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Calcio, la caduta degli dei: da Allegri ad Ancelotti, da Mou a Guardiola

Non bastano i soldi e nomi illustri in campo o in panchina per vincere nel calcio: i casi di questi giorni dimostrano che talvolta la fantasia e il talento contano più di tutto

Calcio, la caduta degli dei: da Allegri ad Ancelotti, da Mou a Guardiola

La stagione non è ancora finita, ma alcuni verdetti sono già segnati e impietosi. In molti casi riguardano proprio la upper class del calcio: i più ricchi, i più famosi, i più blasonati, anche banalmente i più bravi, che però quest’anno hanno preso una toppa. E non sono stati in pochi. Basti pensare, ad esempio, al flop delle italiane nelle coppe europee: nel giro di due giorni, non sono bastati né Cristiano Ronaldo e Max Allegri alla Juventus né Carlo Ancelotti al Napoli per superare la freschezza e il dinamismo di squadre giovani e meno accreditate, quanto meno sulla carta, come Ajax e Arsenal. Ad incantare, per la verità, sono stati soprattutto i talentuosi ragazzi olandesi, mentre la pattuglia guidata da Emery si è limitata ad assistere all’incredibile involuzione tecnica, tattica e mentale di una squadra che l’anno scorso, guidata da un “signor nessuno” come Sarri, si stava giocando lo scudetto a una media di quasi 100 punti. E che quest’anno invece, guidata dal blasonatissimo Ancelotti, l’allenatore italiano più vincente in Europa, ha fallito.

Ajax e Arsenal non sono tuttavia gli unici esempi di classe operaia che va in Paradiso: gli olandesi in semifinale di Champions League troveranno il Tottenham, che nei quarti ha eliminato il City di un altro totem del calcio contemporaneo, quel Pep Guardiola che da quando ha lasciato il Barcellona a livello europeo non ne azzecca più una. Idem in Europa League, dove l’Arsenal (che è sì un club blasonato, ma in una fase di transizione dopo l’era Wenger) in semifinale troverà una spagnola che però non è né il Real Madrid, né l’Atletico né tantomeno il Siviglia, ma una nobile decaduta come il Valencia, attualmente fuori dalla zona europa nella Liga. Nell’altra semifinale il Chelsea di Sarri, alla prima esperienza all’estero dopo il ciclo al Napoli, ritroverà invece i tedeschi dell’Eintracht Francoforte, unica squadra teutonica rimasta in lizza in Europa, dopo i flop delle più blasonate Bayern Monaco e Borussia Dortmund.

L’unico sussulto dei favoriti rimane quello dell’altra semifinale di Champions League, quella tra Barcellona e Liverpool, dove in campo scenderanno 10 coppe dei Campioni (5 per parte) e dove gioca uno dei due giocatori più forti del mondo, Lionel Messi. E poi ci sono i campionati nazionali, dove la nobiltà almeno per quest’anno ha tenuto duro: il Psg di Neymar e Buffon, altra big deludente in Europa, è già di fatto campione, così come la Juventus in Italia e il Barcellona in Spagna. Avrà un po’ più da penare il Bayern Monaco mentre City e Liverpool se la giocheranno in volata, ma intanto un segnale è arrivato chiaro e tondo: per vincere non bastano più né i soldi né il nome.

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