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Borse ad alta tensione, Sos banche

I ribassi sui listini azionari asiatici aprono la strada a una giornata borsistica difficile anche in Europa e in America, per le incertezze sui tassi della Fed ma anche per le incognite politiche (dal referendum italiano alla polmonite della Clinton) – Occhio a Mps, Unicredit e a Bpm-Banco Popolare

Allacciate le cinture: stamane sui mercati finanziari si ballerà non poco. Le Borse asiatiche sono in profondo rosso, sulla scia dei pesanti ribassi di venerdì che hanno investito sia azioni che obbligazioni. La miccia che ha scatenato il ribasso l’ha accesa Eric Rosengren della Fed di Boston, che si è augurato un rialzo dei tassi in occasione del meeting della Banca centrale il prossimo 21 settembre. La maggioranza degli economisti non crede in una mossa così ravvicinata, ma al tempo stesso appare ormai evidente la preoccupazione della Banca centrale americana di non farsi cogliere in contropiede dall’inflazione. Nel giro di poche ore i listini Usa hanno perso oltre il 2%, presto imitati da Piazza Affari e dagli altri indici europei. Ben più impressionante la frana dei titoli del debito: per la prima volta da luglio il Bund decennale è risalito in terreno positivo, mentre il T-bond Usa è salito all’1,67%.

Si tratta di un assestamento o di un’inversione di tendenza dopo una lunga bonaccia? Quali sono le vere intenzioni della Fed? La prima risposta arriverà stasera da Chicago, dove parlerà Lael Brainard, nota “colomba” del comitato monetario: “Se Janet Yellen vuol segnalare ai mercati l’intenzione di aumentare i tassi, miss Braynard, molto vicina alla presidente, è l’ambasciatore giusto”, commenta Michael Gapen di Barclays. Le possibili turbolenze rischiano di complicare non poco la navigazione di Piazza Affari, già condizionata dal clima pre-referendum.

SAMSUNG -6,2%: RISCHIO INCENDIO PER IL NOTE 7

Forti ribassi a Tokyo, in discesa dell’1,5%. Fa peggio Sidney (-2,2%). Hong Kong, che la settimana scorsa aveva segnato un nuovo massimo storico, lascia sul terreno in apertura il 2,8%. Poco meglio Shenzhen (-2,2%) e Shanghai (-1,8%). L’indice Asia-Pacific è sotto del 2,2%.

Ad innervosire i mercati contribuisce l’incertezza sulle prossime mosse della Bank of Japan, che si riunirà il prossimo 21 settembre, in coincidenza con il meeting della Fed: “Sono allo studio – ha detto un assistente del governatore Kuroda – diverse opzioni per rendere più ripida la curva dei tassi”.

La Banca centrale cinese ha fissato stamane il cambio dello yuan sul dollaro a 6,6856 (-0,34%) ai minimi da un mese.

Tonfo di Samsung: -6,2% stamane a Seoul. La società ha lanciato un appello a non usare Note 7, l’ultimo smartphone del colosso coreano, dopo che diversi apparecchi si sono incendiati. Samsung consegnerà a tutti i clienti in giro per il mondo un modello nuovo.

Accelera la discesa del petrolio. Sia il Brent, trattato a 47,23 dollari al barile, che il Wti, poco sopra i 45 dollari, accusano perdite di poco inferiori al 2%.

GIÙ DEL 2% LE APERTURE IN EUROPA

I futures segnalano stamane un’apertura debole per Wall Street dopo la frana di venerdì, costata il 2,45% di ribasso all’indice S&P. Attenzione ai bancari in rialzo del 9% da inizio anno (contro il +1,4% dell’indice), i più sensibili ad un possibile rialzo dei tassi.

Stessa atmosfera turbolenta in Europa. È prevista un’apertura in forte calo a Londra (-96 punti a 6.680). Perdite superiori al 2% in avvio a Francoforte (-231 punti a 10,342 per l’indice Dax) e a Parigi ( -84 punti a 4,407 per l’indice Cac 40).

Ancora più vulnerabile Piazza Affari, sotto la rinnovata pressione sui titoli bancari. Il bilancio della settimana scorsa è una flessione dello 0,1%, nettamente meglio del calo dell’1,4% dell’indice complessivo delle Borse europee Stoxx 600. Da inizio anno l’FtseMib perde il 19,9%, contro il -5,6% dell’indice europeo. 

Sono andate bene le assicurazioni: Generali+3,9%, Unipol +5,1%. Il timore di un aumento dei tassi ha innescato vendite diffuse sulle utility e nel settore costruzioni, più sensibili al costo del denaro. Enel ha perso l’1,3%, Terna-2,4%, Snam -2%, Atlantia -1,9%. La peggior performance è stata quella di Buzzi (-7,2%), esclusa dalla lista dei titoli preferiti di Kepler Chevreux.

MERCATI APPESI ALLA FED: OCCHIO ANCHE ALLA BOE

Le banche centrali saranno senz’altro protagoniste in questa settimana. Stasera, oltre a Lael Braynard, parleranno anche Dennis Lockhart della Fed di Atlanta e Neel Kashkari di Minneapolis. Importante anche, giovedì, la riunione dei vertici della Bank of England: secondo gli analisti Marc Carney rinvierà, come ha fatto Lario Draghi, l’adozione di nuove misure espansive.

In Europa riflettori accesi sull’inflazione, che si mantiene assai distante dall’obiettivo di una crescita dei prezzi vicina al 2 %, l’obiettivo del mandato Bce.

In Italia, si guarda anche al dato sul tasso di disoccupazione trimestrale che sarà pubblicato dall’Istat. Dopo la frenata degli indici Pmi si attendono con apprensione i numeri della produzione industriale di luglio.

L’impennata dei tassi l’interesse non è una buona notizia per il Tesoro in vista delle aste di fine mese. Si comincia oggi con l’asta dei Bot a 6 mesi. Domani toccherà ai titoli a medio-lungo termine.

Prevista in settimana la riunione del cda di Eni: l’avvio della commercializzazione del greggio di Kashagan è slittato a novembre.

WALL STREET JOURNAL RILANCIA L’ALLARME SU UNICREDIT

Aleggia su Piazza Affari l’ombra del referendum. Soprattutto sulle banche, in attesa di operazioni sul capitale. Sembra assai probabile il rinvio al 2017 del piano di risanamento di Monte Paschi (-2,2% venerdì, in linea con il mercato). Sarà una delle prime decisioni che dovrà assumere l’ad che prenderà il posto di Fabrizio Viola, ritenuto inidoneo a ripresentarsi sul mercato per un nuovo aumento di capitale. In pole position per la sua sostituzione resta Marco Morelli, attuale numero uno di Merrill Lynch in Italia, ex della banca senese e di Intesa San Paolo. L’investitura ufficiale dovrebbe arrivare giovedì.

Oggi si terranno i consigli di Banco Popolare (+2,5% venerdì) e di Banca Popolare Milano, che dovranno convocare le assemblee dei due istituti in vista delle nozze, le prime da quando esiste la Vigilanza unica europea e dalla legge di riforma delle banche popolari. Si conclude così il processo di avvicinamento tra le due banche iniziato a fine 2015 e che ha visto molti momenti di tensione e difficoltà, anche con Francoforte. Compreso un aumento di capitale da un miliardo, chiesto dalla Bce al Banco Popolare per smaltire più rapidamente il monte sofferenze. Ma di qui al sospirato sì ci saranno ancora resistenze e possibili colpi di scena: le associazioni dei soci dipendenti e pensionati di piazza Meda promettono battaglia.

Ancora sotto osservazione Unicredit. Stamane The Wall Street Journal scrive che “i problemi della banca possono non solo minacciare l’economia italiana, già malata, ma anche la fragile stabilità finanziaria dell’intera Europa”. In una cornice del genere si capisce perché l’ad Jean Pierre Mustier non nasconda la volontà di chiudere i dossier di vendita più importanti prima che entri nel vivo la campagna del referendum che allontanerà gli investitori internazionali dagli acquisti in Italia.

Si scalda perciò l’asta per Pioneer. Il colosso del risparmio gestito su cui vigila il Tesoro, preoccupato per l’eventuale passaggio in mani straniere del secondo possessore di Bot e Btp. Secondo indiscrezioni, sono cinque i possibili compratori ammessi all’asta: Allianz, Banca Generali, Amundi, Macquarie oltre alle Poste Italiane. Il collocamento del 30% della società guidata da Francesco Caio ancora detenuta dal Tesoro slitterà al 2017.

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