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Brasile, la Cina spaventa la Borsa: peggior trend negativo del Bovespa dal 1984 con 10 sedute consecutive in rosso

L’indice Bovespa di San Paolo è reduce da dieci giorni consecutivi di ribassi: non accadeva da quasi 40 anni. A preoccupare è il rallentamento del gigante asiatico, primo partner commerciale di Brasilia

Brasile, la Cina spaventa la Borsa: peggior trend negativo del Bovespa dal 1984 con 10 sedute consecutive in rosso

Il Brasile è il primo partner commerciale della Cina a livello mondiale, soprattutto per l’esportazione di materie prime, e dunque anche il minimo segnale di debolezza in arrivo dal gigante asiatico ha ripercussioni forti sull’economia della locomotiva del Sudamerica. Ne è la riprova che i dati negativi sul Pil cinese nel secondo trimestre, con una crescita di appena lo 0,8%, stanno mettendo in difficoltà non solo il settore agroalimentare brasiliano, che dipende da Pechino per il 37% del valore delle sue esportazioni (pari a quasi 100 miliardi di dollari), ma anche la stessa Borsa di San Paolo, che ad agosto è reduce da dieci sedute consecutive al ribasso, il peggior trend dal 1984.

In calo il colosso minerario Vale

A pesare sulla performance negativa dell’indice Bovespa sono state negli ultimi giorni anche le azioni del colosso minerario Vale, che lunedì ha perso oltre il 3% ma soprattutto, appunto, i timori sul rallentamento dell’economia cinese, peraltro scossa in questi giorni dal caso Country Garden, la grande azienda immobiliare sull’orlo del fallimento e il cui titolo è stato sospeso alla Borsa di Hong Kong dopo aver perso, nella sola seduta di lunedì 14 agosto, oltre il 16%. Il mercato delle costruzioni edilizie in Cina è arrivato in passato a valere il 25% del Pil, ma da qualche tempo è in crisi e Country Garden ha oggi un debito stimato da Bloomberg in quasi 200 miliardi di dollari.

Le notizie dalla Cina preoccupano il Brasile

Per il Brasile, la cui crescita del Pil nel 2023 è stata recentemente rivista al rialzo al 2,2% (che adesso però risulta sovrastimata secondo gli economisti), queste non sono buone notizie, dato che la sua economia, in ripresa dopo il ritorno alla presidenza di Lula, è fortemente dipendente dal partner asiatico. E non solo per la soia, che pur rimane di gran lunga la commodity più richiesta in Oriente: quest’anno il 70% della soia esportata dal Paese sudamericano era destinata in Cina, cioè 50 milioni di tonnellate sul totale di 72,5 milioni di tonnellate. Pechino inoltre acquista il 12% delle esportazioni brasiliane di olio di soia e l’85% di quelle di olio di mandorla, e negli ultimi anni va sempre più diversificando il sodalizio, importando carne, cotone, cellulosa.

Cresce l’export della carne

In particolare, l’export di carne è aumentato del 6% a oltre 5 milioni di tonnellate, con un boom di quella suina e di pollo, mentre praticamente la metà della cellulosa che esce dal Brasile arriva in Cina. Le turbolenze cinesi non sono un buon segnale per la prima economia del Sudamerica, proprio nei giorni in cui la vicina Argentina è scossa da una crisi senza precedenti e da un possibile ribaltone politico, dopo la vittoria dell’estrema destra nelle primarie presidenziali.

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