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Bollette a 28 giorni: il Tar annulla le multe Antitrust

Accolto il ricorso delle compagnie telefoniche contro le sanzioni per intesa anti-concorrenziale – Ora manca il pronunciamento del Consiglio di Stato – Agli utenti spettano comunque i rimborsi, che però non arrivano

Bollette a 28 giorni: il Tar annulla le multe Antitrust

Il Tar del Lazio cancella le maxi-multe da 228 milioni complessivi che nel gennaio 2020 l’Antitrust irrogò a Fastweb, Tim, Vodafone e WindTre. Al centro della questione, un’intesa anticoncorrenziale sul cambiamento dei prezzi legato al ritorno alla fatturazione mensile anziché a 28 giorni. I giudici amministrativi hanno quindi accolto i ricorsi presentati dalle compagnie telefoniche, ma la vicenda non è terminata: l’ultimo passo sarà l’appello al Consiglio di Stato che certamente l’Antitrust vorrà richiedere.

La vicenda inizia nel 2015, quando Tim, Vodafone e WindTre decidono di modificare il periodo di rinnovo (e quindi di fatturazione) delle offerte ricaricabili per la telefonia mobile, riducendolo da un mese a quattro settimane, ossia 28 giorni. In questo modo, le compagnie riescono a ottenere un pagamento in più ogni anno. In seguito, il trucco viene adottato anche da Fastweb, dopo di che tutte le società lo estendono anche alla telefonia fissa.

A quel punto interviene l’Agcom, stabilendo che l’unità temporale per la cadenza di rinnovo e per la fatturazione dei contratti di rete fissa dovesse essere di un mese e che, per la telefonia mobile, non potesse essere inferiore ai 28 giorni. Secondo l’Autorità, la riduzione del periodo di fatturazione era una decisione non trasparente, in quanto volta ad aumentare le tariffe facendo in modo che i consumatori non se ne accorgessero.

Quando le compagnie non si adeguano al provvedimento dell’Agcom, l’Autorità emana le prime sanzioni e soprattutto l’Antitrust apre un procedimento istruttorio per verificare l’esistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza. Con un atto cautelare, a Tim, Vodafone, WindTre e Fastweb viene imposto di sospendere, nelle more del procedimento, l’attuazione dell’intesa. In seguito, arrivano le sanzioni Antitrust per “un’intesa anticoncorrenziale relativa al repricing effettuato nel ritorno alla fatturazione mensile”: quasi 15 milioni di euro a Fastweb, 114 milioni a Telecom, 60 milioni a Vodafone e 39 milioni a Wind. L’Autorità garante del mercato afferma in un comunicato che “i quattro operatori telefonici hanno coordinato le proprie strategie commerciali relative al passaggio dalla fatturazione quadrisettimanale (28 giorni) a quella mensile, con il mantenimento dell’aumento percentuale dell’8,6%”.

Le tre società presentano quindi ricorso al Tar, che lo accoglie. “La delibera impugnata – si legge in una delle sentenze – presenta un primo profilo di illogicità e di evidente difetto di istruttoria laddove desume e valorizza la asserita segretezza dall’intesa esclusivamente sulla base di un documento che è del tutto inutilizzabile, essendo esterno al perimetro temporale di svolgimento della presunta pratica concordata, così come definito dalla stessa Autorità: di talché la segretezza dell’intesa risulta del tutto indimostrata… Dunque emerge – a parere del Collegio – un ulteriore profilo di difetto di istruttoria, atteso che la presunta intesa sarebbe ricostruibile da un unico documento, appunto lo scambio di email interno a Fastweb del 14 novembre 2017”.

Immediata la reazione delle associazioni di consumatori: “Il Tar continua ad assecondare la politica dilatoria delle compagnie telefoniche – scrive l’Unione Nazionale Consumatori – che si arrampicano sui muri e sugli specchi a caccia di cavilli legali pur di poter fare i loro comodi in barba a quanto hanno deciso le Authority: Agcom e Antitrust. Una decisione che ci lascia sgomenti”.

Intanto, i clienti delle compagnie sono ancora in attesa dei rimborsi per i soldi indebitamente sottratti con le bollette a 28 giorni, su cui il Consiglio di Stato sì è già espresso respingendo i ricorsi delle compagnie telefoniche. Si parla di centinaia di milioni di euro da destinare a circa 10 milioni di utenze. E il Tar non ha modificato il punto. La questione resta dunque aperta e, ancora una volta, l’ultima decisione è affidata al Consiglio di Stato.

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