno alcuna necessità di proteggersi contro titoli che non possiedono. “Chi ha fatto schizzare il valore dei Cds sull’Italia ancor prima del declassamento del rating non possedeva nemmeno l’ombra di un Btp”.

Tutto questo è possibile perché il valore del Cds, trasformato in uno strumento negoziabile, è influenzato dal volume degli scambi assai di più che dalla solvibilità del debitore. Scambi, del resto, più opachi che mai, perché avvengono senza alcun controllo né alcuna trasparenza. Il mercato over the counter è concentrato nelle mani di di cinque colossi bancari internazionali che hanno facile gioco ad influenzare i prezzi in assenza di qualsiasi tracciabilità degli scambi che, in certi casi, avvengono in busta chiusa.

Contro questo mercato si sono espressi Warren Buffett, che ha parlato di “strumenti di distruzione di massa finanziari” (ma pure ne ha largamente usufruito), e Jean-Claude Trichet. Ogni tentativo di regolazione è per ora approdato a ben poco.

Le conseguenze sono inquietanti. “Se fosse in vigore un sistema di regole in questa parte rilevante del sistema – argomenta il New York Times – non ci sarebbe incertezza sulla capacità delle controparti di tener fede ai propri impegni anche in epoche di crisi. Sarebbe sufficiente imporre il passaggio attraverso le clearing house, il cui compito è proprio di verificare la consistenza delle garanzie dei soggetti dei contratti. Solo loro potrebbero imporre misure standard e verificare la consistenza delle garanzie, magari aumentandole nel caso che le circostanze lo richiedano”.

Al contrario, per usare l’esempio del quotidiano Usa, “se la congiuntura italiana peggiorasse, il costo della protezione di un Cds sul default Italia potrebbe schizzare in alto rispetto ai 401.000 dollari per 10 milioni pagati in questi giorni. Ma in tal caso il venditore del Cds, spesso una banca italiana, avrebbe difficoltà a far fronte all’impegno. Si creerebbe una crisi di liquidità che, a catena, potrebbe far esplodere una crisi di sistema”. Difficile che capiti, anzi molto difficile dopo la rete di protezione stesa dalla Bce. Ma la sola eventualità è un’arma formidabile in mano a pochi speculatori, che si arricchiscono con poco rischio. In assenza di una vera risposta dei regolatori.

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