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Brasile e Colombia: conti ok, ma servono altre riforme

Nel Paese carioca il risultato più importante arriva dalla riforma delle pensioni – Bogotà prevede sia il taglio progressivo delle tasse sul reddito delle imprese (dal 33% al 30%) sia il recupero integrale sulle importazioni di beni di investimento – Per l’export Made in Italy si prevede un incremento medio del 3,4% nel 2020-2022, Coronavirus permettendo

Brasile e Colombia: conti ok, ma servono altre riforme

In Brasile il risultato più importante del 2019 arriva dalla riforma delle pensioni, da anni ritenuta indispensabile per la sostenibilità futura del bilancio pubblico. Le misure approvate, tra cui l’aumento dell’età pensionabile per gli uomini a 65 anni e per le donne a 62 anni, dovrebbero tradursi in risparmi per 196 miliardi di dollari nei prossimi 10 anni. L’alto costo del sistema pensionistico è stato, infatti, una delle cause degli elevati disavanzi fiscali del paese, una tendenza aggravata dalla lenta espansione economica e dall’invecchiamento della popolazione. Inoltre, sono attese nei prossimi mesi ulteriori riduzioni della spesa pubblica, coerentemente con l’attuale programma economico liberista: il rischio è che venga attuata una politica fiscale eccessivamente restrittiva, giustificata dall’idea che l’austerità potrebbe avere un effetto positivo sulla crescita. Finora, tuttavia, i casi di austerità espansiva sono stati pochi e una riduzione eccessiva della domanda pubblica nell’attuale contesto internazionale potrebbe essere controproducente: il recente accordo commerciale USA-Cina, che ha stabilito per Pechino di dover acquistare 32 mld di prodotti agricoli dagli USA nei prossimi due anni, potrebbe influire negativamente sulla bilancia commerciale brasiliana, dal momento che circa il 14% delle esportazioni brasiliane verso la Cina sono di prodotti agricoli, principalmente semi di soia.

Il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) stima che nel 2019 la crescita brasiliana sia stata dell’1,2% e prevede un aumento al 2,2% per quest’anno, Coronavirus permettendo. Nel 2020, l’inflazione dovrebbe rimanere bassa e il disavanzo del conto corrente della bilancia dei pagamenti dovrebbe rimanere contenuto. Lo squilibrio macroeconomico più importante riguarderà ancora la finanza pubblica: alla fine dell’anno il disavanzo totale del bilancio pubblico sarà pari al 6,9% del PIL e il debito pubblico arriverà a circa il 95% del PIL. Il governo è stato attivo anche su altri fronti economici, tra cui le privatizzazioni, vendendo oltre 23 mld di beni statali nel 2019, e l’attuazione di misure di deregolamentazione. Una delle prossime grandi sfide è la riforma e semplificazione del sistema tributario. Inoltre, il governo ha in agenda altre due riforme, che sembra probabile possano essere approvate nel 2020: l’autonomia della Banca Centrale e un nuovo quadro giuridico per il mercato dei cambi e dei capitali esteri in Brasile e brasiliani all’estero. La sostenibilità dei conti pubblici rimane un obiettivo importante per il paese, ma non c’è un’urgenza dettata da una situazione di crisi di bilancia dei pagamenti, anzi il paese ha ingenti riserve di valuta estera e gli investimenti diretti esteri coprono il disavanzo del conto corrente. La semplice austerità non solo rischia di bloccare la crescita ma crea anche una situazione sfavorevole per la riduzione delle disuguaglianze. Una riduzione della spesa pubblica, che probabilmente sarebbe seguita da una riduzione della tassazione, ridurrebbe la capacità redistributiva della politica fiscale, cioè la capacità di migliorare la condizione economica e sociale di milioni di brasiliani.

Se allarghiamo lo spettro di osservazione alla Colombia, notiamo un’economia emergente tra le maggiormente affette da shock alle ragioni di scambio, dal momento che il Paese andino dipende ancora per l’80% dall’export di materie prime, in particolare petrolio, carbone, caffè e oro. Grazie a politiche macroeconomiche accorte, la quarta economia latinoamericana è riuscita comunque a evitare finora di entrare in recessione e ha cominciato un percorso di ripresa che si è intensificato negli ultimi trimestri. Negli ultimi quarant’anni, la Colombia ha registrato un solo anno di recessione, il 1999, coinciso con la perdita del rating investment grade, riguadagnato soltanto nel 2011. Interessante notare come la Colombia sia inoltre l’unica tra le principali geografie del Sud America a non essere stata coinvolta nelle crisi di debito degli anni ’80: l’ultimo default sul debito estero risale al lontano 1935.

I brillanti risultati in campo economico non hanno comunque posto il Paese al riparo dall’ondata di proteste che ha scosso buona parte dei Paesi sudamericani negli ultimi mesi. A partire dallo sciopero nazionale del 21 novembre, la Colombia è stata interessata da manifestazioni di protesta diffuse, anche se per lo più di natura non violenta. Quel che emerge, anche dalle recenti elezioni locali di ottobre 2019 che hanno evidenziato l’ampia affermazione di partiti e movimenti anti-establishment, è la richiesta di una nuova offerta politica, dal momento che quella attuale non è stata in grado di fornire ai cittadini risposte convincenti a problemi di lungo periodo come corruzione, disuguaglianze e lotta al narcotraffico. Le manifestazioni di protesta prolungate pongono a rischio l’ambizioso disegno dell’esecutivo in carica, volto ad accrescere la competitività del Paese per renderlo maggiormente resiliente a shock esterni. La riforma fiscale del 2018 ha previsto sia il taglio progressivo della tassazione sul reddito delle imprese (dal 33% al 30% entro il 2022) sia la possibilità di recuperare integralmente le imposte sulle importazioni di beni di investimento: tali misure hanno l’obiettivo di rafforzare strutturalmente il sistema produttivo locale, per innalzare il potenziale di crescita e ridurre allo stesso tempo il deficit di parte corrente, principale elemento di debolezza dal punto di vista macroeconomico. Altri provvedimenti, vanno nella direzione del miglioramento del sistema economico attraverso una maggiore diversificazione e un maggior contributo del terziario, settore meno volatile rispetto ad agricoltura e industria.

L’evoluzione della situazione in Colombia è di interesse anche per gli esportatori italiani. Nei primi undici mesi del 2019 le vendite verso Bogotà sono aumentate dell’11% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, per un valore complessivo di 616 milioni di euro. L’ottima performance è dovuta non solo al recupero nelle vendite della meccanica strumentale (38% sul totale nel 2018) ma anche all’incremento delle vendite di prodotti alimentari e bevande, articoli in gomma e plastica, apparecchi elettrici ed elettronici. La domanda colombiana sempre più diversificata e sofisticata si è riflessa nella performance del Made in Italy degli ultimi anni e offre interessanti opportunità per il futuro: il recente aggiornamento delle previsioni SACE SIMEST indica infatti un ulteriore incremento medio del 3,4% nel triennio 2020-2022. Un momentum da sfruttare al massimo, senza dimenticare che la strada è ancora lunga.

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