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Borse europee in altalena: la spinta di Wall Street non basta ma Milano chiude in rialzo e Generali sale

Il calo del petrolio e la spinta di Wall Street illudono ma non fermano le perdite delle Borse europee: Piazza Affari si salva e Generali brilla insieme ad Atlantia

Borse europee in altalena: la spinta di Wall Street non basta ma Milano chiude in rialzo e Generali sale

L’inflazione americana morde un po’ meno del previsto e questo incoraggia gli acquisti sull’azionario Usa e contribuisce al cambio di passo dei listini europei, che chiudono contrastati ma poco lontani dalla parità. 

Le Borse si confermano nervose e volatili, anche se in attesa degli esiti della riunione della Fed (che si conclude domani), gli investitori per qualche ora hanno messo da parte le preoccupazioni per la crescita della pandemia in Cina e lasciato spazio alla speranza di un progresso nei negoziati sul conflitto nell’Est del continente, visto che il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha detto una cosa che piacerà ai russi: “Non possiamo entrare nella Nato”.

In questo contesto Piazza Affari sale dello 0,31% a 23.499 punti, grazie alla buona intonazione dei titoli finanziari e nonostante il lusso soffra per le sanzioni contro la Russia.

Il clima è misto nel resto d’Europa: Francoforte è piatta; Parigi perde lo 0,23%; Amsterdam +0,31%; Madrid +0,04%; Londra -0,25%.

Euro in ripresa

Rialza la testa la moneta unica contro il dollaro: l’euro tratta in progresso dello 0,1% con il cambio poco sotto 1,1%. In mattinata, la divisa unica ha perso brevemente valore dopo la diffusione dell’indice tedesco Zew che misura le attese economiche degli imprenditori in Germania. L’indice ha registrato un calo senza precedenti in marzo a causa del conflitto in Ucraina e delle sanzioni nei confronti della Russia, rendendo più probabile una recessione per la prima economia del blocco.

L’indice del dollaro è invece incolore in attesa della conclusione della riunione di politica monetaria della Fed che dovrebbe varare il primo rialzo dei tassi da quando è scoppiata la pandemia.

Crolla il petrolio 

Tra le materie prime crolla il petrolio, allontanandosi a grandi passi dai massimi dal 2014 toccati poco tempo fa: a metà pomeriggio il future Brent cede quasi l’8% e tratta sotto i 100 dollari al barile; il greggio texano arretra dell’8,5% a 94,2 dollari al barile.

Nel suo report mensile l’Opec ha mantenuto invariata l’attesa di un aumento della domanda a 4,15 milioni di barili al giorno nel 2022, ma sottolineando che la guerra in Ucraina e i costanti timori legati al Covid-19 stanno rimodellando l’economia mondiale e che pertanto si assisterà a un impatto negativo nel breve termine sulla crescita globale.

A pesare sui prezzi dell’oro nero sarebbe anche il fatto che la Russia è favorevole al ripristino dell’accordo nucleare iraniano il prima possibile.

Il Brent ha perso quasi 40 dollari dal massimo di 14 anni toccato il 7 marzo, mentre il greggio Usa ha ceduto oltre 30 dollari dopo aver toccato i livelli più alti dal 2008 quasi una settimana fa.

Si appanna anche l’oro: il lingotto con consegna immediata mostra un calo dell’1,66% a 1917,88 dollari l’oncia.

Inflazione Usa e Fed: occhi puntati su Powell

I prezzi alla produzione negli Stati Uniti nel mese di febbraio sono aumentati dello 0,8% rispetto a gennaio, contro attese per un +0,9%. La componente “core” – quella depurata dalle componenti più volatili rappresentate dai prezzi dei beni alimentari, energetici e dei servizi commerciali – è salita dello 0,2% rispetto al mese precedente, contro +0,6% stimato.

Rispetto a un anno prima, i prezzi alla produzione sono aumentati del 10%, in linea con le attese e come a gennaio (dato rivisto dall’iniziale +9,7%), e del 6,6% per il dato “core”, dopo il +6,8% di gennaio. L’attenzione si sposta ora sulla Federal Reserve che domani annuncerà le sue decisioni sui tassi d’interesse. Poco tempo fa Jerome Powell ha annunciato un rialzo di 25 punti base. Quello che appare più importante sono le stime sulle mosse successive. Il presidente della banca centrale Usa ha recentemente ribadito che agirà “con attenzione” sulla stretta monetaria.

Nell’attesa e alla luce di un dato sull’inflazione meno pesante delle attese, scendono leggermente i tassi dei titoli di Stato a stelle e strisce: il decennale mostra un rendimento del 2,122% in calo dello 0,82% rispetto alla chiusura di ieri.

Alti e bassi a Piazza Affari

Dopo un avvio da brivido, in cui Milano era arrivata a perdere fino al 2%, il listino chiude dunque in cauto progresso. Regina del listino è Atlantia, che si apprezza del 2,96% nel giorno in cui Aspi ha chiesto il patteggiamento nel processo per il crollo del Ponte Morandi.

In evidenza Terna, +2,25%.

Nella parte alta del Ftse Mib trovano spazio molti titoli finanziari: Banca Mediolanum +2,15%; Bper +2,03%; Intesa +0,91%; Unicredit +0,81%. L’ad di quest’ultima, Andrea Orcel, ha detto che la banca sta per completare un esame urgente delle proprie attività in Russia e potrebbe decidere di ritirarsi dal Paese dopo l’invasione dell’Ucraina, ma deve tenere conto delle esigenze dei 4.000 dipendenti locali e delle 1.250 aziende europee clienti parimenti impegnate in una exit strategy.

Bene Generali +1,93%, dopo conti record. Per il broker Equita sono risultati complessivamente in linea con le attese. Secondo banca Akros, “Generali ha confermato gli obiettivi 2022-24, ma ha sottolineato che non è possibile dare stime ragionevoli sugli effetti della crisi sui mercati e sul business assicurativo”.

I titoli petroliferi sono misti: Saipem sale del 2,02%, mentre Tenaris registra il tonfo peggiore, -3,33%.

Tra le blue chip più sofferenti c’è Moncler -3,15%. Lo stop a vendite di beni di lusso a Mosca pesa anche su altre firme, come Ferragamo -3,78% e Tod’s -2,64%. 

Arretra Telecom, segna -2,01%, dopo il balzo di ieri sulle attese di sviluppi sulla possibile offerta di acquisto da parte del fondo americano Kkr. Deutsche Bank ha tagliato il prezzo obiettivo a 0,30 euro da 0,43 precedente sia per le ordinaria sia per le risparmio, mentre Hsbc l’ha rivisto a 0,40 euro da 0,50.

Spread stabile

Chiude in lieve progresso anche il secondario: lo spread tra decennale italiano e tedesco si ferma a 157 punti base, con un tasso del Btp di +1,89% e del Bund di +0,33%.

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