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Argentina, primarie choc: l’estrema destra sfonda e vince con il sovranista Milei, flop del peronismo

Clamoroso risultato delle primarie in Argentina dove il Trump locale, il sovranista Javier Milei, raccoglie il 32% e stacca nettamente gli avversari con incredibile flop dei peronisti

Argentina, primarie choc: l’estrema destra sfonda e vince con il sovranista Milei, flop del peronismo

L’estrema destra sfonda anche in Argentina. E’ stato questo l’esito, clamoroso, delle primarie tenutesi ieri nel Paese sudamericano, per scegliere i candidati alle elezioni presidenziali del prossimo 22 ottobre: il candidato più votato (mentre scriviamo sono state scrutinate poco più del 60% delle schede) è stato il sovranista Javier Milei, il Trump argentino che si presentava con la lista indipendente Libertad Avanza, che ha raccolto circa il 32% delle preferenze, cinque punti in più della somma dei due candidati del partito di centrodestra Juntos por el Cambio, mentre esce ampiamente sconfitto il partito peronista attualmente al governo, che presentava il ministro dell’Economia Sergio Massa, fermatosi secondo i risultati parziali al 20%.

Di fatto, si è trattato di elezioni anticipate, visto che in Argentina le primarie sono obbligatorie per i cittadini tra i 18 e i 70 anni e che alcuni partiti presentavano un solo candidato, il cui risultato è stato dunque un test in vista della tornata decisiva tra poco più di due mesi. Sergio Massa sarà perciò il candidato per il centrosinistra, come da copione, ma il risultato del partito peronista è uno dei peggiori della storia: anche considerando il 5% scarso ottenuto dall’outsider Juan Grabois, ha ottenuto meno del ticket della destra moderata, rappresentata da Patricia Bullrich, la Thatcher argentina, col 16%, e dal governatore di Buenos Aires Horacio Larreta, con circa il 11%. Anche se, considerando la situazione economica del Paese, con l’inflazione oltre il 100%, viene quasi da pensare che la maggioranza uscente abbia limitato i danni.

Decisamente meglio, invece, è andata a Milei, che ha sovvertito tutti i pronostici della vigilia: per la verità l’anarcocapitalista, come lui stesso ama provocatoriamente definirsi, qualche mese fa era dato in testa nei sondaggi, ma gli ultimi rilevamenti avevano parecchio ridimensionato la sua ascesa, lasciando presagire una vittoria del centrodestra “tradizionale”. Invece il partito dell’ex presidente Mauricio Macri raccoglie un deludente 27% complessivo, appena due punti sopra i candidati espressi dall’attuale – e impopolare – maggioranza, e porterà dunque Bullrich a correre per la Casa Rosada. Bullrich è considerata la Lady di ferro della politica argentina, anche se il suo lontano passato farebbe pensare il contrario, visto che negli anni 70 militava nei Montoneros, il gruppo guerrigliero del peronismo rivoluzionario, acerrimo nemico del regime di Jorge Videla.

Oggi invece l’ex ministra della Sicurezza del governo Macri rappresenta l’ala più dura del partito liberale: in questa campagna elettorale ha promesso il massimo impegno contro la corruzione e la criminalità, avendo dunque la meglio sul candidato “dialoghista” Horacio Larreta, dalle posizioni decisamente più moderate. Ma in Argentina la crisi economica si è troppo aggravata per lasciar spazio a soluzioni centriste, e proprio per questo a far saltare il banco è stato Javier Milei, che come era accaduto in Brasile con Bolsonaro sta capitalizzando il voto di protesta. Praticamente un argentino su tre gli ha dato per ora la preferenza: la sua candidatura non era in discussione in quanto candidato unico della sua lista, ma ora corre praticamente da favorito alle presidenziali del 22 ottobre.

Se dovesse raggiungere il 45% dei voti o il 40% ma con dieci punti di margine sul secondo, sarebbe eletto presidente al primo turno. Altrimenti Milei, che teorizza la dollarizzazione completa dell’economia argentina, se la giocherà al ballottaggio probabilmente in un derby tutto a destra, col peronismo che rischia una delle più grandi disfatte della storia.

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