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Bestseller del passato: Annie Vivanti, lo spirito dell’Europa

Eccoci giunti alla 18° puntata della nostra serie sugli scrittori bestseller della letteratura italiana dall’unità d’Italia fino alla Repubblica. È la volta di una signora la cui importanza nella storia culturale italiana va oltre la mera letteratura per assumere un profilo cosmopolita che in genere poco si addice ai nostri scrittori e intellettuali.

Bestseller del passato: Annie Vivanti, lo spirito dell’Europa

Nata a Londra ad un esule mazziniano e dalla scrittrice tedesca Anna Lindau padroneggiava parimenti le principali lingue e culture europee delle cui civiltà aveva assorbito e interiorizzato i tratti salienti. Pur sentendosi affine al pragmatismo anglossasone elesse l’Italia come la sua patria e l’italiano la lingua nella quale esprimere il suo talento letterario. Ma non venne mai meno alla sua vocazione apolide e cosmopolita che rimane tutt’oggi il suo tratto distintivo

Nonostante questa connotazione di eccezionale rilievo, quello di Annie Vivanti è un altro nome che dirà poco o nulla ai nostri affezionati lettori, eppure 100 anni fa quello di Annie Vivanti era un nome che suscitava ammirazione e apprezzamento, e non solo per i suoi romanzi, peraltro molto amati, ma anche per quanto aveva realizzato nella vita, per le battaglie che aveva condotto e per gli ideali di cui era stata il vessillo. Una vita insomma di tutto rispetto la sua, piena, intensa, vissuta sempre in prima persona e talvolta sopra le righe. Una di quelle da non passare sotto silenzio.

L’endorsment del Vate

Carducci ritratto da Vittorio Matteo Corcos nel 1892. Il ritratto è conservato nella Casa Carducci, Biblioteca dell’Archiginnasio, Bologna. Carducci, in genere schivo e burbero con i giovani letterati, fu fulminato dalla personalità della Vivanti.

Aveva debuttato giovane, ad appena 24 anni, nel 1890, allorché aveva richiesto una prefazione al suo libro di poesie alla più prestigiosa, e nello stesso tempo crucciata, firma di cui disponesse il mondo critico-letterario: Giosuè Carducci. Lo sdegnoso poeta, dopo aver incontrato e conosciuto la fanciulla, non aveva saputo dirle di no. E non erano certo stati molti quelli che ce l’avevano fatta.

Merito solo delle poesie o anche del sentimento che aveva inaspettatamente risvegliato nell’animo del burbanzoso poeta maremmano? I documenti cui possiamo accedere indurrebbero per questa seconda ipotesi. Ma lasciamo perdere i pettegolezzi, e diciamo solo che quello che è inoppugnabile è che fra i due si instaura un sincero e intenso rapporto di amicizia, esteso in seguito anche al marito, che durerà tutta la vita, sia di lui che di lei.

Poco dopo l’incontro il Carducci le dedica anche una fresca e vivida poesia, che si intitola proprio Ad Annie e inizia con i celebri versi:

Batto alla chiusa imposta con un ramicello di fiori
glauchi ed azzurri come i tuoi occhi, o Annie.

Sono le parole che Annie Vivanti vorrà impresse nella lapide della sua tomba nel cimitero monumentale di Torino, a suggello di una presenza rimasta nel suo cuore tutta la vita, e ben 35 anni dopo la morte del Carducci.

Esce “Lirica” on Treves


Lirica
, la raccolta di poesie d’esordio della Vivanti, fu pubblicata dai Fratelli Treves, la Mondadori di allora. In questa prestigiosa collocazione di una autrice debuttante c’è senz’altro l’impronta di Carducci


La raccolta di poesie della Vivanti, Lirica, esce pertanto forte del prestigioso endorsement carducciano e per i tipi della principale casa editrice del periodo, la Treves.

Il libro suscita reazioni molto positive, consentendo all’autrice di entrare nel ristretto novero degli autori di successo, anche se, trattandosi di poesia, i lettori all’epoca non sono molti. Ma oggi lo sarebbero ancora di meno. È noto, infatti, come nel nostro paese i poeti siano sempre più numerosi dei lettori di poesia, allora come oggi.

Dalla poesia la Vivanti passa presto alla narrativa, settore nel quale avrebbe dato prova di doti ancora più eccelse, disseminate nei circa 20 fra romanzi, novelle e opere teatrali che dà alle stampe e che la fanno conoscere e apprezzare nei primi decenni del Novecento a un pubblico vastissimo, prima internazionale e poi anche nazionale. Le sue opere escono infatti prima in inglese, e dopo anche nella nostra lingua.

Ma vediamo chi era Annie Vivanti.

La vita

Una foto senza data di Annie Vivanti. Si noti il blu marino degli occhi che stregò Carducci al punto di dedicarle dei versi.

Annie Vivanti nasce a Londra nel 1866 da Anselmo Vivanti, un patriota mazziniano espatriato nella capitale britannica dopo i moti di Mantova del 1851, e Anna Lindau, una scrittrice tedesca membro di una importante casata di artisti e letterati. Trascorre la giovinezza al seguito dei genitori, spostandosi in vari paesi fra l’Europa e gli Stati Uniti. Da giovane studia anche recitazione e canto, passione quest’ultima che trasmetterà pari pari alla figlia.

L’anno dopo l’uscita del suo libro di poesie, nel 1891, pubblica un romanzo, Marion, artista di caffè concerto, che riesuma anche le sue esperienze giovanili nel mondo dello spettacolo. Il romanzo non passa inosservato, anzi!, e a distanza di tempo si rivelerà come una delle prove più significative della scrittrice, tanto da essere ristampato anche ai nostri giorni.

Nel 1892, a 26 anni, si sposa con un uomo d’affari e patriota irlandese, appassionato sostenitore e combattente della causa dell’indipendenza della sua isola dalla dominazione britannica. Con lui soggiorna per un ventennio fra Inghilterra e Stati Uniti. Scrive romanzi, racconti e opere teatrali in inglese, non tradotti nella nostra lingua.

Nel frattempo la coppia ha una figlia, Vivien, che sarebbe divenuta, anche lei giovanissima, prima una grande speranza e poi una certezza assoluta del violino a livello mondiale.

A lei, al suo mondo, ai difficili ed esclusivi rapporti madre figlia, la scrittrice si ispira per comporre il suo celeberrimo romanzo, I divoratori, pubblicato in Inghilterra nel 1910 con grande successo e l’anno dopo in Italia con altrettanto, se non maggiore, favore di pubblico, riscontrabile nelle oltre 150.000 copie vendute solo in Italia sino al 1945.

La fase del grande successo

Il romanzo sancisce il ritorno della scrittrice nel mondo letterario del nostro paese, dal quale si era allontanata da un ventennio. Ed è una ripresa in grande stile, che sarebbe stata contraddistinta dalla pubblicazione di romanzi e racconti che segnano il suo apice narrativo. Ricordiamo Circe nel 1912, Vae victis nel 1917, Zingaresca, nel 1918, Naja tripudians nel 1920 e Mea culpa nel 1927. Sono tutti grandi best seller, libri da oltre 100.000 copie a titolo solo nell’edizione italiana, all’epoca tirature molto alte, raggiunte da pochissimi altri autori. E tutti vengono tradotti nelle principali lingue del pianeta, riscuotendo ovunque un’accoglienza assai lusinghiera.

Cosa ancora più significativa è che la sua produzione narrativa ottiene significativi riconoscimenti anche da parte della critica, a partire da Benedetto Croce e da Giuseppe Antonio Borgese: come dire il meglio della critica del periodo.

Sono tutte donne le protagoniste delle opere della Vivanti

Una scrittura al femminile

I temi che ispirano maggiormente la scrittrice, spesso risalenti per un motivo o per l’altro a esperienze personali, sono quelli legati al mondo femminile e agli ambienti, alle situazioni e ai contesti in cui la donna si trova a vivere e a operare, o quanto meno a entrare in contatto.

Sono infatti le donne le protagoniste assolute dei suoi romanzi: donne messe alla prova nel difficile rapporto tra una generazione e l’altra, o impegnate nella delicata opera di educazione dei figli, oppure protagoniste di intense vicende passionali. La donna viene anche rappresentata come vittima di situazioni tragiche e drammatiche, tema centrale e di dolorosa attualità anche ai nostri giorni.

La sua opera copre insomma un ventaglio di situazioni e di contesti sia pur diversi, ma accomunati dal fatto di avere per protagonista una figura femminile, sia nella famiglia che nella società.

Le battaglie politiche e sociali…

Nonostante la cittadinanza britannica, la Vivanti fu molto vicina alla causa irlandese e al Sinn Fein, nei cui confronti simpatizzava anche il marito.

Nello stesso tempo la Vivanti non esita a battersi a viso aperto per tante battaglie politiche, come quella per la questione irlandese prima di tutte, sulla scia del fervore del marito per quella causa, ma anche per il futuro dell’Egitto, o per il riconoscimento delle richieste italiane nelle trattative di pace al termine della I guerra mondiale. È insomma una scrittrice impegnata nella politica e nel sociale, un’antesignana dello scrittore engagé che sarebbe esploso con tutta la sua forza mezzo secolo dopo.

…affrontate sempre a viso aperto

Dopo la prima guerra mondiale la Vivanti finisce per stabilirsi definitivamente in Italia, pur senza rinunciare a frequenti viaggi nel resto del mondo. Si dedica in piena libertà alla sua passione per la scrittura, mentre si avvicina al fascismo, come del resto farà la gran parte degli intellettuali nostrani. Sono noti i rapporti amichevoli col duce, alimentati anche dalla ricordata battaglia in sostegno delle richieste italiane alle trattative di pace dopo la Prima guerra mondiale, e contro il punto di vista anglo-americano. È una posizione molto apprezzata dal regime, data anche la nazionalità inglese della scrittrice, che la vede quindi in pieno contrasto con la madre patria.

Durante la Seconda guerra mondiale i meriti acquisiti non sono però sufficienti a evitarle noie, restrizioni e fastidi, dovuti alla sua cittadinanza britannica, potenzialmente ostile all’Italia, come il trasferimento forzato ad Arezzo da Torino, dove risiede. Sarà poi Mussolini in persona ad annullare la disposizione e consentirle il ritorno nella sua città.

Il doloroso tramonto

EL’ultimo anno della vita della Vivanti è vissuto nel tormento del suicidio della figlia, un’acclamata violonista a livello mondiale. La scrittrice, nata da una famiglia ebraica, chiuderà la sua vita con la conversione al cattolicesimo.

Gli ultimi tempi della sua vita, sino ad allora ricca, piena, vissuta sempre da protagonista, sono molto travagliati. Nell’autunno del 1941 la figlia Vivien, divenuta una grande violinista acclamata in tutto il mondo, si toglie inspiegabilmente la vita a Hove in Inghilterra. Da tale drammatico evento la madre non si riprenderà più, e dopo pochi mesi, nel febbraio del 1942, all’età di 76 anni, la segue nella tomba. Pochi giorni prima si era convertita al cattolicesimo.

La scrittrice continua comunque ad essere apprezzata e letta per molti anni dopo la morte, e alcuni suoi titoli vengono ristampati anche ai giorni nostri, cosa che non si può dire di molti altri narratori di quei decenni, a riprova di quanto le sue tematiche siano ancora oggi attuali.

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