L’ultima Cassanata – l’ennesimo capitolo dell’eterna lotta tra un uomo instabile e il calciatore geniale che lo abita -, oltre ad aprire la porta a una ridda di interrogativi sul futuro del talento barese – una telenovela preriscaldata buona per tenere occupata qualche redazione sportiva – fa strada anche a una visione retrospettiva della carriera di Antonio Cassano.
Il diverbio con Stramaccioni, infatti, pone fine a una storia d’amore nata – quando Cassano giocava ancora nel Milan – con quel “benebene, Strama”, che aveva fatto del giovane coach interista un personaggio catodico, ma non è altro che una nuova ricaduta di Fantantonio nella malattia della sua natura autodistruttiva. Un capitolo di uno sterminato libro di amori e litigi, che comprende, tra gli altri, anche Totti, Capello, Gentile e Garrone.
E a riderne, oggi, o forse a sogghignare dietro un sigaro, potrebbe esserci Marcello Lippi, crocifisso in sala stampa per non averlo convocato ai Mondiali del 2010. Come andò a finire la tremenda spedizione italiana in terra sudafricana è storia nota, ma forse il tempo potrebbe essere stato galantuomo anche su questo col nostro ex commissario tecnico.
Perchè se è vero che da un punto di vista strettamente tecnico Cassano ci sarebbe stato benissimo in quella rosa (gli attaccanti di quella nazionale erano Di Natale, Quagliarella, Gilardino, Iaquinta e Pazzini, non certo dei fenomeni, fatta eccezione per Di Natale, a cui però è sempre mancata la personalità necessaria per affermarsi in azzurro), è sempre più possibile che il Ct, che ha sempre scommesso forte sulla solidità del gruppo – vincendo clamorosamente nel 2006 e facendo fiasco nel 2010 – abbia avuto ragione a lasciare a casa il barese, vittima dell’eterno ritorno della sua malia di distruzione.
E forse è giunto il momento di chiedersi quale sia il posto di Cassano, a questo punto della sua carriera. E se Moratti, notoriamente debole al fascino degli sregolati di talento, minimizza dicendo che “gli artisti sono un po’ così, speciali, e vanno capiti”, la verità che va componendosi è un’altra, ormai incontrovertibile, una volta decaduto l’alibi dell’età e mentre il tramonto fisico procede sempre più spedito, denunciando la scarsa professionalità del barese.
La verità è che Cassano è una bellissima macchina difettosa, che va forte e fa figura ma spesso ti lascia a piedi. E forse è per questo che il suo posto, purtroppo o per fortuna, è una piccola-grande squadra – come la Sampdoria – che non potrebbe mai permettersi una macchina tanto bella se non fosse viziata. Una grande squadra come l’Inter forse dovrebbe puntare su macchine diverse, altrettanto belle, ma più solide.