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Borsa, Goldman Sachs mette le ali a Fiat

La banca d’affari promuove il Lingotto nel paniere delle azioni da comprare, con un obiettivo di rialzo a 12 mesi fino a 8,4 euro – Il commento arriva dopo la presentazione del gruppo da parte di Sergio Marchionne al Bank am Bellevue seminar – La Borsa ha subito premiato il titolo, che oggi ha guadagnato a Piazza Affari il 7,04%

Fiat ci sembra una delle equity stories più interessanti dell’auto europea”. Così Goldman Sachs promuove il Lingotto nel paniere delle azioni da comprare, con un obiettivo di rialzo a 12 mesi fino a 8,4 euro. Il commento arriva a ridosso della presentazione del gruppo tenuta da Sergio Marchionne sabato al Bank am Bellevue seminar in Svizzera. La Borsa ha subito reagito con un forte rialzo: Fiat ha guadagnato il 7,04%, superando i quattro euro (4,164), mentre Fiat Industrial ha segnato un balzo in avanti del 3,93%

Ma nel meeting elvetico, ormai un appuntamento tradizionale, Marchionne si era limitato a ribadire quanto ripetuto in più occasioni nei giorni scorsi a Detroit: a) l’integrazione Fiat-Chrysler, oggi realizzata al 20%, procede a marce forzate, così che a fine 2012 l’unione sarà realizzata al 50%; b) sono confermate sia la guidance 2011 dell’Auto (58 miliardi di ricavi, 1,7 miliardi di utile netto, debiti tra 5 e 5,5 miliardi a fronte di liquidità, mantenuta a livelli anormalmente alti per ovviare al rischio del credit crunch di 18 miliardi) e i target finanziari.

La spinta al rialzo, con buona pace delle continue bordate mediatiche di cui il manager è oggetto nel Bel Paese, arriva da Goldman Sachs. Evento raro, di questi tempi, per un’azienda italiana cui si riconosce il merito di esser entrata a pieno titolo negli ingranaggi dell’economia globale. Ovvero: “In sostanza, Fiat ha subito una trasformazione da produttore di utilitarie in Europa ad industria del Nord America con una rilevante presenza manifatturiera in Europa”, mettendo così le basi per sfruttare il trend del mercato americano, assai più interessante dopo la trasformazione strutturale del settore del 2009.

“E’ nostra convinzione – continua il report – che la crescita di Fiat/Chrysler darà risultati migliori di quanto previsto dal mercato di qui al 2014”. In particolare:

a) L’ebitda del gruppo nel 2012 sarà di 4,2 miliardi, ovvero del 34 per cento superiore al consensus riportato da Reuters.

b) Alle quotazioni attuali Fiat tratta ad un rapporto Ev/fatturato del 26%, un rapporto Ev/ebit pari a 4,9 volte e ad un infimo rapporto prezzo/utili pari a 3,2 volte.

c) Ai prezzi attuali Fiat prevede un Roic (return on invested capital) del 4,4% contro una previsione di Goldman di 6,5%.

d) Sulla base di queste valutazioni Goldman prevede un target di 8,4 euro, che implica, tra l’altro, l’esborso di 3,3 miliardi di dollari per rilevare il 41,5 % di Chrysler in mano al fondo Veba del sindacato Usa.

Trova così conferma lo strano destino della Fiat targata Marchionne. Negli Stati Uniti la strategia del ceo di Fiat/Chrysler incontra consensi ad ogni livello, non sufficienti però a frenare la corrente di vendite sui listini che ha colpito l’azienda del Lingotto, che resta uno dei simboli del made in Italy. Dalle nostre parti, invece, la capacità dell’azienda di adeguarsi agli standard della concorrenza internazionale continua a sollevare fiere opposizioni ideologiche più che valutazioni economiche.

Il timore, già agitato in vista di una possibile alleanza con Peugeot, è che “l’Italia perda il controllo”. Ovvero che gli eredi dell’avvocato Agnelli possano pesare di meno di quelli di monsieur Peugeot. In realtà, entrambi i gruppi hanno da guadagnare da un “merger” che, al di là di problemi di bandiera, consenta ai due gruppi economie di scala per sostenere la concorrenza sul mercato europeo, che di sicuro è destinata a crescere con l’irruzione della Up! Volkswagen e della pressione dall’Asia. In gioco, insomma, non sono le stock options di Marchionne o la capacità del gruppo Fiat di prosperare nell’economia globale, obiettivi comunque raggiungibili (come dimostra il report GS) bensì la capacità dell’Italia e della Francia di essere competitivi nel manufacturing anche in assenza di aiuti pubblici, ormai inesistenti in Italia. Ma anche in prospettiva, nella Francia a rating AA.

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