Sognava di tornare al Milan, così come sognava di restarci in quella tormentata estate del 2009, quando fu “costretto” a lasciare Milano dopo Champions e Pallone d’Oro per accasarsi in Spagna e indossare per quattro anonime stagioni la maglia del Real Madrid, a sua volta sognata sin da bambino.
Il ritorno di Kakà in rossonero non è un sogno ma una realtà: ciò che sembrava impensabile, più per motivi d’ingaggio che per la cifra richiesta per acquistarlo (il Real Madrid, che ha appena fatto un rinnovo monstre a Cristiano Ronaldo, ha preferito liberarlo a costo zero pur di alleggerire il monte ingaggi), è adesso realmente accaduto. Kakà, non più giovanissimo (prima di fine stagione compirà 32 anni) è tornato a vestire la maglia che lo ha reso grande, abbandonando a Madrid l’allenatore che lo aveva reso grande e che doveva essere pronto a rilanciarlo, quel Carlo Ancelotti che invece ha dato via libera alla sua cessione a titolo gratuito.
Campanello d’allarme? Non proprio, visto che lui è felicissimo, convinto di giocare di più in un campionato che conosce e che lo apprezza (qui non c’è la concorrenza di Ronaldo…), e tramite il quale è fiducioso di poter riconquistare la maglia della Seleçao per giocarsi il Mondiale in casa fra poco meno di un anno.
Felicissimi sono anche i tifosi rossoneri, memori dei trionfi di quegli anni, dal 2003 al 2009, delle giocate e soprattutto dei gol, 70 in 193 partite, e molti dei quali segnati nei derby contro l’Inter. Un po’ meno contenti saranno invece i cugini nerazzurri, forse intimoriti, mentre al momento emozionato ma poi intimorito pure lui potrebbe essere il giovane El Shaarawy, sul quale il Milan aveva puntato molto ma che già la scorsa stagione aveva subito la presenza di Balotelli. Che il ritorno di Kakà sia la fine del Faraone e del progetto di ringiovanimento rossonero? Oppure, al contrario, uno straordinario valore aggiunto, anche se ancora una volta sintomatico di un mercato fatto sull’onda delle emozioni e ragionando di anno in anno e non progettualmente?